Mons. Migliore traccia un bilancio dell'attività dell'Onu nel 2008
Calamità naturali, crisi economica mondiale ed emergenze alimentari hanno caratterizzato
gli sforzi dell’ONU nel 2008. Le sfide per il futuro sono adesso orientate agli obiettivi
del millennio per la lotta contro la povertà e la fame. Per un bilancio sulle attività
delle Nazioni Unite nel 2008, ascoltiamo il commento, al microfono di Amedeo Lomonaco,
dell’osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, mons. Celestino Migliore:
R. – Abbiamo
molto parlato di responsabilità di proteggere in Myanmar, nel Caucaso, nel Congo e
nel Darfur, ma anche della responsabilità del buon governo, di mantenere le promesse
e far seguire fatti alle parole: pensiamo alle questioni ambiente, crisi alimentare,
economica e finanziaria. Tuttavia, le ombre sembrano prevalere sulle luci e c’è da
sperare che si faccia strada il monito del Papa all’Onu, dell’aprile scorso, e cioè
che la responsabilità di proteggere e promuovere le popolazioni non è un rimedio alle
crisi ma una modalità di governo, di esercizio dell’autorità e del potere che previene
le crisi, le disinnesca perché si occupa del bene delle persone e non degli equilibri
di potere.
D. – E quali sono stati gli interventi
più significativi?
R. – Indubbiamente, lo sforzo
continuo di coinvolgere tutta la comunità internazionale e non solo un ristretto gruppo
di Paesi e di esperti, nel trovare una via d’uscita alla crisi finanziaria e alla
recessione economica. Poi, nonostante fatiche, disaccordi e a volte riottosità, l’Onu
ha mantenuto in cima alle priorità la risposta al cambiamento climatico, ha affrontato
al meglio le devastazioni delle calamità naturali in Myanmar e Haiti e la crisi alimentare;
nonostante le lentezze nella questione del Darfur, l’Onu ha mantenuto vivo l’accordo
di pace tra Nord e Sud Sudan e sta traghettando la questione del Kosovo con la diplomazia.
D.
– Cosa, invece, è mancato?
R. – E’ mancata la solita
buona volontà politica di operare in primo luogo per il bene delle popolazioni e di
accettare la cooperazione internazionale, laddove le situazioni sono ancora drammatiche,
come in questi giorni in Terra Santa, in Zimbabwe, in Somalia e nel Darfur …
D.
– Cosa fare allora perché la macchina dell’Onu funzioni meglio e con maggiore imparzialità?
R.
– Superare quella situazione di stallo che Papa Benedetto XVI ha recentemente lamentato
nell’assemblea generale dell’Onu, e cioè l’ovvio paradosso di un consenso multilaterale
che continua ad essere in crisi a causa della sua subordinazione alle decisioni di
pochi, mentre i problemi del mondo esigono interventi nella forma di azione collettiva
da parte della comunità internazionale.
D. – Recentemente,
c’è stata la proposta francese sulla depenalizzazione dell’omosessualità. La Santa
Sede ha ribadito il suo sostegno alla depenalizzazione, ma ha sottolineato come la
proposta vada ben oltre questa intenzione, puntando ad omologare ogni orientamento
sessuale generando quindi incertezza giuridica. La proposta è stata sostenuta da una
sessantina di Stati sui 192 Paesi rappresentati all’Onu. Come commentare questo dato?
R.
– E’ con soddisfazione che ho raccolto da molti rappresentanti permanenti una eco
positiva alla posizione della Santa Sede: è giudicata ragionevole e ispirata al buon
senso. La stessa configurazione delle posizioni espresse o non espresse nell’ambito
dell’Assemblea generale, e cioè 66 in favore della dichiarazione dell’Unione Europea,
58 a favore della controdichiarazione presentata dalla Siria e 68 astenuti, beh, questa
configurazione ci dice che l’argomento va ancora discusso con calma, trasparenza,
rispetto reciproco e molto buon senso.
D. – Anche
sulla pena di morte c’è divisione …
R. – Sì, ed è
un vero peccato, perché l’abolizione della pena di morte costituisce una tappa importante
della umanizzazione della società globale. Tuttavia, la cosa non sorprende perché
le ragioni che generalmente si portano per mettere fine alla pena capitale, non sono
quelle adeguate per giungere ad una decisione rapida e piena. Si insiste quasi unilateralmente
sulla intoccabilità della vita, nel caso specifico della sentenza di morte, e si esita
– o addirittura, si è contrari – ad estendere lo stesso principio a tutte le fasi
della vita, che per alcuni riguardano il diritto di nascere, per altri il diritto
alla sopravvivenza.
D. – Quali le sue speranze per
il 2009?
R. – Che prevalgano ragione e buon senso
in chi deve prendere decisioni, in chi ha la responsabilità di governare, proteggere
e promuovere, così come in tutti coloro che informano e formano le menti e le coscienze
dei nostri contemporanei.