Medio Oriente: Ripresi i combattimenti a Gaza dopo la tregua di tre ore per ragioni
umanitarie.
Apriamo questa edizione con la drammatica situazione mediorientale. Oggi per tre ore
i combattimenti tra Israeliani e palestinesi a Gaza si sono interrotti ed è stato
aperto corridoio umanitario per permettere l'approvvigionamento di cibo e beni di
prima necessità. Poi le armi hanno ricominciato ad uccidere. Il bilancio attuale stima
circa 700 palestinesi morti e 6 soldati israeliani. I feriti sarebbero oltre 3000,
molti i bambini. Ed oggi il Gabinetto di Sicurezza israeliano ha deciso un allargamento
dell'offensiva contro Hamas. Graziano Motta
Gli
israeliani sapevano che era una scuola e che vi avevano trovato riparo i profughi:
è quanto sostiene l’Unrwa, l’ufficio delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi,
smentendo la versione israeliana dopo l’attacco all’edificio dell’Onu a Jabaliya dove
sono rimasti uccisi oltre 40 civili. Secondo l’esercito da lì i miliziani di Hamas
avrebbero sparato colpi di mortaio contro un’unità di fanteria. Ma l’agenzia dell’Onu
nega. Francesca Sabatinelli ha raggiunto telefonicamente a Gerusalemme Filippo Grandi,
vicecommissario generale dell’Urnwa:
R. - Nella
scuola colpita ieri non c’erano elementi delle milizie armate di Hamas e non c’erano
attività militari che potrebbero aver provocato una reazione di legittima difesa.
Tutte le nostre strutture sono registrate con l’esercito israeliano, le coordinate
geografiche sono registrate, quindi loro sanno dove noi ci troviamo. In più, sanno
– negli ultimi giorni – che stiamo utilizzando alcune di queste strutture – soprattutto
le scuole – per ospitare gli sfollati che scappano dalle zone più pericolose. Quindi,
tutte queste informazioni erano e sono nelle mani dell’esercito israeliano.
D.
– Filippo Grandi, che reazioni ci sono state alle vostre dichiarazioni di oggi da
parte degli israeliani?
R. – Il governo e l’esercito mantengono la loro linea:
che hanno reagito ad un attacco, non abbiamo avuto altre reazioni specifiche.
D.
– A Gaza è in corso la tregua umanitaria di tre ore, saranno sufficienti per avviare
un’efficace distribuzione degli aiuti?
R. – Ma tre ore sono largamente insufficienti
per ristabilire un’operazione umanitaria a Gaza, per non parlare di tutti gli altri
servizi che in questo momento sono interrotti. La situazione è catastrofica: gli ospedali
non hanno benzina, quindi funzionano con i gruppi elettrogeni che stanno per smettere
di funzionare, la centrale elettrica non funziona, un milione di persone sono senza
elettricità, 700 mila persone senz’acqua. Il problema è che durante i periodi di ostilità
– e quindi quasi tutto il tempo – possiamo far entrare soltanto pochi aiuti e soprattutto
non possiamo trasportarli e distribuirli attraverso la striscia di Gaza; quindi, le
misure di facilitazione che gli israeliani hanno effettivamente messo a disposizione,
non sono sufficienti, perché nessuna operazione umanitaria può svolgersi regolarmente
a Gaza in presenza di un’operazione militare delle dimensioni che abbiamo tutti visto.
Ci sono tuttavia anche le accuse ad Hamas di usare i civili come scudi umani.
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Francesco Battistini corrispondente a Gerusalemme
del Corriere della Sera:
R. – E Israele
da tempo lo dice, ma anche diverse organizzazioni non governative sostengono che in
moschee, scuole, ospedali, vengono usati civili per proteggere miliziani di Hamas,
e questo è un problema che già si pone da un po’ di giorni.
D. – La diplomazia
internazionale ha avuto un’accelerazione dopo la giornata di ieri; quali speranze
ci sono che vada in porto la proposta egiziana, sostenuta da Sarkozy, di una tregua
immediata?
R. – Le speranze sono ancora molto poche; è vero che c’è una disponibilità
di massima da parte di Hamas ad accettare, ma i due inviati che hanno parlato sono
personaggi di secondo piano, che non hanno poteri decisionali. Dal lato israeliano,
anche qui non ci sono stati ancora prese di posizioni ufficiali, anche se l’apertura
di Olmert per un corridoio umanitario di tre ore fa capire che Israele è disponibile,
in qualche modo, a diventare un po’ più flessibile. L’accordo prevederebbe – per quel
che si sa – una via di uscita meno umiliante per Hamas, e, dall’altra parte, la garanzia
a Israele di poter controllare il valico di Rafa, che è il vero punto della questione,
perché tutta l’operazione militare è stata fatta per evitare che continuasse il lancio
di razzi, i razzi che partono dal Sudan e attraversano l’Egitto, arrivano a Gaza:
e interesse di Israele è bloccare questo traffico e quindi chiudere questi tunnel.
Il presidente della Caritas Internationalis, il cardinale Rodriguez Maradiaga,
in un comunicato afferma che per nessuno la guerra può essere una scelta giustificabile.
“Le argomentazioni sulla proporzionalità degli attacchi – dice il porporato – sono
moralmente ripugnanti di fronte alla vita di bambini innocenti”. La Caritas Internationalis
e la Croce Rossa da giorni chiedono di poter entrare nella Striscia di Gaza in aiuto
della popolazione civile. Sentiamo Francesco Rocca, commissario straordinario della
Croce Rossa Italiana, intervistato da Giancarlo La Vella:
R. –Manca
tutto: mancano i beni di prima necessità, i farmaci, le coperte. Siamo già impegnati
da diversi anni, insieme alla Mezza Luna palestinese, in un progetto sui minori. Assistiamo
circa 9 mila minori l’anno per aiutarli a superare il trauma della guerra. Ovviamente
il lavoro adesso aumenterà. Fino a pochi giorni fa i nostri centri, anche nella Striscia,
funzionavano. E’ ovvio che in questo momento le attività sono sospese. Il nostro delegato
è a Ramallah e non può entrare nella Striscia. Non abbiamo notizie, non abbiamo contatti
telefonici e siamo molto preoccupati.
D. – Possiamo dire che mai come questa
volta è stato difficoltoso per i volontari operare a margine di un conflitto...
R.
– E’ sempre difficoltoso. In questo momento c’è un conflitto armato strada per strada,
per cui c’è proprio un problema di sicurezza importante e, oltretutto, comunque, non
è consentito l’accesso se non in maniera straordinaria. L’altro giorno ad una équipe
chirurgica è stato consentito l’ingresso, ma agli operatori umanitari che lavorano
sui civili per il sostegno materiale e morale delle vittime del conflitto non è consentito
l’accesso.