Il Battesimo è un dono di Dio che arricchisce bambini e genitori: la riflessione
del teologo Bux sulle parole del Papa alla Messa nella Cappella Sistina
“Il bambino non è proprietà dei genitori, ma è affidato dal Creatore alla loro responsabilità”,
affinché essi “lo aiutino ad essere un libero figlio di Dio”: è uno dei passaggi forti
dell’omelia del Papa nella Messa presieduta, ieri nella Cappella Sistina, durante
la quale è stato amministrato il Battesimo a 13 bambini. Su questa dimensione del
Sacramento battesimale, sottolineata da Benedetto XVI, Alessandro Gisotti ha
raccolto la riflessione di don Nicola Bux, consultore della Congregazione per
la Dottrina della Fede:
R. –
Chi non crede in Dio, ovviamente ritiene che il bambino sia di sua proprietà. Talvolta,
però, anche chi afferma di credere in Dio si comporta come chi non crede, cioè con
quel “possessivismo” che ritiene di determinare, di programmare anche la vita. Anzi,
ancor più prima che venga la vita, si cerca di programmarla. Questo aspetto della
non proprietà dell’essere umano, sottolineato dal Papa, ognuno di noi lo sperimenta
a pelle quando qualcuno vuole, in un certo senso, condizionarci in vario modo e allora,
immediatamente – d’istinto potremmo dire – ci liberiamo.
D.
– Con questo sottolineare che il bambino non è proprietà dei genitori, come ogni uomo
non è proprietà di un altro uomo, si sottolinea la sacralità, l’inviolabilità della
persona…
R. – Certamente. Credo che questo ciascuno
lo può verificare riflettendo su quella che una volta era definita la “regola aurea”,
che noi ritroviamo anche nel Vangelo: “Non fare agli altri quello che non vorresti
fosse fatto a te”.
D. – Soffermandosi proprio sul
significato del Sacramento del Battesimo, il Papa ha sottolineato che con il Battesimo
non si fa violenza ai bambini; non è un’imposizione, bensì un dono che dà ricchezza
al bambino…
R. – Sì, questo indubbiamente. Basterebbe
anche osservare un fenomeno: tutti i genitori sanno che, a un certo punto, devono
mandare il bambino a scuola; qualcuno potrebbe anche porre il quesito: “Ma non è una
violenza, il bambino non capisce cosa sia la scuola, non è meglio che scelga di andare
a scuola quando diventa grande?” In genere, dinanzi a questa obiezione, nasce un certo
imbarazzo… L’obiezione più grande al Battesimo dei bambini – talvolta purtroppo anche
all’interno della Chiesa, da taluni ecclesiastici – è questa: non si può fare violenza,
il bambino sceglierà quando diventa grande. Ma, con lo stesso presupposto, non si
dovrebbe mandare il bambino a scuola, anzi, oserei dire ancora di più arretrando,
non si dovrebbe farlo nascere, bisognerebbe chiedere il permesso prima di farlo nascere!
E’ chiaro che si dà al bambino la fede, come si dà la cultura; è chiaro che tutto
è proporzionato all’età dell’essere umano. E’ paradossale ritenere che non si possa
trasmettere la fede dei genitori, degli adulti, ai piccoli fermo restando che poi
è chiaro che questa fede dev’essere più specificamente personalizzata, fatta propria,
man mano che cresce, ma questo avviene per tutti i fenomeni, anche per la scuola.
D.
– Il Papa ha detto ai genitori dei bambini battezzati in Cappella Sistina di impegnarsi
ad educarli nella fede. Quindi, il Battesimo, chiaramente, oltre che Sacramento fondamentale,
è anche inizio di un percorso per il bambino e per i genitori stessi…
R.
– Esatto. Credo che vada proprio rimarcato questo termine: inizio di un percorso;
non a caso si chiama iniziazione. E’ un inizio; come tutti gli inizi umani, naturalmente
va curato, seguito con attenzione da parte degli adulti.