Il Papa alla Curia: la Gmg e il Sinodo, segni dello Spirito Santo nel 2008. Dio ha
creato l'uomo e la donna, la Chiesa difenda questa verità
Lo Spirito Santo che Cristo ha donato alla Chiesa ha mostrato nell’ultimo anno una
visibile “Pentecoste”, in particolare attraverso la Gmg di Sydney e il Sinodo dei
Vescovi sulla Parola di Dio. Nel tradizionale discorso alla Curia romana per gli auguri
di Natale, Benedetto XVI ha analizzato in profondità questi e altri eventi che hanno
caratterizzato la sua missione e quella della Chiesa nel 2008. Il Papa si è soffermato
anche sul bisogno di una “ecologia dell’uomo”, che rispetti cioè la natura dell’essere
umano così come creato da Dio - uomo e donna - rispetto al disprezzo indotto da chi
vorrebbe imporre l’idea di un “genere” staccato dalla verità della Creazione. Il servizio
di Alessandro De Carolis:
Quando Cristo
fondò la Chiesa, le affidò la responsabilità di annunciare al mondo il Vangelo e,
con esso, lo Spirito che illumina le parole di Dio e la gioia che ne scaturisce dal
viverle. Questa responsabilità non è cambiata in duemila anni e Benedetto XVI l’ha
rilanciata al termine del suo lungo e intenso discorso col quale ha voluto riflettere
sulle implicazioni spirituali indotte dagli avvenimenti ecclesiali del 2008. Una riflessione
essenzialmente imperniata sullo Spirito Santo, ma impostata a partire da quegli eventi
che dello Spirito Santo, e dei suoi doni di armonia e gioia, sono stati testimonianza
di eccellenza negli ultimi 12 mesi. “L’anno che sta per concludersi è stato ricco
di sguardi retrospettivi su date incisive della storia recente della Chiesa”, ha introdotto
il Papa ricordando per sommi capi i 40 anni della pubblicazione dell’enciclica Humanae
vitae e i 30 anni dalla morte del suo autore, Paolo VI, oltre all’avvio dell’Anno
Paolino e i viaggi apostolici negli Stati Uniti e in Francia. Ma l’attenzione del
Pontefice si è puntata soprattutto sulla Giornata mondiale della gioventù di Sydney,
celebrata in luglio, e il Sinodo dei vescovi, dello scorso ottobre.
Il
“fenomeno” Gmg, ha osservato Benedetto XVI, “è oggetto di analisi” ripetute, che si
sforzano di capire la cosiddetta “cultura giovanile”:
“Analisi
in voga tendono a considerare queste giornate come una variante della moderna cultura
giovanile, come una specie di festival rock modificato in senso ecclesiale con il
Papa quale star. Con o senza la fede, questi festival sarebbero in fondo sempre la
stessa cosa, e così si pensa di poter rimuovere la questione su Dio. Ci sono anche
voci cattoliche che vanno in questa direzione valutando tutto ciò come un grande spettacolo,
anche bello, ma di poco significato per la questione sulla fede e sulla presenza del
Vangelo nel nostro tempo. Sarebbero momenti di una festosa estasi, che però in fin
dei conti lascerebbero poi tutto come prima, senza influire in modo più profondo sulla
vita”.
Tuttavia, ha proseguito il Papa, c’è un
elemento che non torna in questa analisi: quello della gioia, del “tipo” di gioia
che si è respirato a Sydney così diverso da quello di un qualsiasi concerto rock.
I 200 mila giovani di Sydney non hanno disturbato la città, non hanno causato violenza,
il loro non è stato un droga-party. Questo perché la loro è stata una festa cominciata
da lontano, un cammino di fede, che ha avuto come fulcro una Croce:
“In
Australia non per caso la lunga Via Crucis attraverso la città è diventata l’evento
culminante di quelle giornate. Essa riassumeva ancora una volta tutto ciò che era
accaduto negli anni precedenti ed indicava Colui che riunisce insieme tutti noi: quel
Dio che ci ama sino alla Croce. Così anche il Papa non è la star intorno alla quale
gira il tutto. Egli è totalmente e solamente Vicario. Rimanda all’Altro che sta in
mezzo a noi”.
La “star” della Gmg, dunque, è
Cristo stesso e il suo Spirito che il Pontefice ha definito una “forza creatrice di
comunione”. “Lui è presente. Lui entra in mezzo a noi – ha detto in crescendo Benedetto
XVI - È squarciato il cielo e questo rende luminosa la terra. È questo che rende lieta
e aperta la vita e unisce gli uni con gli altri in una gioia che non è paragonabile
con l’estasi di un festival rock”:
“Si formano
delle amicizie che incoraggiano ad uno stile di vita diverso e lo sostengono dal di
dentro. Le grandi Giornate hanno, non da ultimo, lo scopo di suscitare tali amicizie
e di far sorgere in questo modo nel mondo luoghi di vita nella fede, che sono insieme
luoghi di speranza e di carità vissuta”.
