2009-01-02 15:05:45

Settimo giorno di bombe israeliane su Gaza


Sono ripresi stamane i raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza, così come il lancio di razzi da parte di Hamas sul territorio israeliano. Nel timore di un’incursione israeliana via terra, centinaia di stranieri hanno abbandonato Gaza. Neanche sul fronte diplomatico sembrano esserci schiarite, dopo le dichiarazioni di Hamas - che ha indetto per oggi una “giornata di collera” contro Israele - e del governo ebraico che ieri ha negato la necessità di una tregua umanitaria. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3


Il settimo giorno dell’"Operazione piombo fuso" si è aperto di nuovo con le incursioni dei caccia israeliani sulla striscia di Gaza. I bombardamenti sono andati avanti tutta la notte fino alle prime ore della mattinata. Nel mirino, ancora strutture di Hamas. In tutto venti gli obiettivi colpiti, fra cui istallazioni di missili e magazzini di armi. Il bilancio delle vittime si fa sempre più pesante. L’ultimo bollettino diffuso da fonti palestinesi parla di 420 morti e 2180 feriti. Non si ferma neanche il lancio di razzi da Gaza verso le comunità agricole del Negev e la città di Ashqelon, dove due persone sono rimaste ferite. Ma Israele oggi è in massima allerta per il timore che la popolazione araba insceni manifestazioni di protesta, dopo che Hamas ha lanciato un appello per ''un giorno di collera'' a partire dal termine delle preghiere del venerdì. Le prime ad essere segnalate sono state dimostrazioni nelle capitali arabe di Tehran, Il Cairo e Damasco.

 
Particolare tensione si registra a Gerusalemme est, nella zona della Spianata delle Mosche. In realtà, lo Stato israeliano teme che possa di nuovo materializzarsi lo spettro degli attacchi kamikaze. Il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha quindi ordinato la chiusura dei valichi fra la Cisgiordania ed Israele. E con i tank e le truppe ammassate per una possibile offensiva terrestre e nessuna tregua in vista, l'esercito di Tel Aviv ha intanto autorizzato gli stranieri a lasciare Gaza. In queste ore, sono in centinaia a passare la frontiera attraverso il valico di Erez, rimasto chiuso dall’inizio delle operazioni. Infine, sul fronte diplomatico continuano le pressioni dell’Unione europea per un immediato cessate-il-fuoco tra le parti. La presidenza di turno dell’Ue, appena assunta dalla Repubblica Ceca, ha annunciato un missione diplomatica che si recherà in Medio Oriente a partire da domenica prossima.
 
Gli ultimi eventi fanno dunque crescere nella comunità internazionale il timore di un attacco israeliano di terra, che, secondo molti osservatori, sarebbe devastante per la già provata popolazione civile della Striscia di Gaza. Su questa eventualità, Giancarlo La Vella ha sentito Francesco Battistini, corrispondente in Israele per il Corriere della Sera:RealAudioMP3


R. - Due segnali sono arrivati ieri sera: uno dal presidente della Commissione estera della Knesset, che ha detto che per l'attacco di terra si tratta ormai di ore, e tuttavia nulla è prevedibile in questa situazione. Più significativo, forse, è il fatto che è stato fatto un appello dall’esercito israeliano a tutti gli stranieri residenti a Gaza, circa 400 operatori di organizzazioni non governative, affinché escano molto rapidamente dalla Striscia. Questo mi sembra il segnale più indicativo.

 
D. - Come mai l’iniziativa diplomatica internazionale, soprattutto europea, non è riuscita a scardinare le posizioni rigide sia di Hamas che dello stato di Israele?

 
R. - Perché con Hamas il dialogo è interrotto. Questa è stata una scelta politica fatta ormai negli ultimi anni. Dall’altro lato, verso Israele naturalmente gioca negativamente l’assenza di una presidenza americana. Gli israeliani continuano a dire che l’opzione che prevale è quella di lasciare, almeno formalmente, il potere nella Striscia ad Hamas, sempre che l’organizzazione smetta di lanciare razzi sul territorio ebraico. Il problema è che ovviamente Hamas non ha alcuna intenzione di fermare la propria azione militare, quindi questa accentuazione di toni sicuramente non rende possibile, al momento, un dialogo con questa dirigenza di Hamas. L’unica mediazione possibile, quella condotta dagli egiziani, forse potrebbe assumere nelle prossime ore un ruolo decisivo.

 
Intanto, nella Striscia di Gaza la situazione umanitaria si fa sempre più drammatica, nonostante gli aiuti. Manca di tutto, dall’energia elettrica ai farmaci di prima necessità. Lo testimonia il giornalista palestinese Safuat Kalut, raggiunto telefonicamente a Gaza City da Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3


R. - La situazione umanitaria è terribile: c’è mancanza prima di tutto dell’acqua, della corrente, del cibo. Io, camminando a Gaza City o in qualsiasi posto, vedo lunghissime file di gente che aspetta ore ed ore per avere un po’ di pane. Gli ospedali di Gaza non sono in grado di ricevere il grande numero di feriti che arrivano ogni cinque minuti. L’ospedale chiede alla gente di fare una donazione di sangue, di antibiotici, di analgesici, tranquillanti, di medicine per il cancro, per il cuore. Quasi tutta la rete della corrente elettrica è distrutta a Gaza. A casa mia, da 48 ore, ho avuto solo mezz’ora di corrente. Tutti i negozi sono chiusi: posso dire che c’è quasi il coprifuoco tranne che per poche macchine, le ambulanze o i vigili del fuoco, che sono sempre in giro. Più o meno, questa è la condizione umanitaria.

 
D. - Quando ci sono i bombardamenti, la gente dove si ripara?

 
R. - Non si può andare da nessuna parte. Si deve stare a casa o rimanere per strada finché finisce il bombardamento. Il problema è che non si sa quale sarà il prossimo obiettivo. Le moschee sono state già bombardate, anche i palazzi statali sono stati bombardati. Il mio vicino è uno dei dirigenti di Hamas: abbiamo sentito, nella zona, che la sua casa sarà bombardata. Io non so dove andare, come fare. Questi dirigenti, o i sostenitori di Hamas, sono quasi in tutte le case e ciò vuol dire che tutta la Striscia di Gaza deve scappare perché si ha un vicino sostenitore di Hamas. La spiegazione israeliana dell’attacco è che loro vogliono solo colpire Hamas, la loro guerra è solo contro Hamas ma quello che dicono è completamente diverso da quello che vediamo noi o che viviamo, giorno per giorno. Io capisco che c’è una guerra contro qualcuno, ma non dobbiamo tutti pagare quel prezzo e la guerra non è militare, non è contro i miliziani, ma è per fare pressione su di noi come popolo.







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