2008-12-15 15:09:06

Crisi in Thailandia: manifestazioni contro il nuovo premier


Ancora manifestazioni stamani a Bangkok. Circa 200 dimostranti sono scesi in piazza nei pressi del Parlamento, per protestare contro l’elezione del leader dell’opposizione a 27.mo capo del governo thailandese, il quinto negli ultimi due anni. Alla designazione di Abhisit Vejjajiva si è arrivati dopo che la Corte costituzionale thailandese, il 2 dicembre scorso, aveva dissolto l’alleanza di governo, denunciando brogli elettorali nelle legislative del dicembre 2007 vinte dal Partito del potere del popolo, formazione dei fedelissimi dell’ex premier - ora in esilio - Thaksin Shinawatra. Ma la decisione di oggi riuscirà a mettere la parola fine alla crisi politica in atto? Risponde Emanuele Giordana, direttore dell’Associazione giornalistica Lettera 22, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. – Penso proprio di no, nel senso che si è tentato di risolvere una situazione estremamente complicata per via giudiziaria, meglio che con un ennesimo colpo di Stato. In realtà, questo problema lo si rimanda e basta. I thailandesi si sono espressi chiaramente attraverso le elezioni e hanno scelto partiti e candidati vicini a Thaksin Shinawatra, l’ex premier che ormai vive in esilio all’estero. Quindi non si può pensare che la crisi sia terminata, come, infatti, dimostrano le manifestazioni di queste ore.

 
D. – Quale sarà la linea dell’ex premier Shinawatra e dei suoi fedelissimi rimasti in Thailandia?

 
R. – Loro sanno di poter contare su un appoggio popolare, che è stato sempre molto forte nelle campagne e che adesso potrebbe anche farsi strada nelle città. Questo può naturalmente portare a nuove tensioni e anche ad un confronto violento, che è l’aspetto più pericoloso dietro l’angolo.

 
D. – La crisi politica in atto che conseguenze porta sul Paese?

 
R. – E’ purtroppo un Paese che ha fatto una grande marcia indietro, in cui la monarchia anziché essere garante dell’equilibrio è stata garante di una parte, in cui l’esercito ha ripreso un potere che si pensava molto ridimensionato e in cui le prospettive di stabilità non sono sicure, il che significherà probabilmente una difficoltà della Borsa, una difficoltà nel generare possibilità di nuovi investimenti, una sfiducia generalizzata. E, dal punto di vista politico, la Thailandia rischia di perdere il ruolo che aveva all’interno dell’associazione dei Paesi del sud-est asiatico, che ne raccoglie dieci. Per molti anni è stato un Paese molto influente, proprio perché era una sorta di garante di una via verso la democrazia, che in questo momento è incarnata invece da altri Paesi. Questo sicuramente avrà un riflesso. Tutta questa situazione lascia un Paese che deve ricostruire una credibilità all’interno e sul piano internazionale. La strada sembra molto in salita.







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