2008-12-15 15:29:01

No della Chiesa salvadoregna all’uso del cianuro nelle miniere d’oro


“Se vogliono estrarre dell’oro dalle nostre miniere, al limite, lo facciano, ma in questo nostro Paese non deve entrare un solo etto di cianuro”. Così, ieri, nel suo tradizionale incontro domenicale con la stampa dopo la Santa Messa, l’arcivescovo di San Salvador mons. Fernando Saénz Lacalle ha commentato l’annuncio della multinazionale canadese “Pacific Rim” che ha affermato di voler portare il Governo di El Salvador davanti alla Giustizia internazionale. La stampa locale, in questi giorni, ha dato ampio risalto alla posizione della “Pacific Rim”, proprietaria della miniera “El Dorado”, nella regione settentrionale di Cabañas, che ha minacciato azioni legali contro lo Stato se non avrà entro marzo 2009 i “regolari permessi per lo sfruttamento dei giacimenti”. La corporation afferma che il rifiuto delle autorità salvadoregne si configura come “un vero esproprio” in quanto “ha impedito l’introito di profitti legittimi” e perciò una sua filiale (la “Pac Rim Cayman LLC, con sede in Nevada) si prepara a fare causa nella cornice del Cafta, il Trattato di libero commercio tra il Centroamerica e gli Stati Uniti. Questa controversia che ormai si protrae da tempo ha sollevato, dentro e fuori del Paese, non poche polemiche e in alcuni momenti, come ha ricordato ieri l’arcivescovo Saénz Lacalle, si è tentato di coinvolgere maldestramente la Chiesa cattolica locale per la sua opposizione alla concessione dei permessi richiesti. Al riguardo in alcuni momenti si è definita la posizione della Chiesa come “gratuita e arbitraria, senza fondamento” e in altri di assecondare l’Ong Oxfam che lavora nella regione a protezione delle popolazioni locali. “È tutto assurdo e nessuna di queste affermazioni hanno neanche un minimo riscontro nella realtà”, ha sottolineato l’arcivescovo di San Salvador. Poi, il presule ha ricordato - citando diversi brani - il documento della Conferenza episcopale del 3 maggio 2007, in cui si documentano tutte le preoccupazioni che il progetto ha suscitato fin dal primo momento anche perché, a tutt’oggi, come hanno confermato le autorità di Governo, non è stato presentato lo studio sull’impatto ambientale richiesto alla multinazionale. “Nessun Trattato di libero commercio - ha aggiunto mons. Saénz Lacalle - può obbligare un Paese a provocare dei danni al suo ambiente e ai suoi ecosistemi così come a danneggiare la salute dei cittadini solo per facilitare del guadagno ad una multinazionale”. I vescovi, ha ricordato ancora una volta il presule, “in difesa della popolazione e della Nazione non desiderano che il sottosuolo venga contaminato con del cianuro per permettere ad alcuni di portare via il 97% del guadagno di un eventuale sfruttamento di giacimenti d’oro”. Secondo mons. Sáenz Lacalle “il Governo di El Salvador ha agito correttamente, quando ha deciso di rifiutare i permessi ribadendo ancora la richiesta di uno studio ambientale”. In un’ottica più ampia l’arcivescovo salvadoregno ha ricordato anche di aver suggerito alle autorità inchieste e studi sull’impatto nell’ambito della salute delle persone nelle regioni in cui operano le miniere esistente nel Paese. “Si vedrà subito, come sappiamo tutti, che molte persone di ogni età ne subiscono gravi conseguenze negative, come per esempio l’aumento di patologie renali nella regione orientale della Nazione. Conosciamo molto bene i danni che in passato hanno provocato le miniere sfruttate senza nessun rispetto per il Creato e la dignità delle persone. Perciò oggi più che mai dobbiamo stare attenti e dunque essere fermi nel rifiutare tutto ciò che può danneggiare la nostra gente”. (A cura di Luis Badilla)







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