Sì di Israele a una tregua di tre ore al giorno a Gaza
Le forze armate israeliane hanno interrotto i bombardamenti sulla Striscia di Gaza
dalle 12 (ora italiana) per una tregua di tre ore e lo faranno ogni giorno “al fine
di facilitare gli aiuti umanitari, permettere alla popolazione di approvvigionarsi
e facilitare il lavoro delle organizzazioni umanitarie”. Nei bombardamenti israeliani
della notte e delle prime ore della mattina sono rimasti uccisi due miliziani palestinesi
e altre sette persone. Dall'inizio delle ostilità, 680 palestinesi sono stati uccisi
e altri 3.000 feriti, di cui – denuncia Save the Children – oltre 100 bambini. Non
sono mancati anche diversi razzi palestinesi sparati dalla Striscia di Gaza su Ashdod,
Ashqelon e Sderot. Degli sviluppi sul piano politico e diplomatico, ci parla il servizio
di Fausta Speranza.
Oltre
alla tregua di tre ore Israele sta per annunciare un corridoio umanitario. Ma intanto,
il Consiglio di difesa del governo israeliano è in corso, dodici giorni dopo l'inizio
dell’operazione 'Piombo fuso' sferrata contro Hamas. E l’alternativa sembra porsi
tra l’estendere ulteriormente le operazioni militari sul terreno oppure cedere alle
crescenti pressioni diplomatiche per un cessate il fuoco immediato. Ieri Olmert ha
dichiarato: niente sospensione delle ostilità se non si raggiunge l’obiettivo “di
impedire ogni attività terroristica da Gaza verso Israele e il contrabbando di armi”
dall'Egitto verso la Striscia. Ma c’è anche la dichiarazione dell'ambasciatore di
Israele alle Nazioni Unite: lo Stato ebraico “prende molto seriamente” la proposta
egiziana per un cessate il fuoco a Gaza. Il piano messo a punto dal presidente egiziano
Mubarak, con il presidente francese Sarkozy, sembra favorevolmente accolto da Paesi
europei, Paesi arabi, Palestina, e Stati Uniti, che lo hanno definito una buona base
di partenza per sbloccare la situazione. Si aspetta un pronunciamento del Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite, riunito sotto la presidenza di turno del ministro
degli Esteri francese Kouchner.Aprendo la sessione, il segretario generale
Ban Ki-moon ha avuto parole molto dure contro Israele, giudicando inaccettabile qualsiasi
attacco contro le strutture dell'Onu a Gaza. Ban ha annunciato che è sua intenzione
recarsi la prossima settimana in Israele e nei Territori, anche in Paesi arabi, verosimilmente
in Egitto e in Siria.
Gli israeliani sapevano che era una scuola
e che vi avevano trovato riparo i profughi: è quanto sostiene l’Unrwa, l’ufficio delle
Nazioni Unite per i profughi palestinesi, smentendo la versione israeliana dopo l’attacco
all’edificio dell’Onu a Jabaliya dove sono rimasti uccisi oltre 40 civili. Secondo
l’esercito da lì i miliziani di Hamas avrebbero sparato colpi di mortaio contro un’unità
di fanteria. Ma l’agenzia dell’Onu nega. Francesca Sabatinelli ha raggiunto
telefonicamente a Gerusalemme Filippo Grandi, vicecommissario generale dell’Urnwa:
R.
- Nella scuola colpita ieri non c’erano elementi delle milizie armate di Hamas e non
c’erano attività militari che potrebbero aver provocato una reazione di legittima
difesa. Tutte le nostre strutture sono registrate con l’esercito israeliano, le coordinate
geografiche sono registrate, quindi loro sanno dove noi ci troviamo. In più, sanno
– negli ultimi giorni – che stiamo utilizzando alcune di queste strutture – soprattutto
le scuole – per ospitare gli sfollati che scappano dalle zone più pericolose. Quindi,
tutte queste informazioni erano e sono nelle mani dell’esercito israeliano.
D.
– Filippo Grandi, che reazioni ci sono state alle vostre dichiarazioni di oggi da
parte degli israeliani?
R. – Il governo e l’esercito mantengono la loro
linea: che hanno reagito ad un attacco, non abbiamo avuto altre reazioni specifiche.
D.
– A Gaza è in corso la tregua umanitaria di tre ore, saranno sufficienti per avviare
un’efficace distribuzione degli aiuti?
