2008-12-22 15:17:09

Hamas annuncia una tregua di 24 ore


Si apre una possibilità di trattativa nella spirale violenza in cui sono ripiombati Israele e Gaza dopo la fine del 'cessate il fuoco', annunciata da parte di Hamas. Stamani Hamas ha accettato una tregua di 24 ore proposta dai mediatori egiziani. Tuttavia sul terreno la tensione resta altissima: nonostante l'annuncio della tregua un razzo Qassam è caduto oggi nel Neghev senza causare vittime. L'aviazione israeliana aveva attaccato poco prima una postazione missilistica nei pressi di Gaza City. Il punto della situazione nel servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

Per le prossime 24 ore Hamas e gli altri gruppi armati palestinesi di Gaza porranno fine al lancio di missili sul territorio Israeliano. Il breve 'cessate il fuoco' è stato raggiunto in mattinata grazie alla mediazione dell’Egitto. Tregua che arriva a tre giorni dalla ripresa delle violenze e proprio mentre la situazione sembrava precipitare e si rincorrevano voci su un imminente intervento terrestre su vasta scala dell’Esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Solo ieri più di venti razzi sono caduti in territorio israeliano, mentre l’aviazione dello Stato ebraico ha distrutto quattro postazioni missilistiche dei miliziani palestinesi, provocando il ferimento di almeno quattro persone, tra cui un bambino. Tel Aviv ha quindi avvertito il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che reagirà duramente e militarmente qualora non dovesse cessare la pioggia di razzi dalla Striscia di Gaza. Ad alimentare le 'voci' di un ampio intervento militare è stata anche l’indiscrezione della Radio pubblica israeliana, secondo cui, il ministro degli Esteri Livni intende convocare gli ambasciatori accreditati per informarli della gravità della situazione. E poco prima della sospensione delle ostilità si era registrata anche la dura risposta di Hamas, che non ha esitato ad agitare lo spettro di nuove incursioni suicide nelle città israeliane.

 
Afghanistan
Non si ferma la violenza in Afghanistan. Almeno tre civili sono morti e altri cinque sono rimasti feriti a Ghazni, nel sud del Paese, in un attentato condotto da due kamikaze. Vittime anche tra le truppe della coalizione internazionale: un soldato britannico è stato ucciso da un'esplosione nella provincia di Helmand. Sale così a sette il numero dei militari britannici uccisi in Afghanistan negli ultimi otto giorni. Si registra, infine, la visita a sorpresa alle truppe italiane di stanza ad Herat del presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Iraq
È previsto per oggi il voto del Parlamento iracheno sulla permanenza delle truppe straniere non americane oltre il mandato delle Nazioni Unite, che scade il prossimo 31 dicembre. Il voto, che è stato ritardato di qualche ora per consentire gli interventi di alcuni parlamentari, riguarderà le truppe britanniche e australiane, mentre un accordo separato fra Iraq e Stati Uniti prevede la permanenza di una parte del contingente americano fino al 2011. Si apre, invece, il 31 dicembre il processo contro Muntazer al Zeidi, il giornalista iracheno che la scorsa domenica ha lanciato le proprie scarpe contro il presidente George Bush.

Iran
Atto grave di intimidazione del Governo iraniano nei confronti della premio Nobel per la pace, Shirin Ebadi. La Polizia ha chiuso l'ufficio a Teheran della sua associazione, il Circolo dei difensori dei diritti umani, dove doveva tenersi una celebrazione del 60.mo anniversario della Dichiarazione dei diritti dell'uomo. La motivazione ufficiale è che il Circolo agiva come un partito politico senza essere autorizzato dal competente ministero. La misura adottata dal Governo iraniano ha avuto grande risonanza a livello internazionale. Sulla attuale situazione della libertà di espressione e dei diritti umani in Iran, Stefano Leszczynski ha intervistato il giornalista di origini iraniane Ahmad Rafat:RealAudioMP3

R. – Negli ultimi mesi il Governo del presidente Ahmadinejad, dopo aver chiuso giornali, sindacati, associazioni studentesche, ha cominciato ad attaccare le organizzazioni che si occupano dei diritti umani. Prima ha chiuso il centro dei diritti umani del Kurdistan, arrestandone il fondatore e il direttore, condannandolo a 10 anni di carcere, e poi ha chiuso l’associazione di Shirin Ebadi, che del resto era già stata dichiarata illegale due anni fa.

