Inaugurata da mons. Betori la sala “Stato e Chiesa” della biblioteca della Fondazione
Spadolini
“C’è un modo di condividere il comune destino di un popolo da parte di credenti e
laici, che è un bene per tutti”, in un tempo “in cui proclami di reciproca esclusione
continuano a rincorrersi, sull’onda di risorgenti fondamentalismi e laicismi”. Ne
è convinto mons. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, che inaugurando oggi la
sala “Stato e Chiesa” della biblioteca della Fondazione Spadolini Nuova Antologia,
ha ricordato la figura di Giovanni Spadolini, definendolo “grande figlio della nostra
città”. “Come studioso e come politico – ha aggiunto - ha sempre riservato grande
attenzione al ruolo della Chiesa nella società italiana, contribuendo con il pensiero
e l’azione a rendere più comprensibile a tutti l’importanza di tale ruolo per l’organica
crescita dell’intera società”. “La dimensione laica – ha detto Betori – non è affatto
estranea all’esperienza religiosa, e nel concreto dell’Italia, cristiana, come pure
l’orizzonte religioso è tutt’altro che vietato ad uno spirito laico”. Al contrario,
“dall’incontro di queste culture, nella loro accezione aperta, possono trarre beneficio
laicità e religione nelle loro forme più autentiche; possono scaturire esiti di grande
vantaggio per la vita dell’intero Paese, nel solco della coesione e dello sviluppo”.
E’ questa, secondo mons. Betori, una delle lezioni più importanti di Giovanni Spadolini,
il cui approccio “che ha sempre animato lo storico e il politico nell’accostarsi alle
realtà delle Chiese in Italia” è stato sempre “teso al dialogo tra le culture che
si caratterizzano per il loro riferimento rispettivamente laico e religioso”. Un’eredità
ancora attuale è la “connotazione di servizio” che la Fondazione e la Biblioteca hanno
ricevuto dal suo fondatore: destinatari, gli studiosi delle nuove generazioni. La
nostra società - ha osservato mons. Betori - “ha bisogno di un confronto culturale
legato alla serietà degli studi più che alle facili sirene di opinioni poco fondate,
appena orecchiate, ma abilmente propagandate. Ha anche bisogno – ha concluso l’arcivescovo
– di una nuova attenzione alle nuove generazioni e alla loro formazione, che non sia
episodica ma affondi le sue radici nella convinzione che solo in una corretta trasmissione
del sapere e della coscienza civile tra le generazioni ci potrà essere un futuro di
giustizia, di libertà e di pace per il mondo”. (A.L.)