Il Papa al Corpo Diplomatico: "La pace è lontana ma non bisogna scoraggiarsi! Oggi
più di ieri è in gioco il destino stesso del nostro pianeta"
Tradizionale incontro oggi in Vaticano tra il Papa e il Corpo Diplomatico accreditato
presso la Santa Sede per gli auguri d’inizio anno. Benedetto XVI ha passato in rassegna
i principali avvenimenti internazionali alla luce del mistero di speranza del Natale,
chiedendo per tutti a Dio “il dono di un anno che sia fecondo di giustizia, di serenità
e di pace”. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il primo
pensiero del Papa è andato “innanzitutto a quanti hanno sofferto a causa di gravi
catastrofi naturali, in particolare in Vietnam, in Birmania, in Cina e nelle Filippine,
in America Centrale e nei Caraibi, in Colombia e in Brasile, o a causa di sanguinosi
conflitti nazionali o regionali o a causa di attentati terroristi che hanno seminato
la morte e la distruzione in Paesi come l’Afghanistan, l’India, il Pakistan e l’Algeria.
Nonostante tanti sforzi – ha detto - la pace così desiderata è ancora lontana! Di
fronte a ciò, non dobbiamo scoraggiarci … ma raddoppiare i nostri sforzi per promuovere
la sicurezza e lo sviluppo”. In questo senso ha ricordato che “la Santa Sede ha voluto
essere tra i primi a firmare e ratificare la ‘Convenzione sulle munizioni a grappolo’,
un documento che ha l'obiettivo di rafforzare il diritto umanitario internazionale”.
Il Papa guarda “con preoccupazione” ai “sintomi di una crisi che emergono nel settore
del disarmo e della non proliferazione nucleare” rilevando che “la spesa militare
sottrae enormi risorse umane e materiali per i progetti di sviluppo” minando i processi
di pace. La sua attenzione si rivolge verso “i troppo numerosi
poveri del nostro pianeta”: “per costruire la pace – afferma - occorre ridare speranza
ai poveri” e alle tante persone e famiglie colpite dall’attuale crisi economica, mentre
la crisi alimentare e il surriscaldamento climatico rendono per molti “ancora più
arduo l'accesso al cibo e all’acqua”. E’ urgente – sottolinea – “adottare una strategia
efficace per combattere la fame e facilitare lo sviluppo agricolo locale, soprattutto
perché la percentuale di persone povere nei Paesi ricchi aumenta”. Apprezza quindi
gli esiti della recente Conferenza di Doha sul finanziamento dello sviluppo. Per Benedetto
XVI “è necessario costruire una nuova fiducia” che renda sana l'economia e questo
sarà possibile solo rispettando la “dignità innata della persona umana”. E’ un obiettivo
“impegnativo – afferma - ma non è un'utopia! Oggi più di ieri, il nostro futuro è
in gioco, così come il destino stesso del nostro pianeta e dei suoi abitanti”. In
particolare occorre “investire soprattutto nei giovani, educandoli a un ideale di
vera fraternità” nella consapevolezza che c’è “un comune Padre di tutti gli uomini,
il Dio Creatore”. E’ il messaggio che il Papa ha lanciato nei suoi viaggi internazionali
dell’anno scorso a Sydney per la Giornata Mondiale della Gioventù, negli Stati Uniti
e all’ONU, a Lourdes e in Francia. Qui il Pontefice ha ricordato che “una sana laicità
della società non ignora la dimensione spirituale e i suoi valori, perché la religione
… non è un ostacolo, ma piuttosto un solido fondamento per la costruzione di una società
più giusta e più libera”. Benedetto XVI ha denunciato poi “le
discriminazioni e i gravissimi attacchi di cui sono stati vittime, l’anno scorso,
migliaia di cristiani”, abusi che “affondano le loro radici” nella povertà morale.
