2009-01-13 14:49:29

Sulla situazione in MO la nostra intervista con mons. Béchara Raï


Dalle Forze armate giordane arriva informale smentita sui presunti colpi d'arma da fuoco sparati questa mattina dalla parte giordana del confine con Israele contro una pattuglia israeliana, come asserito da organi di stampa. Risulta invece confermato che, nel corso della nottata, l'esercito israeliano ha rafforzato la presenza nei rioni periferici di Gaza City. Trentamila palestinesi sfollati hanno trovato riparo nelle scuole dell'Unrwa, l'ente delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi. Il presidente del Comitato internazionale della Croce rossa (CICR), Kellenberger, è giunto a Gaza per una missione di tre giorni. In mattinata, di nuovo la tregua di tre ore per gli aiuti umanitari. Sulla situazione in Medio Oriente Massimiliano Menichetti ha intervistato mons. Béchara Raï, vescovo di Byblos dei Maroniti.RealAudioMP3





R. – Condanniamo tutto quello che avviene e ci dispiace e rincresce molto che le nazioni e i popoli ricorrano ancora alle armi, ricorrano al terrorismo e alla violenza. Speriamo che questa tragedia termini con la buona volontà e con il dialogo delle nazioni. E’ vero che dietro a questo conflitto quelli che pagano sono in genere gli innocenti. Noi, comunque, auspichiamo che tutte le intenzioni di preghiera dei cristiani, specialmente gli appelli del Santo Padre, trovino delle orecchie che ascoltino e rispondano agli appelli di tutta l’umanità, per mettere fine a questa tragedia che non fa onore a nessuno.

 

D. – Ma come si esce da questa spirale di violenza?

 

R. – Bisogna trovare le soluzioni di diritto, sia dei palestinesi, sia degli israeliani. Una pace che possa durare, non può essere una pace a detrimento degli altri: la pace non può essere da una parte sola, non è mai a senso unico.

 

D. – E’ dal 1948, da quando venne creato lo Stato d’Israele, che si è aperta la questione israelo-palestinese. Le ultime speranze per la riapertura del dialogo di pace portano il nome di Annapolis, ma ancora si combatte e continuano gli attentati...

 

R. – Io temo che questo dialogo sia ancora lontano e si allontani. Adesso le buone volontà sono chiamate a mettere fine, guardando all’interesse sia di Israele, sia dello Stato palestinese, se veramente la comunità internazionale vorrà trovare una pace giusta e durevole. Ma non potrà mai essere giusta e durevole se non si tiene conto dei diritti dei popoli.

 

D. – Le diplomazie internazionali sono a lavoro: da più parti si invoca un cessate il fuoco permanente...

 

R. – Il cessate il fuoco mette fine sì allo spargimento di sangue, questo è vero, ma non risolve niente. Bisogna andare in fondo, bisogna che gli ebrei accettino i musulmani e i musulmani accettino gli ebrei.

 

D. – L’offensiva israeliana entra nella terza fase: continuano i lanci di razzi palestinesi e alcuni missili sono stati tirati anche dal territorio libanese verso Israele. Hezbollah ha negato ogni coinvolgimento, ma c’è il rischio che questo gruppo diventi parte attiva in questo conflitto?

 

R. – Anche Hezbollah è un partito libanese e vorrebbe che il Libano fosse salvo e così la popolazione. Non penso che farà questo sbaglio. Penso che Hezbollah sostenga a livello di principio, a livello di solidarietà, il conflitto palestinese, ma non andrà oltre.

 

D. – Come vive il Libano il conflitto tra israeliani e palestinesi?

 

R. – Bisogna che lei sappia che il Libano è il luogo dove si ripercuotono tutti i conflitti della regione, essendo l’unico Paese democratico, con libertà di espressione e di convivenza. Quindi, si richiede ai libanesi di essere ancora più coscienti, di risolvere i loro problemi interni e di non dare accesso a crisi che provengono dal di fuori. All’inizio avevamo molta paura di ripercussioni, ma adesso no, la paura viene meno, perché siamo sicuri che il danno sarà molto grande se Hezbollah fa qualcosa. Ma non lo farà, penso.

 

D. – Qual è il ruolo dei cristiani, considerando anche lo scenario internazionale?

 

R. – Il Medio Oriente vive oggi un grande conflitto tra sciiti e sunniti, cominciato in Iraq, che si ripercuote in Libano. I cristiani dovrebbero trovare il loro ruolo e ricomporre una società pluralistica in un’unità nazionali. I cristiani adesso sono chiamati a giocare questo ruolo. Non abbiamo un problema interno tra musulmani e cristiani: non esiste. I cristiani sono diventati un po’ più deboli a causa di questo conflitto che si allarga, ma noi diciamo sempre che i cristiani non devono mai essere dalla parte di uno contro l’altro, ma piuttosto fare il gioco con tutti e due, per ricomporre l’unità nazionale che torna a vantaggio di tutti quanti. Speriamo che i cristiani lo possano fare con molta libertà. Questo appello è sempre continuo da parte della Chiesa.








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