R. – Ma tre ore sono largamente
insufficienti per ristabilire un’operazione umanitaria a Gaza, per non parlare di
tutti gli altri servizi che in questo momento sono interrotti. La situazione è catastrofica:
gli ospedali non hanno benzina, quindi funzionano con i gruppi elettrogeni che stanno
per smettere di funzionare, la centrale elettrica non funziona, un milione di persone
sono senza elettricità, 700 mila persone senz’acqua. Il problema è che durante i periodi
di ostilità – e quindi quasi tutto il tempo – possiamo far entrare soltanto pochi
aiuti e soprattutto non possiamo trasportarli e distribuirli attraverso la striscia
di Gaza; quindi, le misure di facilitazione che gli israeliani hanno effettivamente
messo a disposizione, non sono sufficienti, perché nessuna operazione umanitaria può
svolgersi regolarmente a Gaza in presenza di un’operazione militare delle dimensioni
che abbiamo tutti visto.
Ci sono tuttavia anche le
accuse ad Hamas di usare i civili come scudi umani. Giancarlo La Vella
ne ha parlato con Francesco Battistini corrispondente a Gerusalemme del Corriere
della Sera:
R. –
E Israele da tempo lo dice, ma anche diverse organizzazioni non governative sostengono
che in moschee, scuole, ospedali, vengono usati civili per proteggere miliziani di
Hamas, e questo è un problema che già si pone da un po’ di giorni.
D.
– La diplomazia internazionale ha avuto un’accelerazione dopo la giornata di ieri;
quali speranze ci sono che vada in porto la proposta egiziana, sostenuta da Sarkozy,
di una tregua immediata?
R. – Le speranze sono ancora
molto poche; è vero che c’è una disponibilità di massima da parte di Hamas ad accettare,
ma i due inviati che hanno parlato sono personaggi di secondo piano, che non hanno
poteri decisionali. Dal lato israeliano, anche qui non ci sono stati ancora prese
di posizioni ufficiali, anche se l’apertura di Olmert per un corridoio umanitario
di tre ore fa capire che Israele è disponibile, in qualche modo, a diventare un po’
più flessibile. L’accordo prevederebbe – per quel che si sa – una via di uscita meno
umiliante per Hamas, e, dall’altra parte, la garanzia a Israele di poter controllare
il valico di Rafa, che è il vero punto della questione, perché tutta l’operazione
militare è stata fatta per evitare che continuasse il lancio di razzi, i razzi che
partono dal Sudan e attraversano l’Egitto, arrivano a Gaza: e interesse di Israele
è bloccare questo traffico e quindi chiudere questi tunnel.
Il presidente
della Caritas Internationalis, il cardinale Rodriguez Maradiaga, in un comunicato
afferma che per nessuno la guerra può essere una scelta giustificabile. “Le argomentazioni
sulla proporzionalità degli attacchi – dice il porporato – sono moralmente ripugnanti
di fronte alla vita di bambini innocenti”. La Caritas Internationalis e la Croce Rossa
da giorni chiedono di poter entrare nella Striscia di Gaza in aiuto della popolazione
civile. Sentiamo Francesco Rocca, commissario straordinario della Croce Rossa
Italiana, intervistato da Giancarlo La Vella:
R. –Manca
tutto: mancano i beni di prima necessità, i farmaci, le coperte. Siamo già impegnati
da diversi anni, insieme alla Mezza Luna palestinese, in un progetto sui minori. Assistiamo
circa 9 mila minori l’anno per aiutarli a superare il trauma della guerra. Ovviamente
il lavoro adesso aumenterà. Fino a pochi giorni fa i nostri centri, anche nella Striscia,
funzionavano. E’ ovvio che in questo momento le attività sono sospese. Il nostro delegato
è a Ramallah e non può entrare nella Striscia. Non abbiamo notizie, non abbiamo contatti
telefonici e siamo molto preoccupati.
D. – Possiamo
dire che mai come questa volta è stato difficoltoso per i volontari operare a margine
di un conflitto...
R. – E’ sempre difficoltoso. In
questo momento c’è un conflitto armato strada per strada, per cui c’è proprio un problema
di sicurezza importante e, oltretutto, comunque, non è consentito l’accesso se non
in maniera straordinaria. L’altro giorno ad una équipe chirurgica è stato consentito
l’ingresso, ma agli operatori umanitari che lavorano sui civili per il sostegno materiale
e morale delle vittime del conflitto non è consentito l’accesso.