“Il cristianesimo – ribadisce - è una religione di libertà e di pace ed è al servizio
del vero bene dell’umanità”. Ha espresso il suo “paterno affetto” ai cristiani vittime
della violenza, specialmente in Iraq e in India, lanciando un accorato appello alle
autorità a “mettere fine all’intolleranza e alle vessazioni” e a “far sì che siano
riparati i danni provocati, in particolare ai luoghi di culto e alle proprietà”.
Ha inoltre auspicato “che nel mondo occidentale non si coltivino pregiudizi o ostilità
contro i cristiani, semplicemente perché, su certe questioni, la loro voce dissente.
Da parte loro – ha proseguito - i discepoli di Cristo, di fronte a tali prove, non
si perdano d’animo: la testimonianza del Vangelo è sempre un ‘segno di contraddizione’
rispetto allo ‘spirito del mondo’! Se le tribolazioni sono penose, la costante presenza
di Cristo è un potente conforto. Il suo Vangelo è un messaggio di salvezza per tutti
ed è per questo che esso non può essere confinato nella sfera privata, ma va proclamato
sui tetti, fino alle estremità della terra”. Ancora una volta
il Papa evoca la violenza in Medio Oriente e in Terra Santa “che provoca danni e immense
sofferenze alle popolazioni civili” complicando ulteriormente “la ricerca di una via
d’uscita dal conflitto tra Israeliani e Palestinesi, vivamente desiderata da molti
di essi e dal mondo intero”. Ripete “che l’opzione militare non è una soluzione e
che la violenza, da qualunque parte essa provenga e qualsiasi forma assuma, va condannata
fermamente”. Auspica “che, con l’impegno determinante della comunità internazionale,
la tregua nella striscia di Gaza sia rimessa in vigore … e che siano rilanciati i
negoziati di pace” che dovranno essere condotti “nel rispetto delle aspirazioni e
degli interessi legittimi di tutte le popolazioni coinvolte”. A questo proposito,
riferendosi alle prossime scadenze elettorali, rimarca l'importanza che emergano "dirigenti
capaci di far avanzare con determinazione questo processo". Per il Papa occorre dare
anche “un sostegno convinto al dialogo tra Israele e la Siria e, per il Libano, appoggiare
il consolidarsi in atto delle istituzioni, che sarà tanto più efficace quanto più
si compirà in uno spirito di unità”. Agli iracheni rivolge “un incoraggiamento” a
costruire il futuro “senza discriminazioni di razza, di etnia o di religione”. Per
quanto riguarda l’Iran auspica “una soluzione negoziata alla controversia sul programma
nucleare” in modo da “soddisfare le legittime esigenze del Paese e della comunità
internazionale. Un simile risultato favorirebbe grandemente la distensione regionale
e mondiale”. Volgendo lo sguardo al grande continente asiatico
guarda con fiducia “alla ripresa di nuovi negoziati di pace a Mindanao, nelle Filippine,
e al nuovo corso che prendono le relazioni tra Pechino e Taipei”. Si augura “una soluzione
definitiva” del conflitto in Sri Lanka, chiedendo attenzione per i bisogni umanitari
delle popolazioni. Pensa quindi alle “comunità cristiane che vivono in Asia …spesso
ridotte dal punto di vista numerico” ma desiderose di “offrire un contributo convinto
ed efficace … al progresso dei loro Paesi, testimoniando il primato di Dio, che stabilisce
una sana gerarchia di valori e dona una libertà più forte delle ingiustizie”. “La
Chiesa – ribadisce - non domanda privilegi, ma l’applicazione del principio della
libertà religiosa in tutta la sua estensione. In tale ottica, è importante che, in
Asia centrale, le legislazioni sulle comunità religiose garantiscano il pieno esercizio
di questo diritto fondamentale, nel rispetto delle norme internazionali”. Passando
all’Africa, dove quest’anno si recherà in visita, ha ricordato che la Santa Sede segue
da vicino le vicende di questo continente: “una attenzione particolare dev’essere
riservata all’infanzia”. Qui molti bambini vivono il dramma dei rifugiati in Somalia,
Darfour e Repubblica democratica del Congo. “Si tratta di flussi migratori che riguardano
milioni di persone che hanno bisogno di un aiuto umanitario e che sono soprattutto
private dei loro diritti elementari e feriti nella loro dignità”. Il Papa auspica
“che in Somalia la restaurazione dello Stato possa … progredire affinché cessino le
interminabili sofferenze degli abitanti di tale Paese”. Ed esprime desiderio di soluzione
delle crisi nello Zimbabwe e in Burundi. Soffermandosi sull’America
Latina sottolinea il desiderio di questi popoli di “vivere in pace, liberati dalla
povertà e potendo liberamente esercitare i loro diritti fondamentali”. Parla in favore
degli emigranti per la questione del ricongiungimento familiare, considerando “le
legittime esigenze della sicurezza e quelle dell’inviolabile rispetto della persona”.
