Crisi in Thailandia: manifestazioni contro il nuovo premier
Ancora manifestazioni stamani a Bangkok. Circa 200 dimostranti sono scesi in piazza
nei pressi del Parlamento, per protestare contro l’elezione del leader dell’opposizione
a 27.mo capo del governo thailandese, il quinto negli ultimi due anni. Alla designazione
di Abhisit Vejjajiva si è arrivati dopo che la Corte costituzionale thailandese, il
2 dicembre scorso, aveva dissolto l’alleanza di governo, denunciando brogli elettorali
nelle legislative del dicembre 2007 vinte dal Partito del potere del popolo, formazione
dei fedelissimi dell’ex premier - ora in esilio - Thaksin Shinawatra. Ma la decisione
di oggi riuscirà a mettere la parola fine alla crisi politica in atto? Risponde Emanuele
Giordana, direttore dell’Associazione giornalistica Lettera 22, intervistato da
Giada Aquilino:
R. – Penso
proprio di no, nel senso che si è tentato di risolvere una situazione estremamente
complicata per via giudiziaria, meglio che con un ennesimo colpo di Stato. In realtà,
questo problema lo si rimanda e basta. I thailandesi si sono espressi chiaramente
attraverso le elezioni e hanno scelto partiti e candidati vicini a Thaksin
Shinawatra, l’ex premier che ormai vive in esilio all’estero. Quindi non si
può pensare che la crisi sia terminata, come, infatti, dimostrano le manifestazioni
di queste ore.
D. – Quale sarà la linea dell’ex premier
Shinawatra e dei suoi fedelissimi rimasti in Thailandia?
R.
– Loro sanno di poter contare su un appoggio popolare, che è stato sempre molto forte
nelle campagne e che adesso potrebbe anche farsi strada nelle città. Questo può naturalmente
portare a nuove tensioni e anche ad un confronto violento, che è l’aspetto più pericoloso
dietro l’angolo.
D. – La crisi politica in atto che
conseguenze porta sul Paese?
R. – E’ purtroppo un
Paese che ha fatto una grande marcia indietro, in cui la monarchia anziché essere
garante dell’equilibrio è stata garante di una parte, in cui l’esercito ha ripreso
un potere che si pensava molto ridimensionato e in cui le prospettive di stabilità
non sono sicure, il che significherà probabilmente una difficoltà della Borsa, una
difficoltà nel generare possibilità di nuovi investimenti, una sfiducia generalizzata.
E, dal punto di vista politico, la Thailandia rischia di perdere il ruolo che aveva
all’interno dell’associazione dei Paesi del sud-est asiatico, che ne raccoglie dieci.
Per molti anni è stato un Paese molto influente, proprio perché era una sorta di garante
di una via verso la democrazia, che in questo momento è incarnata invece da altri
Paesi. Questo sicuramente avrà un riflesso. Tutta questa situazione lascia un Paese
che deve ricostruire una credibilità all’interno e sul piano internazionale. La strada
sembra molto in salita.