Critiche dell’episcopato belga alla legge sull’uso degli embrioni nella ricerca scientifica
Una normativa agghiacciante. E’ quanto hanno scritto i vescovi del Belgio, in una
nota riportata dall’Osservatore Romano, dopo la firma del re Alberto II alla legge
che parla di embrioni e feti come di “materiale corporeo umano” utilizzabile per applicazioni
mediche o ricerca scientifica. Con questa legge, sottolineano i presuli, il legislatore
ha fissato la frontiera tra embrione e feto a otto settimane dal concepimento mentre
il limite precedente era di 14 giorni. L’episcopato belga accusa in particolare l'articolo
2 comma 1 che ammette l'ottenimento e l'utilizzazione a fini medici e scientifici
di “tutto il materiale biologico umano, compresi tessuti, cellule, gameti, embrioni,
feti, così come le sostanze che ne vengono estratte, qualunque sia il grado di trasformazione”.
Per i vescovi, quanto deciso costituisce “una regressione nel progetto di civiltà
umanistica” e “il progresso delle tecnologie – sottolineano nella nota – ha il dovere
di inchinarsi davanti alla dignità dell’uomo”. Nel comunicato, infine, traspare l'amarezza
per il comportamento del re Alberto II che non ha rifiutato la sua firma alla nuova
legge, approvata dal Parlamento nello scorso dicembre, e si ricorda l'atteggiamento
di suo fratello, re Baldovino, che preferì abdicare per due giorni nel 1989 piuttosto
che firmare la legge sull'aborto.(B.C.)