Tre giorni di offensiva israeliana a Gaza. Continuano i lanci di razzi palestinesi
Continua ormai da tre giorni la violenta offensiva israeliana nella Striscia di Gaza
contro le postazioni dei fondamentalisti palestinesi di Hamas. Almeno 300, sinora,
i morti e 800 i feriti, molti di questi civili. Anche nelle ultime ore la cronaca
riporta notizie di nuovi attacchi israeliani, mentre il mondo arabo appare spaccato
sulla posizione da prendere nella situazione che, per ora, sembra senza via d’uscita.
Ci riferisce Graziano Motta:
L’operazione
israeliana sembra quindi solamente all’inizio e la situazione sul terreno si presenta
in piena evoluzione. Ma cosa c’è da aspettarsi nelle prossime ore? Marco Guerra lo
ha chiesto Camille Eid, giornalista di Avvenire esperto di questioni mediorientali: R.
- C’è da aspettarsi di tutto, con questa concentrazione di truppe terrestri: Israele
non esclude, ovviamente, l’opzione terrestre, ma tutti i politici in Israele, Barak
compreso, si rendono conto che avrà un prezzo, questa operazione. Nel senso che Hamas
è molto più armata rispetto a due anni fa e quindi si rischia di vedere ripetersi
l’esperienza della guerra israeliana nel sud del Libano dell’estate del 2006, con
tante perdite israeliane e ovviamente tante perdite palestinesi.
D. - Benché
annunciato, un attacco di queste proporzioni ha sorpreso sia Hamas sia i mediatori
internazionali. Quali conseguenze ci saranno sul piano diplomatico?
R.
- Ovviamente, lo stop del processo di pace, che era già di per sé bloccato: con la
presenza di due governi palestinesi, i negoziati tra palestinesi ed israeliani erano
ad un punto morto già da qualche mese. Questa nuova operazione militare potrebbe rilanciare
se mai le trattative, i negoziati tra tutte le parti del Medio Oriente, e non solamente
tra palestinesi ed israeliani, ma c’è anche un periodo morto rappresentato da questo
passaggio di poteri tra l’amministrazione di George Bush e quella prossima di Barack
Obama.
D. - Qual è la posizione dell’Autorità nazionale palestinese, e
come ne esce da questa crisi?
R. - Ufficialmente, l’Autorità nazionale
palestinese - il governo di Ramallah, per intenderci - è in stato di lutto: le bandiere
sono ammainate e quindi ci sono scioperi e proteste in tutto il territorio della Cisgiordania.
Ma, sul piano politico, sappiamo che l’Anp contesta il potere di Hamas sulla striscia
di Gaza, che va avanti da quello che chiamano il “golpe” del giugno 2007. L’Autorità
guidata da Abu Mazen attribuisce una parte di responsabilità a Hamas che, oltretutto,
il 18 dicembre scorso ha messo fine a quella che veniva definita “tregua” tra il governo
di Hamas e Israele.
D. - I gruppi radicali vicini ad Hamas hanno giurato
vendetta. C’è il rischio concreto di una terza Intifada?
R. - Chiamarla
“terza Intifada” forse è un po’ troppo: Hamas ha usato questo termine per chiedere
un sollevamento della popolazione della Cisgiordania contro gli israeliani. Finora
non ci sono elementi per chiamarla Intifada. Certo, c’è uno stato di rabbia che pervade
non solo i Territori palestinesi ma anche tutte le capitali arabe e anche qualche
capitale islamica. Ci si aspetta una reazione molto forte dal punto di vista politico
più che militare, per il momento.
D. - Secondo il ministro degli Esteri
egiziano, Hamas non ha consentito ai feriti palestinesi di attraversare i valichi.
Come si può intervenire per alleviare l’emergenza umanitaria?
R. - Sarà
un po’ dura, perché l’Egitto viene accusato di aver dato manforte a Israele nel mantenere
questo blocco contro la striscia di Gaza: il valico di Rafah - accusano i responsabili
di Hamas - è stato chiuso grazie anche alla collaborazione egiziana e quindi decidere
di aprire questo valico adesso per permettere l’evacuazione dei feriti sembra ben
poco ai leader di Hamas. Magari chiedono qualcosa di più: una solidarietà molto più
marcata da parte dell’Egitto che è il più grande Paese arabo e soprattutto che è un
Paese che mantiene rapporti diplomatici con Israele da moltissimi anni.
Forti
le reazioni da tutto il mondo per fermare le operazioni israeliane nella Striscia
di Gaza. Tra tutte, quella del segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, che profondamente
turbato per il bagno di sangue che sta avvenendo a Gaza, ha rivolto un appello per
la “sospensione immediata” degli attacchi. Sulle altre reazioni, il servizio di Elena
Molinari: