2009-01-14 12:02:48

Il cardinale Bertone: riscoprire il senso del peccato per non cadere nell'oppressione dei sensi di colpa


Con la prolusione del penitenziere maggiore, il cardinale James Stafford, si è aperto ieri pomeriggio a Roma il Simposio sul tema “La Penitenzieria Apostolica e il Sacramento della Penitenza. Percorsi storici-giuridici-teologici e prospettive pastorali”. Stamani è stato letto l’intervento del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, che non ha potuto presenziare all'incontro perché si trova a Città del Messico quale Legato pontificio all’Incontro mondiale delle famiglie. La relazione del porporato ha trattato il tema “Benedetto XIV e la riforma della Sacra Penitenzieria Apostolica”. Il cardinale Bertone, citando Benedetto XVI, ha sottolineato che “oggi pare che si sia perso il “senso del peccato”, ma in compenso sono aumentati i “complessi di colpa” aggiungendo che solo l’amore di Dio può liberare “il cuore degli uomini da questo giogo di morte”, ed il sacerdote, nel sacramento della confessione, è strumento di questo amore misericordioso di Dio invocandolo nella formula dell’assoluzione dei peccati. Pubblichiamo uno stralcio dell’intervento del cardinale Bertone:
 
E’ stato detto che l’uomo contemporaneo, attratto sempre più nel mondo virtuale non riesce a distinguere il vero dal falso, il bene dal male e questo lo conduce a un relativismo culturale ed etico banalizzate gli atteggiamenti della vita. Come veicolare allora oggi i concetti di peccato e di perdono? Come far percepire il senso della pena e della colpa, il valore della penitenza e dell’indulgenza? Lo sforzo dell’evangelizzazione è certamente quello di far incontrare gli uomini e le donne di questa nostra epoca con Cristo e sperimentare personalmente la potenza redentrice della sua Parola che è Via, Verità e Vita. Ma come questo può avvenire per quanto concerne il Sacramento della Penitenza? In verità non mancano studi in proposito e una vasta ricerca pastorale interessa la Chiesa nell’impegno di far percepire la gioia del perdono che si comunica nel Sacramento della Riconciliazione, detto pure Sacramento della gioia. Gesù che incontra e sta a tavola con i peccatori (Lc 7, 47), è lo stesso oggi che ci invita ad accoglierlo. Formare le coscienze al senso del peccato significa aiutarle a non cadere nell’oppressione dei sensi di colpa che appesantiscono tante umane esistenze, ma a sapere che l’amore infinito del Padre celeste può restituire pace anche ai cuori più lacerati. Questo evidenzia quanto urgente sia approfondire il valore e l’importanza del Sacramento della Penitenza ed in proposito significativo è il contributo che la Penitenzieria Apostolica può offrire nell’ambito delle competenze sue proprie.
 
Accogliere il perdono di Dio consente all’uomo di rinvenire la riuscita integrale della propria esistenza, e la nuova comunione con Dio è il rinnovamento dell’umanità, liberata dai vincoli del male. Lo sguardo si fissa sulla croce di Cristo. Nel mistero dell’annientamento mortale dell’accadimento della croce, Dio dischiude il futuro che nessun presente risulta in grado di suscitare da se stesso. In Cristo crocifisso e risorto Dio riconcilia l’uomo peccatore e gli procura esistenza e futuro. Il frutto della riconciliazione divina esige però da parte dell’uomo la libera e responsabile accoglienza. Il perdono di Dio antecede e consente l’accettazione alla quale ciascun uomo viene personalmente chiamato. L’antecedenza costituisce la condizione necessaria per la conversione e trasformazione dell’esistenza. Così si legge nell’oracolo del profeta, «non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato» (Ger 31, 34). Il cristiano è trasformato dal fatto stesso di riconoscere che è già stato perdonato, e rendersi consapevole dell’anteriorità del perdono sull’azione dell’uomo gli apre il cuore alla vera conoscenza di sé e del mondo. Questo perché il passaggio dall’oscurità dell’ignoranza alla luce della conoscenza è la finalità primaria dell’azione divina. E colui che è già stato perdonato deve considerare se stesso come ancora sempre da salvare, nel senso che dev’essere ancora sempre da guarire. Se il peccato è perdonato e allontanato o anche “morto”, occorre tuttavia che questa morte sia compresa e la comprensione ha la forma di una lotta contro il male.
 
Chi è stato perdonato in fondo riconosce se stesso come colui che di nuovo potrebbe smarrirsi nella contraddizione del male; quel che è accaduto anche soltanto per una volta, potrebbe nuovamente riaccadere. L’accoglimento del dono della salvezza e della sua radicale gratuità non distrugge il ricordo e quindi lo sviluppo della storia con il suo passato. Piuttosto lo guarisce liberando la memoria dal peso del debito costituito dalla colpa. Il credente è messo allora nella condizione di libertà nel senso che può aprirsi a progetti generati dall’attesa. È a questo livello che interviene ciò che l’indulgenza rappresenta per il cammino autenticamente cristiano, diretto alla vittoria sul male attraverso la riconferma della fede come pure attraverso l’edificazione della coscienza morale del cristiano. In ciò si riconosce la lotta, secondo una universalità nell’estensione e secondo una radicalità nel fine, da parte del cristiano nei riguardi del male e della sua forza.
 
Poiché è assai probabile che il nostro pellegrinaggio terreno, prima di approdare al Cielo, passerà per il Purgatorio, per un accrescimento di desiderio e di amore divino (come attesta Santa Caterina da Genova), comprendere meglio l’importanza della penitenza e dell’indulgenza è un contributo senz’altro utile da offrire ai fedeli anche di questo nostro tempo.  
  







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