Malaysia: pressioni contro il maggior settimanale cattolico
Limitare le edizioni multilingue all’inglese, al Mandarino e al Tamil, no all'edizione
in malese: The Herald, il maggior settimanale cattolico della Malaysia, Paese in prevalenza
musulmano, ha ricevuto questo ordine, nei giorni scorsi, dal Ministero dell’interno.
Se rifiuterà di obbedire, potrebbe essere portato davanti al tribunale. Charles
Collins ha raccolto la dichiarazione di padre Lawrence Andrews, direttore
dell’Herald:
R. –
The reason for not permitting us to have the Malay section is because of the … La
ragione per cui non ci si vuole consentire di avere una sezione malese è che noi abbiamo
intentato una causa contro di loro perché ci hanno proibito di utilizzare il termine
malese che indica Dio e che è “Allah”. Ci hanno detto che la parola “Allah” è solo
per i musulmani e non per altri. Ma nella lingua malese non esiste altra parola per
indicare Dio e noi abbiamo affermato che, proibendoci l’uso di questo termine, il
Governo ha violato la nostra libertà d’espressione e di parola, che è garantita dalla
Costituzione. Quello che ci hanno fatto è irrazionale, irragionevole e illegale.
D.
– Cosa rispondete a chi afferma che i cristiani in Malaysia non parlano il malese?
R.
– It is not true that the population doesn’t speak malay. Since the independence … Non
è vero che la popolazione non parla il malese. Fin dalla sua indipendenza, il Paese
ha sostenuto la lingua nazionale, tant’è vero che nelle scuole, dalle elementari alle
superiori, la lingua d’insegnamento è il malese. Tutti abbiamo frequentato le scuole
pubbliche statali, e l’insegnamento si svolge in lingua malese. Ora, gran parte delle
persone che vivono nel Borneo sono nativi e rappresentano più del 50 per cento della
popolazione cattolica, e la loro lingua nativa è proprio il malese.
D.
– Lei ha l’impressione che questo sia segno di una maggiore presenza dell’Islam nella
politica, in Malaysia?
R. – It looks as though this
is becoming so. But very subtly. … Sembrerebbe di sì, anche se il tutto
avviene in maniera molto sottile. In realtà, quando il giornalista del nostro quotidiano
locale ha intervistato l’uomo che ha firmato la lettera che ci proibiva di usare la
lingua malese, questo ha avvertito che avrebbero osservato in maniera molto attenta
il nostro quotidiano, che l’avrebbero monitorato, e che se avessimo violato l’ordinanza
emessa, avrebbero adottato misure più severe. Questo è un linguaggio molto duro. Direi
che stanno diventando un po’ aggressivi nei nostri riguardi.