2009-01-07 15:47:28

Sì di Israele a una tregua di tre ore al giorno a Gaza


Le forze armate israeliane hanno interrotto i bombardamenti sulla Striscia di Gaza dalle 12 (ora italiana) per una tregua di tre ore e lo faranno ogni giorno “al fine di facilitare gli aiuti umanitari, permettere alla popolazione di approvvigionarsi e facilitare il lavoro delle organizzazioni umanitarie”. Nei bombardamenti israeliani della notte e delle prime ore della mattina sono rimasti uccisi due miliziani palestinesi e altre sette persone. Dall'inizio delle ostilità, 680 palestinesi sono stati uccisi e altri 3.000 feriti, di cui – denuncia Save the Children – oltre 100 bambini. Non sono mancati anche diversi razzi palestinesi sparati dalla Striscia di Gaza su Ashdod, Ashqelon e Sderot. Degli sviluppi sul piano politico e diplomatico, ci parla il servizio di Fausta Speranza.RealAudioMP3

 

 
Oltre alla tregua di tre ore Israele sta per annunciare un corridoio umanitario. Ma intanto, il Consiglio di difesa del governo israeliano è in corso, dodici giorni dopo l'inizio dell’operazione 'Piombo fuso' sferrata contro Hamas. E l’alternativa sembra porsi tra l’estendere ulteriormente le operazioni militari sul terreno oppure cedere alle crescenti pressioni diplomatiche per un cessate il fuoco immediato. Ieri Olmert ha dichiarato: niente sospensione delle ostilità se non si raggiunge l’obiettivo “di impedire ogni attività terroristica da Gaza verso Israele e il contrabbando di armi” dall'Egitto verso la Striscia. Ma c’è anche la dichiarazione dell'ambasciatore di Israele alle Nazioni Unite: lo Stato ebraico “prende molto seriamente” la proposta egiziana per un cessate il fuoco a Gaza. Il piano messo a punto dal presidente egiziano Mubarak, con il presidente francese Sarkozy, sembra favorevolmente accolto da Paesi europei, Paesi arabi, Palestina, e Stati Uniti, che lo hanno definito una buona base di partenza per sbloccare la situazione. Si aspetta un pronunciamento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, riunito sotto la presidenza di turno del ministro degli Esteri francese Kouchner. Aprendo la sessione, il segretario generale Ban Ki-moon ha avuto parole molto dure contro Israele, giudicando inaccettabile qualsiasi attacco contro le strutture dell'Onu a Gaza. Ban ha annunciato che è sua intenzione recarsi la prossima settimana in Israele e nei Territori, anche in Paesi arabi, verosimilmente in Egitto e in Siria.

 
Gli israeliani sapevano che era una scuola e che vi avevano trovato riparo i profughi: è quanto sostiene l’Unrwa, l’ufficio delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, smentendo la versione israeliana dopo l’attacco all’edificio dell’Onu a Jabaliya dove sono rimasti uccisi oltre 40 civili. Secondo l’esercito da lì i miliziani di Hamas avrebbero sparato colpi di mortaio contro un’unità di fanteria. Ma l’agenzia dell’Onu nega. Francesca Sabatinelli ha raggiunto telefonicamente a Gerusalemme Filippo Grandi, vicecommissario generale dell’Urnwa:RealAudioMP3


R. - Nella scuola colpita ieri non c’erano elementi delle milizie armate di Hamas e non c’erano attività militari che potrebbero aver provocato una reazione di legittima difesa. Tutte le nostre strutture sono registrate con l’esercito israeliano, le coordinate geografiche sono registrate, quindi loro sanno dove noi ci troviamo. In più, sanno – negli ultimi giorni – che stiamo utilizzando alcune di queste strutture – soprattutto le scuole – per ospitare gli sfollati che scappano dalle zone più pericolose. Quindi, tutte queste informazioni erano e sono nelle mani dell’esercito israeliano.

 
D. – Filippo Grandi, che reazioni ci sono state alle vostre dichiarazioni di oggi da parte degli israeliani?

R. – Il governo e l’esercito mantengono la loro linea: che hanno reagito ad un attacco, non abbiamo avuto altre reazioni specifiche.

 
D. – A Gaza è in corso la tregua umanitaria di tre ore, saranno sufficienti per avviare un’efficace distribuzione degli aiuti?

