Inaugurata a Roma la Mostra “Michelangelo giovane, il crocifisso ritrovato”
Inaugurata oggi a Roma, presso la Camera dei Deputati, la Mostra “Michelangelo giovane,
il crocifisso ritrovato”. Al centro dell’iniziativa è il crocifisso ligneo attribuito
dagli esperti al Buonarroti, mostrato al Santo Padre lo scorso 13 dicembre durante
la visita all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede; l’opera resterà in mostra
nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio fino al 23 gennaio prossimo. Presente
all’inaugurazione anche il direttore dei Musei Vaticani, il prof. Antonio Paolucci
che, al microfono di Antonella Palermo, commenta le incertezze sull’attribuzione
dell’opera al grande artista rinascimentale:
R. - Si tratta,
in ogni caso, di un’opera di grandissima qualità. Se non è di Michelangelo, di chi
può essere? Una volta Federico Zeri, che fu il primo a conoscerla, fece una battuta
che è rimasta proverbiale: “Se non è di Michelangelo e di Dio”.
D.
- Come si esprime nella fattispecie questa altissima qualità?
R.
- Si esprime in una conoscenza vertiginosamente perfetta, incredibilmente perfetta
dell’anatomia umana. Noi sappiamo che il giovanissimo Michelangelo, a Firenze - quindi
diciassettenne, diciottenne - frequentava, con il permesso del rettore, il convento
agostiniano di Santo Spirito a Firenze, dove si praticava l’anatomia che era formalmente
proibita. Ma Michelangelo - lo sappiamo da tutta la sua lunghissima produzione - aveva
come unico ed esclusivo mezzo espressivo, il corpo umano. Non gli interessava nient’altro,
non il paesaggio, non il contesto, ma la terribile eloquenza dell’anatomia umana.
Quando c’è stata la visita formale del Papa, nell’ambasciata di Italia presso la Santa
Sede, il Santo Padre si è fermato a lungo di fronte a questa scultura, parlava con
me, con i miei colleghi intorno a lui, e non sarebbe mai andato via, sarebbe rimasto
lì a discutere della spiritualità del corpo umano - di come Michelangelo lo ha affrontato
- un tema che lui, da filosofo, da teologo, sente molto, quello cioè della valenza
sacra che ha l’immagine dell’uomo fatto a sua immagine e somiglianza.
D.
- Rispetto a tante altre rappresentazioni di Gesù crocifisso, perché questa la colpisce
in modo particolare?
R. - Perché, se l’attribuzione
è giusta - come io credo ma naturalmente non c’è la certezza - si tratterebbe della
prima testimonianza conosciuta di un uomo, Michelangelo Buonarroti, che è stato un
vero e proprio teologo cristiano, uno dei più grandi e lo dimostra la sua teologia
attraverso il corpo umano. Pensiamo al Giudizio Universale della Sistina e non c’è
chi non capisca questo ruolo terribilmente moderno, in un certo senso, di Michelangelo.