2009-01-12 08:37:28

Il discorso del Papa al Corpo Diplomatico: la riflessione di mons. Parolin


Vasta eco ha avuto il discorso rivolto giovedì scorso da Benedetto XVI al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per gli auguri d’inizio anno. Il Papa ha lanciato un nuovo accorato appello per la pace sottolineando la necessità di "ridare speranza ai poveri”. Federico Piana ha raccolto la riflessione di mons. Pietro Parolin, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati:RealAudioMP3

R. – Il Papa ha rinnovato questo appello perché pace e sviluppo sono valori essenziali per l’uomo e la donna di ogni tempo e di ogni latitudine. Sono sempre traguardi da raggiungere, giorno dopo giorno. In un certo senso, rimangono cantieri sempre aperti dai quali dipende il futuro stesso della convivenza umana. Nonostante tanti sforzi, la pace, così desiderata, è ancora lontana. E se non c’è la pace, anche la sicurezza è in pericolo. La sicurezza non è garantita soltanto dal silenzio delle armi, ma anche dal rispetto della dignità umana, dal rispetto dei diritti dell’uomo, dal rispetto delle libertà fondamentali. Come diceva Paolo VI già nell’enciclica “Populorum Progressio” - che Benedetto XVI ha citato anche nel suo discorso - oggi lo sviluppo è più che mai il nuovo nome della pace.
 
D. – Per costruire la pace - ha ricordato Benedetto XVI - occorre ridare speranza ai poveri. Il Papa ha anche invocato l’adozione di una strategia efficace per combattere la fame e facilitare lo sviluppo agricolo locale. Lei crede che i governi del mondo oggi siano in grado e abbiano veramente il desiderio di raggiungere questi obiettivi così importanti?
 
R. – Sì, credo che i governi siano in grado di adottare queste strategie efficaci per combattere la fame, facilitare lo sviluppo agricolo, anche se sono consapevoli che i risultati non dipendono soltanto dallo sforzo e dall’impegno dei governi. Soprattutto confido che le parole con cui il Papa ha realisticamente e coraggiosamente descritto i problemi economici, incoraggino tutti gli uomini ai quali sta a cuore la pace ad impegnarsi con uno slancio rinnovato a servizio dei loro fratelli più poveri e in difficoltà.
 
D. – Dal discorso del Papa traspare anche una profonda preoccupazione per la povertà morale che in varie parti del mondo ha provocato pesanti discriminazioni e dolorose persecuzioni nei confronti di migliaia di cristiani. Quale potrebbe essere, secondo lei, la strada per riuscire a debellare questa povertà, soprattutto in chi ha cariche di responsabilità e di governo?
 
R. – Per debellare le persecuzioni contro i cristiani, le autorità politiche e civili - afferma il Papa - dovrebbero anzitutto adoperarsi per mettere fine ad ogni violenza. Dovrebbero riparare i danni provocati, in particolare ai luoghi di culto ma anche alle proprietà dei cristiani. E più in generale occorre educare al giusto rispetto di tutte le religioni, mettendo al bando ogni forma di odio e di disprezzo. Nel mondo occidentale le autorità dovrebbero promuovere un concetto positivo di laicità che ascolti le ragioni della religione, convinti che la religione ha un contributo positivo ed indispensabile da offrire alla libertà e alla democrazia.
 
D. – In questo discorso al Corpo Diplomatico, Benedetto XVI ha anche rivolto la sua particolare attenzione sul Continente asiatico e sull’America Latina, entrambi attraversati da molte preoccupazioni ma anche – ha detto il Papa – da reali progressi che permettono di guardare al futuro con maggiore fiducia. E' necessario che la Chiesa focalizzi nei prossimi anni i suoi sforzi per le genti di queste regioni?
 
R. – Sì, certamente. La Chiesa deve continuare a dedicare risorse ed energie per queste popolazioni che vivono nel Continente asiatico e in America Latina. Questo è avvenuto e questo continuerà perché la Chiesa è universale nella sua essenza e quindi nessuno le è estraneo. Continuerà a camminare con i popoli dell’Asia, ad accompagnarli. Continuerà a camminare e ad accompagnare i popoli dell’America Latina condividendo speranze e preoccupazioni, illuminando le coscienze e formando i fedeli laici a mettersi al servizio del bene comune.
 
D. – In questo discorso il Papa ha fatto riferimento anche al suo prossimo viaggio in Africa, che compirà tra qualche mese. Che tipo di viaggio si prospetta?
 
R. – Personalmente ho sentito come molto toccanti, commoventi le parole che il Papa ha usato quando si è riferito alla sua prossima visita pastorale in Africa. Ha sottolineato di aver tanto desiderato questo incontro con molti fratelli e sorelle nella fede e in umanità. E quindi immagino si prospetti un viaggio in cui il Successore di Pietro, fedele all’incarico che ha ricevuto da Cristo stesso, confermerà i suoi fratelli nella fede. Li incoraggerà quindi ad accogliere il Vangelo, a tradurlo nella vita, a viverlo con coerenza. Si prospetta un viaggio in cui il Papa ricorderà che la fede in Dio Creatore non può che tradursi nel rispetto per tutte le sue creature. Questo per l'Africa significa lottare contro la povertà morale e materiale, significa proteggere i rifugiati e gli sfollati, significa prendere tutte le misure necessarie per risolvere i conflitti in corso e per porre fine alle ingiustizie che li hanno provocati.







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