Il Papa all'udienza generale: con Cristo le paure si dissolvono e si impara a rispettare
il Creato. Il saluto alle famiglie riunite a Città del Messico
Cristo è superiore a qualsiasi forma di potere che possa “umiliare l’uomo” e dunque
essere parte del suo Corpo, cioè la Chiesa, vuol dire essere protetti da ogni avversità.
La catechesi paolina del mercoledì, sviluppata da Benedetto XVI ormai da lunghi mesi,
ha aggiunto un nuovo capitolo all’udienza generale di questa mattina. Il Papa l’ha
presieduta in Aula Paolo VI, dedicandola alle Lettere scritte da San Paolo ai Colossesi
e agli Efesini e terminandola con un saluto ai partecipanti al sesto Incontro mondiale
delle famiglie, che oggi si inaugura a Città del Messico. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
“Lettere
gemelle” le ha ribattezzate l’esegesi. Al punto che più di un terzo delle parole scritte
da Paolo alla comunità dei Colossesi si ritrova in modo pressoché identico in quella
inviata ai cristiani di Efeso. Ma soprattutto lettere che danno sostanza ad alcuni
concetti basilari del bimillenario magistero della Chiesa: Cristo “capo” della Chiesa
- nel senso di guida ma anche di forza vivificatrice - ma anche Cristo Signore del
cosmo, e la Chiesa sposa di Cristo. Benedetto XVI ha sviluppato questi caposaldi dell’insegnamento
paolino affermando che entrambe le Lettere... “...ci consegnano
un messaggio altamente positivo e fecondo. Questo: Cristo non ha da temere nessun
eventuale concorrente, perché è superiore a ogni qualsivoglia forma di potere che
presumesse di umiliare l'uomo. Solo Lui 'ci ha amati e ha dato se stesso per noi'.
Perciò, se siamo uniti a Cristo, non dobbiamo temere nessun nemico e nessuna avversità;
ma ciò significa dunque che dobbiamo tenerci ben saldi a Lui, senza allentare la presa
(…) Mi sembra che questo sia importante anche per noi, che dobbiamo imparare a far
fronte a tutte le paure, perché Lui è sopra ogni dominazione, è il vero Signore del
mondo”. In quanto “orma di Dio”, Cristo è il Signore anche
del cosmo, ha detto il Papa, ricordando l’iconografia bizantina che spesso lo ritrae
- nelle absidi delle Chiese - in veste di Pantokràtor, “seduto in alto sul mondo intero”.
Una visione, ha osservato il Pontefice, “che è concepibile solo da parte della Chiesa,
per due motivi: “Sia in quanto la Chiesa riconosce che in
qualche modo Cristo è più grande di lei, dato che la sua signoria si estende anche
al di là dei suoi confini, e sia in quanto solo la Chiesa è qualificata come Corpo
di Cristo, non il cosmo. Tutto questo significa che noi dobbiamo considerare positivamente
le realtà terrene, poiché Cristo le ricapitola in sé, e in pari tempo dobbiamo vivere
in pienezza la nostra specifica identità ecclesiale, che è la più omogenea all'identità
di Cristo stesso”. La signoria di Cristo sulla Chiesa - sua “reale
sposa” - e sul cosmo, ha proseguito Benedetto XVI, è in ultima analisi il segno “dell’imperscrutabile
disegno divino sulle sorti dell’uomo, dei popoli e del mondo”. In una semplice parola
- che San Paolo usa a più riprese - un “mistero”, sul quale il Papa ha invitato i
credenti ad aprire gli occhi del cuore più che della mente: “Con
questo linguaggio le due Epistole ci dicono che è in Cristo che si trova il compimento
di questo mistero. Se siamo con Cristo, anche se non possiamo intellettualmente capire
tutto, sappiamo di essere nel nucleo del 'mistero' e sulla strada della verità (...)
e, riconoscendo che molte cose stanno al di là delle nostre capacità razionali, ci
si deve affidare alla contemplazione umile e gioiosa non solo della mente ma anche
del cuore. I Padri della Chiesa, del resto, ci dicono che l’amore comprende di più
che la sola ragione”. Dunque, ha concluso il Pontefice, in mondo come
il nostro spesso, neopagano e “pieno di paure”, il dominio di Cristo ci insegna che
non abbiamo nulla da temere e ci insegna anche il corretto rapporto con il Creato: “Se
cominciamo a capire che il cosmo è l'impronta di Cristo, impariamo il nostro retto
rapporto con il cosmo, con tutti i problemi della conservazione del cosmo. Impariamo
a vederlo con la ragione, ma con una ragione mossa dall’amore, e con l’umiltà e il
rispetto che consentono di agire in modo retto”. Al termine
dell’udienza generale e alle catechesi in sintesi, oggi lette in sette lingue, Benedetto
XVI ha inviato un saluto speciale ai partecipanti al sesto Incontro mondiale delle
famiglie, che oggi si apre a Città del Messico: “Possa questo
importante evento ecclesiale manifestare ancora una volta la bellezza e il valore
della famiglia, suscitando in tutti nuove energie in favore di questa insostituibile
cellula fondamentale della società e della Chiesa”. E in
ideale sintonia con quanto affermato sulle famiglie che vivono il Vangelo, un momento
di commozione si è avuto quando il Papa si è avvicinato per un saluto al piccolo Pietro
Schilirò, il bambino monzese guarito miracolosamente per intercessione dei Beati Luigi
e Zelia Martin, papà e mamma di Santa Teresa di Lisieux, elevati all'onore degli altari
il 19 ottobre scorso e le cui reliquie sono in questi giorni esposte nella Basilica
di San Pietro.