Il cardinale Bertone: riscoprire il senso del peccato per non cadere nell'oppressione
dei sensi di colpa
Con la prolusione del penitenziere maggiore, il cardinale James Stafford, si è aperto
ieri pomeriggio a Roma il Simposio sul tema “La Penitenzieria Apostolica e il Sacramento
della Penitenza. Percorsi storici-giuridici-teologici e prospettive pastorali”. Stamani
è stato letto l’intervento del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, che
non ha potuto presenziare all'incontro perché si trova a Città del Messico quale Legato
pontificio all’Incontro mondiale delle famiglie. La relazione del porporato ha trattato
il tema “Benedetto XIV e la riforma della Sacra Penitenzieria Apostolica”. Il cardinale
Bertone, citando Benedetto XVI, ha sottolineato che “oggi pare che si sia perso il
“senso del peccato”, ma in compenso sono aumentati i “complessi di colpa” aggiungendo
che solo l’amore di Dio può liberare “il cuore degli uomini da questo giogo di morte”,
ed il sacerdote, nel sacramento della confessione, è strumento di questo amore misericordioso
di Dio invocandolo nella formula dell’assoluzione dei peccati. Pubblichiamo uno stralcio
dell’intervento del cardinale Bertone:
E’ stato detto che l’uomo contemporaneo,
attratto sempre più nel mondo virtuale non riesce a distinguere il vero dal falso,
il bene dal male e questo lo conduce a un relativismo culturale ed etico banalizzate
gli atteggiamenti della vita. Come veicolare allora oggi i concetti di peccato e di
perdono? Come far percepire il senso della pena e della colpa, il valore della penitenza
e dell’indulgenza? Lo sforzo dell’evangelizzazione è certamente quello di far incontrare
gli uomini e le donne di questa nostra epoca con Cristo e sperimentare personalmente
la potenza redentrice della sua Parola che è Via, Verità e Vita. Ma come questo può
avvenire per quanto concerne il Sacramento della Penitenza? In verità non mancano
studi in proposito e una vasta ricerca pastorale interessa la Chiesa nell’impegno
di far percepire la gioia del perdono che si comunica nel Sacramento della Riconciliazione,
detto pure Sacramento della gioia. Gesù che incontra e sta a tavola con i peccatori
(Lc 7, 47), è lo stesso oggi che ci invita ad accoglierlo. Formare le coscienze al
senso del peccato significa aiutarle a non cadere nell’oppressione dei sensi di colpa
che appesantiscono tante umane esistenze, ma a sapere che l’amore infinito del Padre
celeste può restituire pace anche ai cuori più lacerati. Questo evidenzia quanto urgente
sia approfondire il valore e l’importanza del Sacramento della Penitenza ed in proposito
significativo è il contributo che la Penitenzieria Apostolica può offrire nell’ambito
delle competenze sue proprie. Accogliere il perdono di Dio
consente all’uomo di rinvenire la riuscita integrale della propria esistenza, e la
nuova comunione con Dio è il rinnovamento dell’umanità, liberata dai vincoli del male.
Lo sguardo si fissa sulla croce di Cristo. Nel mistero dell’annientamento mortale
dell’accadimento della croce, Dio dischiude il futuro che nessun presente risulta
in grado di suscitare da se stesso. In Cristo crocifisso e risorto Dio riconcilia
l’uomo peccatore e gli procura esistenza e futuro. Il frutto della riconciliazione
divina esige però da parte dell’uomo la libera e responsabile accoglienza. Il perdono
di Dio antecede e consente l’accettazione alla quale ciascun uomo viene personalmente
chiamato. L’antecedenza costituisce la condizione necessaria per la conversione e
trasformazione dell’esistenza. Così si legge nell’oracolo del profeta, «non dovranno
più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi
conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò
la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato» (Ger 31, 34). Il cristiano
è trasformato dal fatto stesso di riconoscere che è già stato perdonato, e rendersi
consapevole dell’anteriorità del perdono sull’azione dell’uomo gli apre il cuore
alla vera conoscenza di sé e del mondo. Questo perché il passaggio dall’oscurità dell’ignoranza
alla luce della conoscenza è la finalità primaria dell’azione divina. E colui che
è già stato perdonato deve considerare se stesso come ancora sempre da salvare, nel
senso che dev’essere ancora sempre da guarire. Se il peccato è perdonato e allontanato
o anche “morto”, occorre tuttavia che questa morte sia compresa e la comprensione
ha la forma di una lotta contro il male. Chi è stato perdonato
in fondo riconosce se stesso come colui che di nuovo potrebbe smarrirsi nella contraddizione
del male; quel che è accaduto anche soltanto per una volta, potrebbe nuovamente riaccadere.
L’accoglimento del dono della salvezza e della sua radicale gratuità non distrugge
il ricordo e quindi lo sviluppo della storia con il suo passato. Piuttosto lo guarisce
liberando la memoria dal peso del debito costituito dalla colpa. Il credente è messo
allora nella condizione di libertà nel senso che può aprirsi a progetti generati dall’attesa.
È a questo livello che interviene ciò che l’indulgenza rappresenta per il cammino
autenticamente cristiano, diretto alla vittoria sul male attraverso la riconferma
della fede come pure attraverso l’edificazione della coscienza morale del cristiano.
In ciò si riconosce la lotta, secondo una universalità nell’estensione e secondo una
radicalità nel fine, da parte del cristiano nei riguardi del male e della sua forza. Poiché
è assai probabile che il nostro pellegrinaggio terreno, prima di approdare al Cielo,
passerà per il Purgatorio, per un accrescimento di desiderio e di amore divino (come
attesta Santa Caterina da Genova), comprendere meglio l’importanza della penitenza
e dell’indulgenza è un contributo senz’altro utile da offrire ai fedeli anche di questo
nostro tempo.