Tempo di Avvento tra i detenuti: la testimonianza del cappellano di Regina Coeli
L'Avvento prepara alla nascità di Gesù e, spiritualmente, alla rinascita di ogni uomo.
Un significato che assume una valenza particolare per chi, come il detenuto in un
carcere, è chiamato a una "rinascita" anche in senso sociale. Padre Vittorio Trani,
francescano, cappellano del carcere romano di Regina Coeli, ha riflettuto sul
punto al microfono di Fabio Colagrande:
R. - La proposta
cristiana di un incontro con chi sbaglia, con chi nella società commette un reato,
è una delle proposte più forti che si possano fare. Noi siamo dinanzi al Cristo questi
ascoltatori che accolgono questo messaggio che deve cambiare il cuore di tutti, il
cuore di chi commette l’errore, perché non torni a commetterlo, e anche il cuore di
chi sta intorno che deve avere una ricchezza in fatto di misericordia, di comprensione,
di vicinanza, perché uno che si ravvede possa trovare lo spazio per camminare. E’
veramente un momento bello quello dell’Avvento, in cui questo discorso si fa concreto
anche da parte della liturgia.
D. – Proprio l’invito
del profeta Isaia, che abbiamo sentito nella terza Domenica di Avvento, a fasciare
le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione
dei prigionieri, al di là del significato letterale, che significato assume nella
realtà pastorale all’interno delle carceri?
R. –
Assume un significato grandissimo. Intanto, di sensibilizzare la comunità cristiana
per prima a guardare questo angolo di emarginazione con uno sguardo diverso. Non dimentichiamo,
e nessuno deve dimenticarlo, che lì Cristo si fa incontrare, e la comunità cristiana
deve domandarsi come può dare un’attuazione concreta a “ero in carcere e tu ti sei
occupato di me”. E’ veramente un momento di grande, grande riflessione per tutta la
comunità cristiana.
D. – Dal punto di vista pratico,
logistico, in queste giornate di avvicinamento al Natale, com’è la vita a Regina Coeli?
Lei cerca ovviamente di seguire dal punto di vista pastorale questo cammino...
R.
– Da un punto di vista pratico è una comunità come in tutti i contesti cristiani,
che si sta muovendo con il presepe: ne stiamo facendo di grandi nei luoghi più comuni
e in alcune sezioni di ambiente più ristretto. E poi via via tutta una serie di iniziative,
compreso anche da parte nostra un concerto di musica sacra con cui il 22 inaugureremo
il presepe grande, che abbiamo fatto nella Rotonda. Sarà un momento di riflessione
sia sulla storia del presepe che sul grande messaggio che Dio ci rivolge attraverso
l’incarnazione del Cristo. Poi ci sono altre iniziative: i sacerdoti volontari che
lavorano nel settore consegneranno ad ogni stanza, dove si trovano i detenuti, un
presepe che possa richiamare là dove essi vivono il grande mistero della salvezza
e dell’amore.
D. – Un augurio che arriva da lei come
cappellano di Regina Coeli, e un invito alla riflessione, a dare un significato a
questo tempo di preparazione al Natale...
R. – Alla
comunità civile di essere attenta a questa realtà che ha nel suo interno e che deve
trovare tante risposte, perché la società deve trovare risposte per le famiglie dei
detenuti che sono in difficoltà. Io direi che l’augurio che si può fare a tutti è
di avere una grande sensibilità su questi problemi.