MO: ancora raid isareliani contro Hamas. Si prepara anche l'offensiva di terra.
Continua la durissima offensiva aerea israeliana cnella striscia di Gaza.Stasera colpiti
anche i tunnel al confine con l’Egitto frontiera dove molti palestinesi si ammassano
per tentare la fuga. Sussiste comunque ancora la minaccia di una occupazione di terra
da parte israeliana . Tante le reazioni:l’Iran chiede ai musulmani il sostegno per
Gaza, la Siria si appella all'Onu perchè cessino le violenze e interrompe i negoziati
di pace con Israele, l’Anp e l’Egitto premono perché gli integralisti accettino un
accordo.Intanto nuovi appelli allo stop delle violenze, vengono dal consiglio di sicurezza
dell’Onu dalla Russia e dall’Europa. Il servizio di Graziano Motta 00:01:30:89
L’operazione israeliana sembra quindi solamente all’inizio e la situazione
sul terreno si presenta in piena evoluzione. Ma cosa c’è da aspettarsi nelle prossime
ore? Marco Guerra lo ha chiesto Camille Eid, giornalista di Avvenire
esperto di questioni mediorientali:
R.
- C’è da aspettarsi di tutto, con questa concentrazione di truppe terrestri: Israele
non esclude, ovviamente, l’opzione terrestre, ma tutti i politici in Israele, Barak
compreso, si rendono conto che avrà un prezzo, questa operazione. Nel senso che Hamas
è molto più armata rispetto a due anni fa e quindi si rischia di vedere ripetersi
l’esperienza della guerra israeliana nel sud del Libano dell’estate del 2006, con
tante perdite israeliane e ovviamente tante perdite palestinesi.
D.
- Benché annunciato, un attacco di queste proporzioni ha sorpreso sia Hamas sia i
mediatori internazionali. Quali conseguenze ci saranno sul piano diplomatico?
R.
- Ovviamente, lo stop del processo di pace, che era già di per sé bloccato: con la
presenza di due governi palestinesi, i negoziati tra palestinesi ed israeliani erano
ad un punto morto già da qualche mese. Questa nuova operazione militare potrebbe rilanciare
se mai le trattative, i negoziati tra tutte le parti del Medio Oriente, e non solamente
tra palestinesi ed israeliani, ma c’è anche un periodo morto rappresentato da questo
passaggio di poteri tra l’amministrazione di George Bush e quella prossima di Barack
Obama.
D. - Qual è la posizione dell’Autorità nazionale
palestinese, e come ne esce da questa crisi?
R. - Ufficialmente,
l’Autorità nazionale palestinese - il governo di Ramallah, per intenderci - è in stato
di lutto: le bandiere sono ammainate e quindi ci sono scioperi e proteste in tutto
il territorio della Cisgiordania. Ma, sul piano politico, sappiamo che l’Anp contesta
il potere di Hamas sulla striscia di Gaza, che va avanti da quello che chiamano il
“golpe” del giugno 2007. L’Autorità guidata da Abu Mazen attribuisce una parte di
responsabilità a Hamas che, oltretutto, il 18 dicembre scorso ha messo fine a quella
che veniva definita “tregua” tra il governo di Hamas e Israele.
D.
- I gruppi radicali vicini ad Hamas hanno giurato vendetta. C’è il rischio concreto
di una terza Intifada?
R. - Chiamarla “terza Intifada”
forse è un po’ troppo: Hamas ha usato questo termine per chiedere un sollevamento
della popolazione della Cisgiordania contro gli israeliani. Finora non ci sono elementi
per chiamarla Intifada. Certo, c’è uno stato di rabbia che pervade non solo i Territori
palestinesi ma anche tutte le capitali arabe e anche qualche capitale islamica. Ci
si aspetta una reazione molto forte dal punto di vista politico più che militare,
per il momento.
D. - Secondo il ministro degli Esteri
egiziano, Hamas non ha consentito ai feriti palestinesi di attraversare i valichi.
Come si può intervenire per alleviare l’emergenza umanitaria?
R.
- Sarà un po’ dura, perché l’Egitto viene accusato di aver dato manforte a Israele
nel mantenere questo blocco contro la striscia di Gaza: il valico di Rafah - accusano
i responsabili di Hamas - è stato chiuso grazie anche alla collaborazione egiziana
e quindi decidere di aprire questo valico adesso per permettere l’evacuazione dei
feriti sembra ben poco ai leader di Hamas. Magari chiedono qualcosa di più: una solidarietà
molto più marcata da parte dell’Egitto che è il più grande Paese arabo e soprattutto
che è un Paese che mantiene rapporti diplomatici con Israele da moltissimi anni.