Il Papa a 11 nuovi ambasciatori presso la Santa Sede: senza giustizia non si costruisce
la pace. Appello contro l'eutanasia e per il dialogo tra cristiani e islamici
La pace mondiale ha bisogno di poggiare sulla base della giustizia e di una rinnovata
etica del dialogo, specie in un momento di instabilità come l’attuale, provocato dalla
crisi economica globale. E’ la visione che Benedetto XVI ha offerto al gruppo di undici
nuovi ambasciatori presso la Santa Sede ricevuti in udienza questa mattina, in rappresentanza
degli Stati di Malawi, Svezia, Sierra Leone, Islanda, Lussemburgo, Madagascar, Belize,
Tunisia, Kazakhstan, Bahrein e Isole Fiji. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Un’udienza
con il mondo di fronte e le sue problematiche: dalla crisi finanziaria, all’eutanasia
e l’aborto, all’impegno del dialogo con i Paesi islamici. Undici ambasciatori provenienti
dai cinque continenti, che hanno rinnovato il volto del Corpo diplomatico accreditato
in Vaticano e con i quali Benedetto XVI si è intrattenuto riflettendo anzitutto sulle
sfide che il ruolo di un mediatore internazionale porta con sé, non solo a livello
contingente ma anche a livello “ideale”. “La ricerca e la promozione della pace” costituisce
l’essenziale della “bella missione” di un ambasciatore, ha affermato il Papa nel discorso
pronunciato in francese al cospetto dei nuovi diplomatici:
“L’Ambassadeur
peut et doit être un bâtisseur de paix…. L'ambasciatore può e deve
essere un costruttore di pace. L'artigiano di pace, di cui si parla qui, non è solo
la persona di temperamento conciliante che desidera vivere bene con tutti e, se possibile,
evitare i conflitti, ma è anche uno che si mette totalmente al servizio della pace
e si impegna attivamente a costruirla, a volte fino al punto di dare la propria vita”.
Se
nel passato, l’umanità ha fatto l’esperienza di una “indegna schiavitù” all’interno
di sistemi politici ed economici che, ha osservato il Papa, per troppo tempo “hanno
cercato l’uniformità con la demagogia e la violenza”, oggi c’è una richiesta di “pace
autentica” che non può essere soddisfatta, ha asserito Benedetto XVI, “se non
quando regna la giustizia”:
“Le Saint-Siège a
d’ailleurs publié, à la veille de la Conférence de Doha... La Santa
Sede ha pubblicato alla vigilia della conferenza di Doha, che si è conclusa pochi
giorni fa, una nota sull'attuale crisi finanziaria e il suo impatto sulla società
e sui singoli individui. Questi sono alcuni punti di riflessione destinati a promuovere
il dialogo su vari aspetti etici che dovrebbero governare le relazioni tra finanza
e sviluppo e incoraggiare i governi e gli attori economici a cercare soluzioni durature
e la solidarietà per il bene di tutti, in particolare per quelli più vulnerabili rispetto
alle drammatiche conseguenze della crisi”. Nei discorsi
indirizzati in particolare ai singoli diplomatici europei, il Papa, rivolgendosi all'ambasciatore
del Lussemburgo Paul Dühr, ha manifestato fra l’altro
una “viva preoccupazione” per il progetto di legge sull’eutanasia e il suicidio
assistito in discussione nel parlamento del Paese, invocando il rispetto della
vita e della dignità umana. Un rispetto sollecitato anche con l’ambasciatrice della
Svezia, Perols Ulla Birgitta Gudmundson, in particolare sui temi
della tutela giuridica della famiglia e della vita non ancora nata. Benedetto XVI
ha pure apprezzato l’apertura della Svezia alle migliaia di cristiani in fuga dall’Iraq,
aggiungendo di “pregare ogni giorno” per la situazione dei cristiani in Medio Oriente.
Oltre che con il Lussemburgo, il tema dell’attuale crisi finanziaria
è stato sottolineato da Benedetto XVI anche nell’intervento all’ambasciatrice dell’Islanda,
Elin Flygenring, con l’auspicio che il Paese nordeuropeo conosca una pronta ripresa
dalle serie difficoltà economiche che l’hanno colpito.
La
promozione della pace, il valore della libertà religiosa, la necessità del dialogo
tra le culture come anche l’impegno per una crescita economica sostenibile e solidale
sono i temi forti affrontati dal Papa nei discorsi agli ambasciatori di quattro Paesi
a maggioranza islamica: Tunisia, Kazakhstan, Bahrein e Sierra Leone. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
“Un segno
di speranza per l’Africa e il mondo”.Benedetto XVI ha tratteggiato
così gli sviluppi in Sierra Leone, dopo anni terribili di guerra
e violenza distruttiva. Nel discorso all’ambasciatore, Christian Sheka Kargbo, il
Papa ha costatato che le recenti elezioni hanno manifestato “il desiderio del popolo
di una pace duratura e di una solida democrazia”. Quindi, ha espresso l’auspicio che
le istituzioni democratiche del Paese siano sempre più forti e venga promossa la giustizia
nella società. La Chiesa, è stata la sua rassicurazione, sostiene con convinzione
questo nuovo clima di stabilità sociale e si impegna in favore della reciproca comprensione
tra persone di fede e etnia diversa. Ha così ribadito l’importanza degli sforzi del
governo per uno sviluppo sostenibile e una gestione attenta delle risorse. Nell’attuale
contesto della globalizzazione, ha aggiunto, è necessaria una cooperazione tra settore
pubblico e privato e una concertazione tra Paesi e organismi internazionali. Altrettanto
urgente, ha avvertito, è la lotta contro la corruzione nella politica.