Anche
il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio ha manifestato questo profondo legame tra
la Bibbia e lo Spirito Santo. L’assise sinodale ha dimostrato che, sebbene “incompiuta”,
“nella Chiesa c’è una Pentecoste anche oggi”, ha riconosciuto il Pontefice, ringraziando
ancora una volta i contributi portati al Sinodo dal Rabbino Cohen e dal Patriarca
ortodosso ecumenico, Bartolomeo I:
“Abbiamo capito
che, certamente, gli scritti biblici sono stati redatti in determinate epoche e quindi
costituiscono in questo senso anzitutto un libro proveniente da un tempo passato.
Ma abbiamo visto che il loro messaggio non rimane nel passato né può essere rinchiuso
in esso: Dio, in fondo, parla sempre al presente, e avremo ascoltato la Bibbia in
maniera piena solo quando avremo scoperto questo 'presente' di Dio, che ci chiama
ora”.
Lo Spirito Santo nella testimonianza di
vita, come in una Gmg; lo Spirito Santo nella Sacra Scrittura, che ne porta il “soffio”.
Attorno a questo tema, Benedetto XVI ha sviluppato la riflessione nella seconda parte
del suo discorso alla Curia. Quattro, ha detto, sono le dimensioni del tema ‘Spirito
Santo’. La prima è quella che parla della Creazione e della sua “struttura intelligente”,
che proviene dallo “Spirito creatore di Dio”. Un’intelligenza di tipo matematico,
che l’uomo, dotato di Spirito, è in grado di comprendere. E dunque:
“Nella
fede circa la creazione sta il fondamento ultimo della nostra responsabilità verso
la terra. Essa non è semplicemente nostra proprietà che possiamo sfruttare secondo
i nostri interessi e desideri. È piuttosto dono del Creatore che ne ha disegnato gli
ordinamenti intrinseci e con ciò ci ha dato i segnali orientativi a cui attenerci
come amministratori della sua creazione”.
Di
qui, l’“orientamento etico” che ne deriva e che investe direttamente l’uomo. La Chiesa,
ha rimarcato Benedetto XVI, ha la responsabilità di far valere “in pubblico” tanto
la difesa dell’acqua e dell’aria, tanto la difesa dell’uomo “dalla distruzione di
se stesso”: da quelle forze cioè che vorrebbero violare l’ordine di Dio sull’essenza
della natura umana, stabilita come uomo e donna:
“Ciò
che spesso viene espresso ed inteso con il termine 'gender', si risolve in definitiva
nella autoemancipazione dell’uomo dal creato e dal Creatore. L’uomo vuole farsi da
solo e disporre sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda. Ma in questo
modo vive contro la verità, vive contro lo Spirito creatore. Le foreste tropicali
meritano, sì, la nostra protezione, ma non la merita meno l’uomo come creatura, nella
quale è iscritto un messaggio che non significa contraddizione della nostra libertà,
ma la sua condizione”.
In fondo, ha commentato
il Papa, l’Humanae vitae di Paolo VI voleva proprio questo: difendere “l’amore
contro la sessualità come consumo, il futuro contro la pretesa esclusiva del presente
e la natura dell’uomo contro la sua manipolazione”.
Delle
altre tre dimensioni dello Spirito, il Pontefice ha messo in rilievo di come Egli
parli anche oggi “con parole umane” attraverso le parole di Gesù, il quale è quindi
inseparabile dallo Spirito, il quale a sua volta è strettamente connesso alla Chiesa,
che di Gesù è il Corpo sulla terra. La Chiesa ha la missione di annunciare e testimoniare
tutto ciò, ha concluso Benedetto XVI. Ponendo l’accento sulla gioia tipicamente cristiana
che deve accompagnare questa missione nel mondo:
“Parte
integrante della festa è la gioia. La festa si può organizzare, la gioia no. Essa
può soltanto essere offerta in dono (…) La gioia è il dono nel quale tutti gli altri
doni sono riassunti. Essa è l’espressione della felicità, dell’essere in armonia con
se stessi, ciò che può derivare solo dall’essere in armonia con Dio e con la sua creazione.
Fa parte della natura della gioia l’irradiarsi, il doversi comunicare. Lo spirito
missionario della Chiesa non è altro che l’impulso di comunicare la gioia che ci è
stata donata. Che essa sia sempre viva in noi e quindi s’irradi sul mondo nelle sue
tribolazioni: tale è il mio auspicio alla fine di quest’anno”.