Campagna cattolica a sostegno dei più poveri nella lotta ai cambiamenti climatici
Più di 80 vescovi e rappresentanti di oltre 170 gruppi cattolici chiedono che la Convenzione
dell'Onu sui Cambiamenti Climatici raccolga le necessità dei poveri nei Paesi in via
di sviluppo. Da qui il lancio di una campagna mondiale – di riferisce l’agenzia Zenit
- guidata dalla Caritas Internationalis (www.caritas.org) e dal Cidse, alleanza cattolica
di organizzazioni per lo sviluppo (www.cisde.org). “Le comunità dei Paesi in via di
sviluppo sono state le più duramente colpite dai cambiamenti climatici, nonostante
siano quelle che hanno contribuito di meno a provocarli”, ha commentato René Grotenhuis,
presidente del Cidse. Quindi, ha aggiunto “abbiamo il dovere morale di assicurare
che i Paesi ricevano l'assistenza finanziaria e tecnica di cui hanno bisogno per adattarsi
ai cambiamenti climatici e per generare migliori condizioni di vita per la loro gente”.
Del resto, ha osservato ancora il responsabile del Cidse, “si stanno destinando migliaia
di milioni di dollari ad alleviare la pressione dei mercati finanziari. Questo è importante,
ma non dobbiamo dimenticare che se non ci occupiamo ora dei cambiamenti climatici
il prezzo che dovremo pagare negli anni a venire sarà di un livello umano e finanziario
che ancora non possiamo comprendere”. Per lanciare la campagna, gli oltre 80 presuli
del Nord che dal Sud del mondo hanno indirizzato una lettera ai Governi coinvolti
nel negoziato, sollecitando solidarietà con i poveri del mondo e un’azione rapida
dei Paesi industrializzati per contrastare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici
nell’intero Pianeta. “Le persone in Paesi come il Bangladesh dipendono completamente
dal clima”, ha spiegato mons. Theotonius Gomes C.S.C, presidente di Caritas Banglades.
“La nostra agricoltura e quindi tutta la nostra cultura – ha aggiunto - è basata sull'acqua
delle piogge e dei fiumi. I cambiamenti degli standard delle precipitazioni, le tormente
più dure e le lunghe siccità stanno costando vite umane e alterando le forme di sussistenza”.
“Negli ultimi anni – ha ammonito il presule - abbiamo visto un rapido incremento della
necessità di aiuto e della fornitura di cibo d'emergenza. Si stima che nei prossimi
10 anni ci saranno 200 milioni di rifugiati a causa delle questioni climatiche, il
25% dei quali, cioè 50 milioni, saranno del Bangladesh”. (R.G.)