Il cardinale Martino denuncia l'ipocrisia dei Paesi ricchi: elemosine e armi alle
nazioni povere
Il 2009 è iniziato purtroppo all’insegna della violenza in molti Paesi: Gaza, Iraq,
Afghanistan, Sri Lanka, Congo, Somalia, Sudan, territori dove guerra e povertà generano
un circolo vizioso da cui sembra impossibile uscire. Il Papa ha indicato una via:
costruire la pace combattendo la povertà. Ascoltiamo in proposito Mario Marazziti,
portavoce della Comunità di Sant'Egidio, intervistato da Fausta Speranza:
R.
– Mi sembra che da troppi anni si pensa alla guerra come ad una soluzione normale,
ordinaria, mentre la guerra è solo terribilmente una dispersione di risorse e una
distruzione di vite umane e di speranza. Questo ormai appare chiaro anche nelle ultime
grandi guerre internazionali, oppure nei tanti conflitti locali. Quindi, noi abbiamo
una scarsa capacità immaginativa di pace e di riconciliazione da parte delle leadership,
così pure di programmi di riequilibrio mondiale. Vediamo la fatica che si fa sull’allocare
risorse vere per una solidarietà internazionale. Tutto questo è una visione di corto
respiro. Io credo che tutto il mondo sviluppato ha vissuto sopra le righe. Bisogna
smettere di vivere sopra le righe, bisogna ricordarci che o si esce da una crisi insieme
o si crea un mondo fatto a bunker, fatto di luoghi che si sentono assediati dai poveri
attorno, dove i poveri rischiano di diventare nemici, dove cresce il senso della paura.
Abbiamo bisogno di speranza e il Papa, in maniera non ingenua, indica la via: unire
il tema della pace al tema della lotta alla povertà, è una via maestra che può aiutare
il mondo a riequilibrarsi e quindi, ad eliminare anche cause di violenza - la violenza
è anche una forma di guerra diffusa - e cause di nuove e vecchie guerre.
Dietro
ogni guerra c’è sete di denaro e di potere, una economia di dominio spesso mascherata
di solidarietà. Luca Collodi ne ha parlato con il cardinale Renato Raffaele
Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace:
R.
- L’unica ansia del guadagno, del profitto, non è morale, non è etica, perché il capitale,
l’impresa, deve non solo servire ad arricchire, ma deve avere un valore sociale. Qui
andrebbe fatto un discorso sull’industria delle armi, a cominciare dalle armi nucleari
e dalle armi convenzionali; quegli stessi Paesi che dicono e vogliono aiutare i Paesi
in via di sviluppo, sono i primi a vendere armi ai Paesi in via di sviluppo, perché
nei Paesi in via di sviluppo non si producono armi. E quindi, bisognerebbe, anzi bisogna
non solamente aiutare, come un’elemosina, ma dev’essere una compartecipazione, una
collaborazione, per dare la possibilità ai Paesi in via di sviluppo di essere protagonisti
del proprio sviluppo, di essere protagonisti del loro futuro.