 
D. – Una delle ultime denunce che arrivavano dalla Ebadi era questo ricorso in aumento alla pena di morte in Iran...

 
R. – Effettivamente, proprio qualche ora prima della chiusura del Centro fondato dalla signora Ebadi, sono state indicate cinque persone, due accusate di traffico di droga e due di aver violentato dei ragazzini, ma il quinto era un religioso, autore di libri di 500, 600 pagine, che è stato impiccato per le sue idee. Pertanto, è vero che il principale problema del Paese oggi è questo uso frequente di condanne a morte ed esecuzioni, soprattutto dei minori.

 
D. – Quello che sorprende è che gran parte della popolazione riesca a reagire con una vivacità intellettuale molto forte. Come mai, tuttavia, non si riesce ad avere una sufficiente pressione internazionale per cercare di far cambiare la linea politica dell’Iran?

 
R. – Credo che le continue proteste verbali, cioè comunicati, risoluzioni, non servano più, nel senso che il Governo iraniano interpreta questa cosa come una protesta molto formale e pertanto va avanti per la sua strada. Gran parte degli iraniani, però, non riescono a capire a cosa sia dovuta questa ampia e profonda collaborazione economica dell’Occidente con il Governo Ahmadinejad, e lo interpretano come un appoggio indiretto all'Esecutivo, e si muovono con maggiore cautela perché non vogliono provocare uno scontro internazionale.

 
Pakistan
È di almeno sette morti il bilancio di un sospetto raid missilistico statunitense su una zona tribale del Pakistan. Secondo quanto indicato da fonti dell'intelligence di Islamabad, un drone spia ha sganciato due missili nel Sud Waziristan: il primo ha colpito la zona di Kari Khel, "distruggendo un veicolo con tre persone a bordo, tutti talebani locali". Un secondo veicolo, con quattro persone a bordo è andato distrutto nella zona di Sheen Warsak.

Russia
In Russia, via libera definitivo del Consiglio della federazione, il ramo alto del Parlamento, all’estensione da quattro a sei anni del mandato presidenziale e da quattro a cinque quello parlamentare. Il provvedimento diventerà legge con la firma del presidente, Dmitry Medvedev, e sarà applicata a partire dalle presidenziali del 2012. La riforma costituzionale è stata sostenuta dallo stesso Medvedev, che l'aveva motivata con l'estensione geografica e la complessità del Paese. Molti però ritengono che dietro vi sia un disegno per riportare al Cremlino, Vladimir Putin, ora primo ministro, il quale non ha escluso questa eventualità ma solo dopo la scadenza del mandato del suo delfino Medvedev.

Russia – Ucraina
A causa dei contrasti con l'Ucraina, la Russia non esclude che l’Europa possa avere problemi con le forniture di gas. E quanto viene annunciato in una nota del Governo russo. Gazprom sostiene di vantare un credito di 1,8 miliardi di euro con la Compagnia di Stato ucraina Naftogaz e minaccia forti aumenti di prezzo del gas consegnato a Kiev o un taglio delle forniture.
 
Zimbabwe
Gli Stati Uniti non sostengono più l'accordo per la condivisione del potere tra il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe e l'opposizione, perché – secondo la Casa Bianca – un governo di unità nazionale funzionante non è realizzabile con Mugabe al potere. Ieri proprio il contestato capo dello Stato ha evidenziato davanti ai suoi fedelissimi di non volersi mai arrendere a nessuno. Giulio Albanese:RealAudioMP3

Mentre lo Zimbabwe è in preda ad una disastrosa crisi economica e il colera imperversa a dismisura, ieri il presidente Robert Mugabe ha sfidato chiunque intenda chiedere le sue dimissioni, giurando di fronte ai suoi fedelissimi di non volersi arrendere mai a nessuno. Parlando al Congresso annuale del suo partito lo Zanu PF, Mugabe ha poi lasciato intendere di essere favorevole a nuove elezioni, invitando il suo partito all’unità per non ripetere la sconfitta elettorale del marzo scorso. Intanto ieri gli Stati Uniti, considerato lo stallo politico istituzionale in cui versa lo Zimbabwe, hanno deciso di non sostenere più l’accordo per la condivisione del potere tra Mugabe e l’opposizione, perché secondo la Casa Bianca un governo di unità nazionale funzionante, alla prova dei fatti, non è possibile con Mugabe al potere. A riferire del cambiamento nella politica statunitense nei confronti dello Zimbabwe è stata Jendayi Frazer, assistente e segretario di Stato americano per gli Affari africani nel corso di una tavola rotonda con i giornalisti a Pretoria. Le sue dichiarazioni seguono i ripetuti appelli di leader internazionali al presidente Mugabe, perché lasci il potere. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
 
 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 357

 
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