Modesti risultati alla Conferenza Onu sul clima di Poznan
A poche ore dalla decisione dei capi di stato e governo dell’Ue di ridurre del 20%
le emissioni di Co2 entro il 2020, si è chiusa nella notte a Poznan, in Polonia la
conferenza Onu sui cambiamenti climatici. I 190 Paesi riuniti hanno deciso di inserire
nell’agenda del prossimo incontro di Copenaghen 2009 la riduzione delle emissioni
del 25-40% entro il 2020. Creato inoltre un fondo - giudicato da più parti insufficiente
- per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Molte le delusioni, ma secondo Antonio Ballarin
Denti, docente di Fisica dell’Ambiente alla Cattolica di Brescia su Poznan non bisognava
riporre troppe aspettative. Al microfono di Paolo Ondarza spiega il perché :
R. - Da
un lato, in Europa, era in corso un negoziato appena concluso sul pacchetto 20-20-20.
In secondo luogo, negli Stati Uniti siamo in piena fase di transizione tra un’amministrazione
uscente, quella di Bush, che era nettamente contraria ad una politica su cambiamenti
climatici, ed una, quella di Obama, che sostanzialmente sposa invece le tesi che erano
di Al Gore. Quindi, a mio giudizio non bisogna scandalizzarsi per il fatto che si
siano conseguiti risultati modesti e ancora provvisori a Poznan. Certamente, l’appuntamento
cruciale sarà il fra un anno a Copenaghen.
D. - Ma
il limite fissato al 2020 è secondo lei congruo alle capacità dei singoli Paesi di
adeguarsi?
R. - Un orizzonte temporale fissato al
2020 è troppo corto e bisognerebbe puntare degli obiettivi intorno al 2040-2050, il
che significa dare possibilità concreta allo sviluppo di fonti energetiche realmente
alternative alle attuali, anche a Paesi che stanno diventando i massimi emettitori
di gas serra, che sono soprattutto la Cina, l’India e il Brasile.
D.
- Delusione sull’accordo di Poznan è stato espresso dai Paesi poveri, che hanno criticato
la mancanza di generosità da parte dei Paesi donatori...
R.
- Io credo che abbiano ragione. Purtroppo, ancora una volta si è messo di mezzo un
altro ostacolo del tutto imprevisto solo l’anno scorso: la grave crisi economica che
sta attraversando il mondo intero. Sarebbe opportuno fare con coraggio investimenti
in questa direzione.
D. - Degna di nota è anche
la presa di posizione contro la deforestazione...
R.
- Ritengo che gli sforzi per mantenere gli equilibri delle foreste siano assolutamente
primari in questo momento per il mondo e siano perfettamente coerenti del resto con
la lotta contro i fattori che producono i cambiamenti climatici.
D.
- La decisione presa a Bruxelles dall’Unione Europea, e quindi la riduzione del 20
per cento entro il 2020, può essere considerata una apripista per quanto riguarda
le politiche?
R. - L’Unione Europea non sarà nemmeno
nel futuro l’insieme di Stati che può guidare l’economia mondiale. Però, l’Europa
può e deve, coerentemente alla sua missione, continuare ad essere il motore di idee
innovative, di politiche armonizzate in senso solidale con tutto il pianeta.
D.
- L’ambiente comunque sembra essere al centro degli intenti della comunità internazionale...
R.
- La parola ambiente si è fortunatamente evoluta negli ultimi anni. E bisogna sempre
ricordare che con la parola “ambiente” parliamo anche dell’uomo: dell’uomo come persona
e dell’uomo come aggregato sociale; dell’uomo come motore di sviluppo economico e
di benessere, ma anche dell’uomo dotato di diritti.
D.
- Effettivamente, c’è chi critica la mancanza a volte di questa centralità dell’uomo
all’interno delle politiche ambientali...
R. - Questo
è vero, e a volte la visione antropocentrica è stata invocata quasi per mettere in
secondo piano i rapporti con la natura. Così come, d’altra parte, la visione egocentrica
di molti ambientalisti rischiava di mettere l’uomo ad un livello - a mio giudizio
- di scarsa dignità del suo primato rispetto ad altri animali. Noi dobbiamo coniugare
questo - che è un primato essenzialmente morale dell’uomo - a quello che è una legge
di equilibrio biologico in cui uomo, animali e piante sono coinvolti nello stesso
sistema.