Loda “l’impegno prioritario di certi governi per ristabilire la legalità e condurre
una lotta senza compromessi contro il traffico di stupefacenti e la corruzione”. Si
rallegra dell’ulteriore avvicinamento tra Argentina e Cile a trent’anni dalla mediazione
pontificia sulle vertenze tra i due Paesi. Spera “che la recente firma dell’Accordo
tra la Santa Sede e il Brasile faciliti il libero esercizio della missione evangelizzatrice
della Chiesa e rafforzi ancor più la sua collaborazione con le istituzioni civili
per lo sviluppo integrale della persona”. Compito dei Pastori della Chiesa – afferma
- “è quello di illuminare le coscienze e di formare dei laici capaci di intervenire
con coraggio nelle realtà temporali, mettendosi al servizio del bene comune”. Il
Papa saluta poi la comunità cristiana della Turchia - l'Anno Paolino mostra "lo stretto
legame di questa terra con le origini del cristianesimo" - e auspica soluzioni eque
e pacifiche alle crisi a Cipro, nel Caucaso, in particolare in Georgia - vengano onorati
gli impegni sul cessate il fuoco - e la riconciliazione tra le popolazioni della Serbia
e del Kosovo, che va perseguita "nel rispetto delle minoranze e senza dimenticare
la difesa del prezioso patrimonio artistico e culturale cristiano, che costituisce
una ricchezza per tutta l'umanità". Infine il Papa volge il
suo pensiero agli “esseri umani più poveri” che “sono i bambini non ancora nati” e
poi agli altri poveri, “come i malati e le persone anziane abbandonate, le famiglie
divise”. “La povertà – conclude il Pontefice - si combatte se l’umanità è resa più
fraterna tramite valori ed ideali condivisi, fondati sulla dignità della persona,
sulla libertà unita alla responsabilità, sul riconoscimento effettivo del posto di
Dio nella vita dell’uomo”. Benedetto XVI invita tutti a guardare verso “Gesù, l’umile
bambino deposto nella mangiatoia. Lui “ci indica che la solidarietà fraterna tra tutti
gli uomini è la via maestra per combattere la povertà e costruire la pace”.
Ha
rivolto l’indirizzo di omaggio al Santo Padre, per la prima volta in questa occasione,
l’ambasciatore dell’Honduras Alejandro Emilio Valladares Lanza, succeduto come decano
del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede all’ambasciatore Giovanni Galassi.
Ricordiamo infine che la Santa Sede intrattiene attualmente relazioni diplomatiche
con 177 Stati. Il 4 novembre scorso ha stretto rapporti con il Botswana. La Santa
Sede ha relazioni diplomatiche anche con le Comunità Europee e il Sovrano Militare
Ordine di Malta, e relazioni di natura speciale con la Federazione Russa e con l’OLP,
l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. La Santa Sede partecipa anche
a differenti Organizzazioni e Organismi Intergovernativi Internazionali.