2009-01-08 13:09:01

La Chiesa in India grata per l'appoggio del Papa contro le persecuzioni anticristiane, mentre il clima in Orissa appare più disteso. Intervista con mons. Machado


Ha accolto con gratitudine le parole del Papa, ancora una volta solidale con le vicende che l'hanno colpita. La Chiesa indiana ha appena concluso il periodo del Natale sotto la minaccia - fortunatamente mai attuata - di nuove violenze da parte dell’integralismo indù, che nei mesi scorsi aveva scatenato un’autentica persecuzione, provocando indignazione in tutto il mondo e grande preoccupazione in Benedetto XVI e nella Chiesa. Circa 13 mila fedeli dell’Orissa hanno partecipato alle celebrazioni natalizie nei campi profughi dove sono tuttora, in attesa di una normalità che il governo ha detto di voler ristabilire al più presto. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il vescovo della diocesi indiana di Nashik, Felix Anthony Machado:RealAudioMP3


R. - La situazione è migliorata ma la condizione dei profughi rimane difficile perché c’è una grande paura. Anche se il governo dice che adesso c’è la sicurezza, dobbiamo capire che con ciò che è successo non è facile per questa gente rientrare subito, perché hanno ancora molta paura.
 
D. - Pochi giorni fa, la Corte Suprema indiana ha ordinato allo Stato dell’Orissa di continuare a garantire la sicurezza delle minoranze religiose. Come valuta questa decisione?
 
R. - Questa è una decisione molto buona, perché quando la Corte Suprema pronuncia una sentenza come questa, va seguita. Però non sappiamo cosa possa accadere nel futuro. Adesso, la priorità delle notizie è data agli attentati di Mumbay con quello che ne segue. C'è l’ombra della guerra e la Chiesa sta facendo tutto il possibile per evitarla e per enfatizzare la pace.
 
D. - A questo proposito, in che modo si muoverà la Chiesa indiana per il prossimo futuro?
 
R. - Noi siamo sempre per la pace, noi siamo per la libertà religiosa, noi siamo per il dialogo e non solo a parole. Io incontro molti indù nella mia diocesi e molti genitori dei bambini che vengono nelle nostre scuole o nei nostri ospedali, mi dicono che la Chiesa appoggia veramente la pace, il dialogo, la libertà religiosa. Quindi, la strada della Chiesa è chiarissima. Non c’è la vendetta per noi - perché la parola vendetta non esiste nel Vangelo - e siamo sempre per la riconciliazione, per fare tutto il possibile per costruire la pace.
 
D. - Ci sono state, eccellenza, nella sua diocesi, durante queste vacanze di Natale, forme e segni di solidarietà con i cristiani dell’Orissa?
 
R. - Un grande passo che abbiamo fatto è stato quello di passare un Natale in modo semplice. Il Natale è una festa di gioia per noi e abbiamo espresso questa gioia nella liturgia, ma abbiamo diminuito la celebrazione esterna: il mangiare, il danzare, le decorazioni delle case. Nella mia diocesi ho invitato leader civili e leader religiosi e con loro abbiamo fatto una preghiera e una riflessione sui fatti avvenuti in Orissa e sui fatti di terrorismo a Mumbay. La gente ha capito che quella non è la strada da seguire.
 
D. - Nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace - ma anche oggi nel discorso al Corpo Diplomatico in Vaticano - Benedetto XVI ha nuovamente denunciato gli attacchi contro le comunità cristiane in India. Come avete accolto le parole del Papa?
 
R. - Le parole del Santo Padre sono molto incoraggianti per noi. Sono contento che sia così, perché non possiamo dimenticare. Non accogliamo questa ingiustizia e auspico che non si ripeti.







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