Il cardinale Tettamanzi: di fronte alla crisi rilanciare solidarietà e responsabilità
Un milione di euro per integrare il reddito dei disoccupati, dei cassintegrati e dei
lavoratori per i quali si profila il licenziamento. E’ il fondo, annunciato dall’arcivescovo
di Milano cardinale Dionigi Tettamanzi durante la Messa di Natale, per aiutare le
famiglie dell’arcidiocesi ambrosiana, la più grande del mondo. Si tratta di un territorio
molto colpito dalla crisi economica, con 180 mila persone che rischiano di perdere
il posto di lavoro. “Il Natale – ha detto il porporato - ci chiama ad uno slancio
rinnovato, ad un supplemento speciale di fraternità e solidarietà”. Ad uno slancio
che possa poi essere seguito anche da altre iniziative, come sottolinea al microfono
di Amedeo Lomonaco lo stesso cardinale Dionigi Tettamanzi:
R. – In occasione
di questo Natale, ho voluto – in rapporto alla crisi finanziaria ed economica che
si sta profilando e sta ricadendo in particolare sulle famiglie, anche da noi, anche
a Milano – ho voluto scegliere come campo di riferimento il campo delle famiglie,
in particolare di quelle famiglie nelle quali un membro finisce per perdere il posto
di lavoro. Questo fondo è come un “la” che vorrebbe poi dar vita ad un concerto che
coinvolge la responsabilità di ciascuno e la responsabilità di tutte le comunità parrocchiali
della diocesi e degli uomini di buona volontà.
D.
– Proprio per promuovere questa sinfonia solidale, oltre allo stanziamento del fondo
sono previste, eminenza, altre iniziative per rispondere all’avanzata della crisi
economica?
R. – E’ chiaro che le possibilità o le
responsabilità per venire incontro alle situazioni di povertà sono davvero numerose,
sto pensando alle Caritas, alle Acli … Però tutto questo evidentemente è uno scenario
che è chiamato ad aprirsi il più possibile e a fare riferimento, davvero, a tutte
le risorse che sono in gioco: quindi le istituzioni amministrative, gli industriali,
tutte quelle persone che in un modo o in un altro hanno davvero la possibilità di
sapere offrire, proprio per venire incontro alle situazioni di povertà. In questo
senso, l’appello mio vuole essere un appello a ritornare ad una santa sobrietà che
io chiamo “questione di giustizia” prima ancora che questione di virtù.
D.
– A quale rivoluzione interiore dobbiamo allora affidarci per riscoprire in questo
tempo la via della sobrietà?
R. – Il riferimento
è a Gesù Cristo. A Gesù Cristo che crea dei legami profondi tra di noi proprio grazie
alla sua presenza nell’Eucaristia. La rivoluzione interiore è data appunto dalla imitazione
di Cristo, dalla partecipazione al suo amore, che è un amore che riceve dal Padre
e come tale si vuole rendere visibile e concreto presso tutti gli uomini.
D.
– Nel messaggio natalizio, il Santo Padre ha auspicato che il Natale possa essere
occasione di più grande solidarietà tra le famiglie. Come far crescere ancor di più
in Italia e in tutti gli ambiti anche della vita sociale e politica, il seme della
solidarietà?
R. – La Chiesa vede la famiglia come
piccola espressione di se stessa, nello stesso tempo come cellula fondamentale della
società, sicché il valore di solidarietà come valore fondamentale della vita di relazione
e dunque della vita della società, trova il suo germe e la sua forza di crescita decisamente
nello stile di vita che le famiglie sanno avere e in particolare al quale sanno educare
i loro figli.
D. – Quali luci servono oggi per rischiarare
quella che il Papa ha definito “la cara nazione italiana”?
R.
– Il recupero di ciò che è tipico della nostra nazione, ossia le sue radici tipicamente
cristiane; un recupero che significa trovare proprio in queste radici l’energia, il
dinamismo, la voglia di farle fiorire e maturare nei gesti di un’autentica fraternità,
che esprime il rispetto di ogni essere umano e pertanto dare la possibilità ad ogni
vita di svilupparsi secondo quei talenti, quelle responsabilità che Dio Creatore e
Padre mette nel cuore di ogni uomo e ogni donna.
D.
– A proposito di rispetto, di accoglienza, questi ultimi due giorni sono stati segnati
in Italia dallo sbarco a Lampedusa di oltre mille immigrati e dal rogo in una baracca
ad Ostia costato la vita ad una madre e al suo piccolo. Cosa si può e si deve fare?
R.
– Occorre richiamare alla coscienza di ciascuno che un qualche cosa può essere fatto,
magari di piccolo, di piccolissimo, ma ciò che può essere fatto da ciascuno di noi
non può essere delegato ad altri, non può essere trasferito alla responsabilità delle
istituzioni. Cominciando a camminare su questa strada così personale ma anche così
coinvolgente ed esigente, io penso che non sarà difficile poi dar vita ad una rete
di solidarietà e quindi dar vita ad un impegno anche delle istituzioni pubbliche perché
non soltanto a livello nazionale problemi così grossi possano essere insieme affrontati
e, proprio per questo, anche risolti.
D. – Eminenza,
come giudica il 2008 e cosa si augura per il prossimo anno?
R.
– Iniziamo l’anno nuovo sempre ricordando la benedizione di Dio sui popoli: la benedizione
di Dio è come una carezza che non manca mai. E allora, io non so se il 2008 sia migliore
dell’anno che inizieremo tra pochi giorni; l’augurio mio è che questa carezza sia
sentita come una realtà viva, presente. Quindi è l’augurio che rinasca la fede e con
la fede la consapevolezza, lucida e gioiosa, che non siamo soli, che non siamo abbandonati
ma siamo sempre presi per mano e accompagnati su quel cammino che conduce tutti e
ciascuno di noi a quella meta di felicità piena che noi possiamo trovare soltanto
nel cuore paterno di Dio.