Con
l’ambasciatrice della Tunisia,Rafiâ Limam
Baouendi, il Papa si è soffermato sulla difficile situazione economica a livello globale
che richiede l’attuazione di “un’autentica solidarietà”, “affinché i poveri non siano
ancor più penalizzati”. Una crescita economica che si sviluppi a detrimento di popoli
interi, è stato il suo monito, non è accettabile. La vita dell’uomo, è stata la sua
riflessione, non può essere ridotta alla sola dimensione materiale. Al tempo stesso,
il Pontefice ha indicato come necessario il dialogo tra le culture e tra le religioni,
affinché sia promossa la pace, il rispetto della persona e dei suoi diritti fondamentali.
D’altro canto, ha aggiunto, il riconoscimento che la vita è un dono Dio e dunque è
sacra rappresenta “la base comune” per costruire un mondo più armonioso e più accogliente.
Né ha mancato di porre l’accento sull’importanza della libertà religiosa e di coscienza.
Infine, ha incoraggiato la Tunisia a svolgere un ruolo importante nell’area del Mediterraneo
e nel continente africano. Nel discorso all’ambasciatore del
Bahrein, Naser Muhamed Youssef Al Belooshi, il Pontefice ha invitato
cristiani e musulmani a collaborare, nonostante le loro differenze, per difendere
i valori essenziali della vita e della famiglia, della pace e della solidarietà. Ed
ha auspicato una mutua comprensione tra persone di fedi diverse in vista di relazioni
sempre più fraterne. In particolare, il Papa ha lodato la tradizione di accoglienza
del Bahrein verso i lavoratori stranieri, molti dei quali sono cattolici. Ha inoltre
ringraziato le autorità del Regno che assicurano il rispetto della libertà religiosa
auspicando inoltre che i fedeli possano disporre di nuovi luoghi di culto. Il Pontefice
ha anche sottolineato che la libertà religiosa comporta anche la possibilità per la
persona "di cambiare religione se la coscienza lo richiede".
L’importanza
del dialogo tra fedi e culture è stato anche il tema dominante del discorso all’ambasciatore
del Kazakhstan, Amanzhol Zhankuliyev. Un Paese, ha costatato
il Papa, che geograficamente è luogo di incontro e di dialogo, in un’area che di prossimità
con Russia, Europa, Cina e Paesi a maggioranza musulmana. Il Kazakhstan, è stato la
sua riflessione, può essere una sorta di laboratorio dove si ricerca una “coabitazione
rispettosa della diversità culturale e religiosa”. Esperienza, ha aggiunto, che dimostra
come sia possibile “agli uomini di vivere con dignità in pace e nel rispetto della
fede di ognuno”. Le religioni, ha proseguito, hanno un ruolo positivo da giocare se
si rispettano e collaborano assieme a degli obiettivi comuni. Dal canto loro, gli
Stati non devono interferire nello spazio religioso né utilizzare la religione in
modo abusivo. Benedetto XVI ha infine fatto riferimento alle tante ricchezze naturali
presenti in Kazakhstan, chiedendo che queste vengano ripartite in modo equo per favorire
la stabilità politica nazionale e internazionale.
E
veniamo alle credenziali degli ultimi quattro ambasciatori: Madagascar, Belize, Malawi
e Isole Figj. Ce ne parla Roberta Gisotti.
La crescente
distanza tra il nord e sud del mondo, tra ricchi e poveri, è stata al centro del discorso
del Papa all’ambasciatore del Madagascar, Rajaonarivony Narisoa.
Questo Paese ha visto infatti peggiorare la propria situazione socio-economica dopo
il passaggio di devastanti cicloni. Da qui l’auspicio che la comunità internazionale
non riduca gli aiuti allo sviluppo per le Nazioni più povere prendendo a pretesto
la crisi finanziaria mondiale.
All’ambasciatore
Oscar Ayuso del Belize, nel Centroamerica, il Papa ha raccomandato
che i giovani raccolgano l’eredità di tradizioni culturali e religiose frutto di una
storia di cooperazione e mutuo rispetto. Valori cui oggi si contrappongono – ha osservato
il Papa - alienanti modelli culturali d’importazione, che alimentando un clima di
cinismo, favoriscono l’abuso di alcol e droghe e indeboliscono l’idealismo, la generosità
e la speranza dei giovani. Di fronte a questi fenomeni – ha ribadito il Santo Padre
- la famiglia si pone a baluardo per il futuro della società e la difesa della dignità
umana.
Rivolto all’ambasciatore del Malawi,
Isaac Chikwekwere Lamba, Benedetto XVI ha rimarcato la necessità urgente per i Paesi
africani di essere uniti per affrontare le sfide del futuro ed assicurare uno sviluppo
sano e integrale ai loro popoli. In particolare ai leader politici e religiosi del
Malawi, che già stanno impegnandosi per cooperare nella vita politica, il Papa ha
chiesto di combattere insieme per garantire la sicurezza alimentare, sconfiggere la
povertà e le malattie, specie il flagello dell’Aids.
Parole
di incoraggiamento Benedetto XVI ha rivolto infine all’ambasciatore, Pio Bosco Tikoisuva,
delle Isole Figj per i passi avviati al fine di ristabilire un
governo democratico nell’arcipelago nel Sud Pacifico, al largo dell’Oceania, dopo
il colpo di Stato del 2006, nella speranza – ha osservato il Papa – che si dia voce
a tutti i settori della società e si mettano a frutto i talenti e le energie di tutti
gli abitanti di diverse etnie. Il Papa ha quindi sollecitato una cooperazione regionale
nell’area del Pacifico per affrontare la sfida dei cambiamenti climatici, per assicurare
un modello di sviluppo sostenibile.