Nuova legge sulle fonti del diritto in Vaticano. Intervista col prof. Dalla Torre
Da domani, primo gennaio 2009, entra in vigore nello Stato della Città del Vaticano
la nuova legge sulle fonti del diritto. Il prof. Giuseppe Dalla Torre, presidente
del Tribunale del Vaticano, ci spiega di cosa si tratta in questa intervista di Sergio
Centofanti:
R. – E’ innanzitutto
una semplificazione rispetto alla legge del 1929; e poi, l’aspetto più importante
è il fatto che viene sostituito il richiamo al Codice civile del 1865 con il Codice
civile italiano del 1942. Questa è la novità di maggior rilievo. Fino adesso, in Vaticano,
abbiamo applicato le norme del Codice civile italiano del 1865 con crescente difficoltà
in relazione al fatto che la società oggi presenta profili nuovi, aspetti nuovi, e
il Codice del 1942, ovviamente, pur essendo ormai un Codice anzianotto, però è un
codice più moderno.
D. – Che cosa cambia, in concreto?
R.
– Mah … non è che cambi molto, perché in realtà il richiamo alla legislazione italiana
è sempre stato in via suppletiva. L’ordinamento vaticano ha sue leggi, ha sue norme,
non solo il Diritto canonico, anche se il Diritto canonico è sempre stato la fonte
principale: non è che oggi viene introdotto come fonte principale nell’ordinamento!
D.
– Alcuni giornali italiani ne hanno dato un’interpretazione “politica”, con sintesi
sbrigative del tipo: “Il Vaticano divorzia dalle leggi italiane: troppe, amorali e
illogiche”. Che dire?
R. – Guardi, direi che è una
bolla di sapone o è una notizia enfatizzata in fine d’anno, quando forse non ci sono
altre notizie da mettere in prima pagina. In realtà, si tratta di un’innovazione importante
per quanto riguarda l’aggiornamento, ma non così rilevante per quanto riguarda i contenuti
giuridici, perché il filtro alle leggi italiane c’è sempre stato, anche nella precedente
legge sulle fonti del 1929; e la legislazione italiana è sempre stata richiamata in
via suppletiva. I giornali dicono che da domani in poi non verrà più recepita la legislazione
italiana: ma questo non è mai stato! Il Vaticano – ripeto – ha sempre avuto un suo
ordinamento. Solo in casi particolari, a cominciare dai Codici, ha fatto riferimento
alla legge italiana. Cioè, si vuole vedere in un’innovazione che ha un carattere meramente
tecnico, giuridico, non politico, e comunque interno ad uno Stato sovrano, che ha
le sue leggi, un’interpretazione che va al di là – appunto – di questa operazione
strettamente legislativa.
D. – C’è qualcuno che ha
detto: “Si allarga il fossato tra le due sponde del Tevere” …
R.
– Ma non c’entra niente! Perché innanzitutto bisogna dire che essendo la Città del
Vaticano uno Stato indipendente e sovrano, può modificare tutte le sue leggi come
vuole; in secondo luogo, non vedo questo atteggiamento polemico nei confronti dell’ordinamento
italiano. Nel senso che, ripeto, anche nella precedente legge del 1929, il richiamo
alle norme italiane era in via suppletiva e sempre con un filtro del non contrasto
con l’ordinamento interno dello Stato vaticano con i principi e le norme del Diritto
canonico e con le disposizioni di diritto divino, naturale e positivo. Del resto,
questa è una cautela che hanno tutti gli ordinamenti degli Stati! Anche l’ordinamento
italiano, come quello di qualsiasi altro Stato, prevede dei filtri alla recezione
di norme di ordinamenti stranieri, perché evidentemente ogni Stato vuole cautelare
il proprio ordinamento giuridico dalla intromissione di valori che siano incompatibili
con i principi dell’ordinamento giuridico stesso.