Sono ripresi stamane i raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza, così come il
lancio di razzi da parte di Hamas sul territorio israeliano. Nel timore di un’incursione
israeliana via terra, centinaia di stranieri hanno abbandonato Gaza. Neanche sul fronte
diplomatico sembrano esserci schiarite, dopo le dichiarazioni di Hamas - che ha indetto
per oggi una “giornata di collera” contro Israele - e del governo ebraico che ieri
ha negato la necessità di una tregua umanitaria. Il servizio di Marco Guerra:
Il settimo
giorno dell’"Operazione piombo fuso" si è aperto di nuovo con le incursioni dei caccia
israeliani sulla striscia di Gaza. I bombardamenti sono andati avanti tutta la notte
fino alle prime ore della mattinata. Nel mirino, ancora strutture di Hamas. In tutto
venti gli obiettivi colpiti, fra cui istallazioni di missili e magazzini di armi.
Il bilancio delle vittime si fa sempre più pesante. L’ultimo bollettino diffuso da
fonti palestinesi parla di 420 morti e 2180 feriti. Non si ferma neanche il lancio
di razzi da Gaza verso le comunità agricole del Negev e la città di Ashqelon, dove
due persone sono rimaste ferite. Ma Israele oggi è in massima allerta per il timore
che la popolazione araba insceni manifestazioni di protesta, dopo che Hamas ha lanciato
un appello per ''un giorno di collera'' a partire dal termine delle preghiere del
venerdì. Le prime ad essere segnalate sono state dimostrazioni nelle capitali arabe
di Tehran, Il Cairo e Damasco.
Particolare tensione
si registra a Gerusalemme est, nella zona della Spianata delle Mosche. In realtà,
lo Stato israeliano teme che possa di nuovo materializzarsi lo spettro degli attacchi
kamikaze. Il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha quindi ordinato la chiusura dei
valichi fra la Cisgiordania ed Israele. E con i tank e le truppe ammassate per una
possibile offensiva terrestre e nessuna tregua in vista, l'esercito di Tel Aviv ha
intanto autorizzato gli stranieri a lasciare Gaza. In queste ore, sono in centinaia
a passare la frontiera attraverso il valico di Erez, rimasto chiuso dall’inizio delle
operazioni. Infine, sul fronte diplomatico continuano le pressioni dell’Unione europea
per un immediato cessate-il-fuoco tra le parti. La presidenza di turno dell’Ue, appena
assunta dalla Repubblica Ceca, ha annunciato un missione diplomatica che si recherà
in Medio Oriente a partire da domenica prossima. Gli ultimi eventi
fanno dunque crescere nella comunità internazionale il timore di un attacco israeliano
di terra, che, secondo molti osservatori, sarebbe devastante per la già provata popolazione
civile della Striscia di Gaza. Su questa eventualità, Giancarlo La Vella ha
sentito FrancescoBattistini, corrispondente in Israele per il Corriere
della Sera:
R. -
Due segnali sono arrivati ieri sera: uno dal presidente della Commissione estera della
Knesset, che ha detto che per l'attacco di terra si tratta ormai di ore, e tuttavia
nulla è prevedibile in questa situazione. Più significativo, forse, è il fatto che
è stato fatto un appello dall’esercito israeliano a tutti gli stranieri residenti
a Gaza, circa 400 operatori di organizzazioni non governative, affinché escano molto
rapidamente dalla Striscia. Questo mi sembra il segnale più indicativo.
D.
- Come mai l’iniziativa diplomatica internazionale, soprattutto europea, non è riuscita
a scardinare le posizioni rigide sia di Hamas che dello stato di Israele?
R.
- Perché con Hamas il dialogo è interrotto. Questa è stata una scelta politica fatta
ormai negli ultimi anni. Dall’altro lato, verso Israele naturalmente gioca negativamente
l’assenza di una presidenza americana. Gli israeliani continuano a dire che l’opzione
che prevale è quella di lasciare, almeno formalmente, il potere nella Striscia ad
Hamas, sempre che l’organizzazione smetta di lanciare razzi sul territorio ebraico.
Il problema è che ovviamente Hamas non ha alcuna intenzione di fermare la propria
azione militare, quindi questa accentuazione di toni sicuramente non rende possibile,
al momento, un dialogo con questa dirigenza di Hamas. L’unica mediazione possibile,
quella condotta dagli egiziani, forse potrebbe assumere nelle prossime ore un ruolo
decisivo.
Intanto, nella Striscia di Gaza la situazione
umanitaria si fa sempre più drammatica, nonostante gli aiuti. Manca di tutto, dall’energia
elettrica ai farmaci di prima necessità. Lo testimonia il giornalista palestinese
Safuat Kalut, raggiunto telefonicamente a Gaza City da FrancescaSabatinelli:
R. -
La situazione umanitaria è terribile: c’è mancanza prima di tutto dell’acqua, della
corrente, del cibo. Io, camminando a Gaza City o in qualsiasi posto, vedo lunghissime
file di gente che aspetta ore ed ore per avere un po’ di pane. Gli ospedali di Gaza
non sono in grado di ricevere il grande numero di feriti che arrivano ogni cinque
minuti. L’ospedale chiede alla gente di fare una donazione di sangue, di antibiotici,
di analgesici, tranquillanti, di medicine per il cancro, per il cuore. Quasi tutta
la rete della corrente elettrica è distrutta a Gaza. A casa mia, da 48 ore, ho avuto
solo mezz’ora di corrente. Tutti i negozi sono chiusi: posso dire che c’è quasi il
coprifuoco tranne che per poche macchine, le ambulanze o i vigili del fuoco, che sono
sempre in giro. Più o meno, questa è la condizione umanitaria.
D.
- Quando ci sono i bombardamenti, la gente dove si ripara?
R.
- Non si può andare da nessuna parte. Si deve stare a casa o rimanere per strada finché
finisce il bombardamento. Il problema è che non si sa quale sarà il prossimo obiettivo.
Le moschee sono state già bombardate, anche i palazzi statali sono stati bombardati.
Il mio vicino è uno dei dirigenti di Hamas: abbiamo sentito, nella zona, che la sua
casa sarà bombardata. Io non so dove andare, come fare. Questi dirigenti, o i sostenitori
di Hamas, sono quasi in tutte le case e ciò vuol dire che tutta la Striscia di Gaza
deve scappare perché si ha un vicino sostenitore di Hamas. La spiegazione israeliana
dell’attacco è che loro vogliono solo colpire Hamas, la loro guerra è solo contro
Hamas ma quello che dicono è completamente diverso da quello che vediamo noi o che
viviamo, giorno per giorno. Io capisco che c’è una guerra contro qualcuno, ma non
dobbiamo tutti pagare quel prezzo e la guerra non è militare, non è contro i miliziani,
ma è per fare pressione su di noi come popolo.