Lancio di razzi dal Libano su Israele. Diplomazia al lavoro. Situazione gravissima
secondo le agenzie umanitarie
Solo tre ore di tregua, per il resto si combatte senza sosta a Gaza. Oggi ai razzi
lanciati dalla Striscia se ne sono aggiunti altri sparati dal Libano, senza che si
sappia ancora da chi. I morti sono saliti ad oltre 760, la diplomazia continua a lavorare
per una tregua definitiva, mentre le agenzie umanitarie ormai parlano di situazione
gravissima, e alcune di loro abbandonano il campo. Servizio di Francesca Sabatinelli
Con l’attacco
dal Libano sul territorio israeliano, rischia di aprirsi un secondo fronte settentrionale
per lo Stato ebraico, un’eventualità, questa, che aggraverebbe ancor di più la situazione
nella regione mediorientale. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Maria Grazia Enardu,
docente di Relazioni Internazionali all’Università di Firenze, esperta di Medio Oriente:
R. – Io
credo che un paio di razzi - che per fortuna non hanno fatto vittime – siano da parte
di Hezbollah – anche se naturalmente hanno negato – una sorta di test; si aspetta
una risposta israeliana, che può anche essere astutamente quella di ignorare quanto
accaduto, ma può anche essere forte per rispondere alla rabbia dell’opinione pubblica
israeliana che si sente minacciata. In questo caso, chiaramente, si conduce Israele
su un secondo fronte, che è pericolosissimo non solo dal punto di vista militare e
politico, ma anche dal punto di vista economico, perché si rischia di paralizzare
il nord – come già avvenne nel 2006 – e si rischia di dover richiamare altre migliaia
di riservisti che per un piccolo Paese come Israele sono un grosso problema economico.
D.
– Secondo Lei non si rischia di spaccare anche la comunità internazionale che in questo
momento è impegnata più sul fronte della mediazione?
R. – Questo non c’è dubbio,
però non bisogna mettere nello stesso mucchio Hezbollah ed Hamas. Sono fenomeni completamente
diversi: Hezbollah ha degli obiettivi libanesi, in casa propria, probabilmente da
Israele vuole altri scambi di prigionieri, lo sgombero di quel piccolo pezzetto di
Libano che Israele ancora tiene, però non è una causa nazionale opposta alla causa
di Israele.
D. – Il fronte principale rimane Gaza; a questo punto, quali speranze
ci sono che vada in porto una qualche soluzione della crisi in atto?
R. – Le
speranze sono anche legate al calendario e agli eventi sul terreno. La prima data
è quella del 20 gennaio – quindi, praticamente due settimane – e Obama ha detto che
si occuperà prestissimo di questa questione, e quindi sono tutti in attesa della prima,
vera mossa del nuovo presidente americano.