Il discorso del Papa al Corpo Diplomatico: la riflessione di mons. Parolin
Vasta eco ha avuto il discorso rivolto giovedì scorso da Benedetto XVI al Corpo Diplomatico
accreditato presso la Santa Sede per gli auguri d’inizio anno. Il Papa ha lanciato
un nuovo accorato appello per la pace sottolineando la necessità di "ridare speranza
ai poveri”. Federico Piana ha raccolto la riflessione di mons. Pietro Parolin,
sottosegretario per i Rapporti con gli Stati:
R. – Il Papa
ha rinnovato questo appello perché pace e sviluppo sono valori essenziali per l’uomo
e la donna di ogni tempo e di ogni latitudine. Sono sempre traguardi da raggiungere,
giorno dopo giorno. In un certo senso, rimangono cantieri sempre aperti dai quali
dipende il futuro stesso della convivenza umana. Nonostante tanti sforzi, la pace,
così desiderata, è ancora lontana. E se non c’è la pace, anche la sicurezza è in pericolo.
La sicurezza non è garantita soltanto dal silenzio delle armi, ma anche dal rispetto
della dignità umana, dal rispetto dei diritti dell’uomo, dal rispetto delle libertà
fondamentali. Come diceva Paolo VI già nell’enciclica “Populorum Progressio” - che
Benedetto XVI ha citato anche nel suo discorso - oggi lo sviluppo è più che mai il
nuovo nome della pace. D. – Per costruire la pace - ha ricordato
Benedetto XVI - occorre ridare speranza ai poveri. Il Papa ha anche invocato l’adozione
di una strategia efficace per combattere la fame e facilitare lo sviluppo agricolo
locale. Lei crede che i governi del mondo oggi siano in grado e abbiano veramente
il desiderio di raggiungere questi obiettivi così importanti? R.
– Sì, credo che i governi siano in grado di adottare queste strategie efficaci per
combattere la fame, facilitare lo sviluppo agricolo, anche se sono consapevoli che
i risultati non dipendono soltanto dallo sforzo e dall’impegno dei governi. Soprattutto
confido che le parole con cui il Papa ha realisticamente e coraggiosamente descritto
i problemi economici, incoraggino tutti gli uomini ai quali sta a cuore la pace ad
impegnarsi con uno slancio rinnovato a servizio dei loro fratelli più poveri e in
difficoltà. D. – Dal discorso del Papa traspare anche una profonda
preoccupazione per la povertà morale che in varie parti del mondo ha provocato pesanti
discriminazioni e dolorose persecuzioni nei confronti di migliaia di cristiani. Quale
potrebbe essere, secondo lei, la strada per riuscire a debellare questa povertà, soprattutto
in chi ha cariche di responsabilità e di governo? R. – Per debellare
le persecuzioni contro i cristiani, le autorità politiche e civili - afferma il Papa
- dovrebbero anzitutto adoperarsi per mettere fine ad ogni violenza. Dovrebbero riparare
i danni provocati, in particolare ai luoghi di culto ma anche alle proprietà dei cristiani.
E più in generale occorre educare al giusto rispetto di tutte le religioni, mettendo
al bando ogni forma di odio e di disprezzo. Nel mondo occidentale le autorità dovrebbero
promuovere un concetto positivo di laicità che ascolti le ragioni della religione,
convinti che la religione ha un contributo positivo ed indispensabile da offrire alla
libertà e alla democrazia. D. – In questo discorso al Corpo
Diplomatico, Benedetto XVI ha anche rivolto la sua particolare attenzione sul Continente
asiatico e sull’America Latina, entrambi attraversati da molte preoccupazioni ma anche
– ha detto il Papa – da reali progressi che permettono di guardare al futuro con maggiore
fiducia. E' necessario che la Chiesa focalizzi nei prossimi anni i suoi sforzi per
le genti di queste regioni? R. – Sì, certamente. La Chiesa deve
continuare a dedicare risorse ed energie per queste popolazioni che vivono nel Continente
asiatico e in America Latina. Questo è avvenuto e questo continuerà perché la Chiesa
è universale nella sua essenza e quindi nessuno le è estraneo. Continuerà a camminare
con i popoli dell’Asia, ad accompagnarli. Continuerà a camminare e ad accompagnare
i popoli dell’America Latina condividendo speranze e preoccupazioni, illuminando le
coscienze e formando i fedeli laici a mettersi al servizio del bene comune. D.
– In questo discorso il Papa ha fatto riferimento anche al suo prossimo viaggio in
Africa, che compirà tra qualche mese. Che tipo di viaggio si prospetta? R.
– Personalmente ho sentito come molto toccanti, commoventi le parole che il Papa ha
usato quando si è riferito alla sua prossima visita pastorale in Africa. Ha sottolineato
di aver tanto desiderato questo incontro con molti fratelli e sorelle nella fede e
in umanità. E quindi immagino si prospetti un viaggio in cui il Successore di Pietro,
fedele all’incarico che ha ricevuto da Cristo stesso, confermerà i suoi fratelli nella
fede. Li incoraggerà quindi ad accogliere il Vangelo, a tradurlo nella vita, a viverlo
con coerenza. Si prospetta un viaggio in cui il Papa ricorderà che la fede in Dio
Creatore non può che tradursi nel rispetto per tutte le sue creature. Questo per l'Africa
significa lottare contro la povertà morale e materiale, significa proteggere i rifugiati
e gli sfollati, significa prendere tutte le misure necessarie per risolvere i conflitti
in corso e per porre fine alle ingiustizie che li hanno provocati.