R. – Ma tre ore sono largamente insufficienti per ristabilire un’operazione umanitaria a Gaza, per non parlare di tutti gli altri servizi che in questo momento sono interrotti. La situazione è catastrofica: gli ospedali non hanno benzina, quindi funzionano con i gruppi elettrogeni che stanno per smettere di funzionare, la centrale elettrica non funziona, un milione di persone sono senza elettricità, 700 mila persone senz’acqua. Il problema è che durante i periodi di ostilità – e quindi quasi tutto il tempo – possiamo far entrare soltanto pochi aiuti e soprattutto non possiamo trasportarli e distribuirli attraverso la striscia di Gaza; quindi, le misure di facilitazione che gli israeliani hanno effettivamente messo a disposizione, non sono sufficienti, perché nessuna operazione umanitaria può svolgersi regolarmente a Gaza in presenza di un’operazione militare delle dimensioni che abbiamo tutti visto.

 
Ci sono tuttavia anche le accuse ad Hamas di usare i civili come scudi umani. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Francesco Battistini corrispondente a Gerusalemme del Corriere della Sera:RealAudioMP3


R. – E Israele da tempo lo dice, ma anche diverse organizzazioni non governative sostengono che in moschee, scuole, ospedali, vengono usati civili per proteggere miliziani di Hamas, e questo è un problema che già si pone da un po’ di giorni.

 
D. – La diplomazia internazionale ha avuto un’accelerazione dopo la giornata di ieri; quali speranze ci sono che vada in porto la proposta egiziana, sostenuta da Sarkozy, di una tregua immediata?

 
R. – Le speranze sono ancora molto poche; è vero che c’è una disponibilità di massima da parte di Hamas ad accettare, ma i due inviati che hanno parlato sono personaggi di secondo piano, che non hanno poteri decisionali. Dal lato israeliano, anche qui non ci sono stati ancora prese di posizioni ufficiali, anche se l’apertura di Olmert per un corridoio umanitario di tre ore fa capire che Israele è disponibile, in qualche modo, a diventare un po’ più flessibile. L’accordo prevederebbe – per quel che si sa – una via di uscita meno umiliante per Hamas, e, dall’altra parte, la garanzia a Israele di poter controllare il valico di Rafa, che è il vero punto della questione, perché tutta l’operazione militare è stata fatta per evitare che continuasse il lancio di razzi, i razzi che partono dal Sudan e attraversano l’Egitto, arrivano a Gaza: e interesse di Israele è bloccare questo traffico e quindi chiudere questi tunnel.


Il presidente della Caritas Internationalis, il cardinale Rodriguez Maradiaga, in un comunicato afferma che per nessuno la guerra può essere una scelta giustificabile. “Le argomentazioni sulla proporzionalità degli attacchi – dice il porporato – sono moralmente ripugnanti di fronte alla vita di bambini innocenti”. La Caritas Internationalis e la Croce Rossa da giorni chiedono di poter entrare nella Striscia di Gaza in aiuto della popolazione civile. Sentiamo Francesco Rocca, commissario straordinario della Croce Rossa Italiana, intervistato da Giancarlo La Vella:RealAudioMP3


R. –Manca tutto: mancano i beni di prima necessità, i farmaci, le coperte. Siamo già impegnati da diversi anni, insieme alla Mezza Luna palestinese, in un progetto sui minori. Assistiamo circa 9 mila minori l’anno per aiutarli a superare il trauma della guerra. Ovviamente il lavoro adesso aumenterà. Fino a pochi giorni fa i nostri centri, anche nella Striscia, funzionavano. E’ ovvio che in questo momento le attività sono sospese. Il nostro delegato è a Ramallah e non può entrare nella Striscia. Non abbiamo notizie, non abbiamo contatti telefonici e siamo molto preoccupati.

 
D. – Possiamo dire che mai come questa volta è stato difficoltoso per i volontari operare a margine di un conflitto...

 
R. – E’ sempre difficoltoso. In questo momento c’è un conflitto armato strada per strada, per cui c’è proprio un problema di sicurezza importante e, oltretutto, comunque, non è consentito l’accesso se non in maniera straordinaria. L’altro giorno ad una équipe chirurgica è stato consentito l’ingresso, ma agli operatori umanitari che lavorano sui civili per il sostegno materiale e morale delle vittime del conflitto non è consentito l’accesso.







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