2009-01-12 15:15:25

Il Consiglio ONU per i diritti umani condanna l'offensiva israeliana a Gaza


Non si ferma l'offensiva israeliana a Gaza: in 17 giorni i palestinesi uccisi sono saliti ad oltre 900, di cui 277 bambini, 95 donne e 92 anziani. I feriti sono 3.950. Lo annuncia il capo dei servizi di emergenza della Striscia. Raid israeliani nella notte hanno colpito dodici obiettivi. Da Gaza il lancio dei razzi è ricominciato in mattinata: hanno colpito aree non raggiunte finora ma al momento senza fare vittime o danni. Intanto, in fine mattinata è giunto il pronunciamento del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, riunito in sessione straordinaria a Ginevra. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3


La risoluzione del Consiglio ONU “condanna con forza” l'offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza. E chiede l'invio di una missione internazionale indipendente di inchiesta per indagare sulle violazioni dei diritti umani e della legge umanitaria internazionale da parte di Israele. Il testo è stato approvato dai 47 Paesi membri del Consiglio con 33 voti a favore, un voto contrario e 13 astensioni. I Paesi dell'Ue membri del Consiglio, tra cui l'Italia, si sono astenuti, giudicando la risoluzione squilibrata. Il Canada ha votato contro. Sul terreno c’è da dire che anche stamattina Israele ha rispettato il cessate il fuoco di tre ore per permettere l'afflusso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Intanto, il viaggio al Cairo, in programma per oggi, di Amos Gilad, consigliere politico e diplomatico del ministro della Difesa, Barak, è stato rinviato di almeno un giorno. Da parte sua, l'emissario del Quartetto per il Medio Oriente, Tony Blair, proprio dal Cairo, al termine di un incontro con il presidente egiziano, Mubarak, si è detto convinto che “esistono gli elementi per realizzare un cessate il fuoco a Gaza”: l'ex premier britannico ha parlato però di una "fase delicata” sottolineando l’importanza di punti come la cessazione del traffico di armi a Gaza o l'apertura dei valichi. Per poi affermare che raggiunto il cessate il fuoco si dovrà mettere a punto una nuova strategia per portare a una riunificazione palestinese e all'unità fra Cisgiordania e Gaza. Bisogna riferire però anche dell’ultima dichiarazione della ministro degli Esteri Livni: sarà solo Israele a decidere quando porre fine alle ostilità a Gaza in conformità con i suoi interessi.

La drammatica situazione a Gaza riporta in primo piano le profonde divisioni che segnano la vita dei popoli della Terra Santa. Su questo aspetto del conflitto israelo-palestinese, si sofferma Charlie Abou Saada, responsabile dell’unica rivista e dell’unica radio cristiana in lingua araba della Terra Santa. L’intervista è di Philippa Hitchen del nostro programma inglese:RealAudioMP3


R. – Oltre al muro che divide noi palestinesi dagli israeliani, ci sono anche vari muri invisibili tra cristiani e musulmani, tra i musulmani stessi, tra musulmani ed ebrei. Quindi, attraverso la cultura cerchiamo di cambiare la società, partendo soprattutto da noi stessi perché per cambiare la società, dobbiamo cambiare prima noi stessi, la nostra parrocchia, la nostra scuola, l’università, la famiglia. Dieci anni fa, le relazioni tra cristiani e musulmani, in tutto il Medio Oriente, non solo qui in Terra Santa, erano migliori di oggi. Purtroppo, soprattutto il problema di New York, gli eventi del 2001, hanno cambiato tante cose e stiamo purtroppo pagando i fatti del 2001. Abbiamo chiesto ad un musulmano di scrivere sul nostro periodico per incoraggiare i nostri giovani a non aver paura. Abbiamo inoltre un programma radio, su una radio locale, Radio Mawal, e cerchiamo di utilizzare questa radio per parlare del cristianesimo, dei rapporti tra noi ed i musulmani e gli ebrei, e parlare dell’importanza del dialogo, dell’amore, del rispetto dell’altro, in un Paese dove non c’è, purtroppo tutto questo; in realtà non ci conosciamo: anche se i miei vicini di casa sono musulmani, quando mai sono andato da loro e quando mai loro sono venuti da noi per parlarci e conoscerci!

 
D. – Quanto è importante la voce dei cristiani in Terra Santa?

 
R. - La nostra voce è molto importante come ci ha detto anche Giovanni Paolo II quando venne, nel 2000, qui in Terra Santa: dobbiamo far sentire la nostra voce, quella voce cristiana che cerca di unire. La nostra presenza, quindi, è molto importante qui, in Terra Santa e dobbiamo anche aiutare, nel nostro piccolo, i nostri giovani, a rimanere qui, malgrado tutto. Il patriarca Sabbah, nella sua ultima lettera, ha detto che la Chiesa di Gerusalemme, la Chiesa della Terra Santa, è la Chiesa del Golgota. Quindi, ciascuno di noi, deve prendere la sua croce e salire sul Golgota. Questa è ormai la missione dei cristiani in Terra Santa, che vediamo ogni giorno la nostra fede provata da tante cose. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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