In mostra a Roma i “Cento presepi”: rappresentazioni della Natività dall'Iraq e dal
Sudan
“Nell’era dell’immagine, il presepe ha un’enorme eco nel cuore dell’uomo perché è
fonte della più vera contemplazione”. E’ la riflessione del cardinale Giovanni Coppa,
intervenuto nei giorni scorsi a Roma, nella Basilica di Santa Maria del Popolo, alla
presentazione della mostra dei “Cento presepi”. Un appuntamento immancabile ormai
da 33 anni, curato dalla Rivista delle Nazioni, con il patrocinio della Conferenza
episcopale italiana e in programma fino al 6 gennaio. In questa edizione sono 160
i presepi di cui 48 provenienti da Paesi stranieri e 132 dalle varie regioni italiane.
Tanti spunti per chi, proprio in questo giorno dell'Immacolata nel rispetto della
tradizione, si accinge ad allestirlo. Il servizio di Benedetta Capelli:
(musica)
E’
il mistero della nostra Salvezza: un Bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia.
Ad accogliere Dio che si è fatto uomo per noi solo la semplicità di
una capanna e la luce della stella di Betlemme. Pochi elementi, ma che mescolati con
fantasia e creatività rendono il presepe una meraviglia unica. Ne danno testimonianza
le 160 opere della mostra i “Cento presepi” le cui particolarità sono raccontate dalla
curatrice Mariacarla Menaglia:
“Oltre
a quelli tradizionali, quest’anno abbiamo il presepe con le cravatte, quello con i
pennelli, con i colori, quello in un guscio di pistacchio, quello in miniatura, quello
con i cordoni! C’è una fantasia incredibile. Per me, sono tutti artisti quelli che
riescono a costruire un presepe con la propria manualità. Sono degli artisti perché
l’hanno fatto con il cuore, anche i bambini”.
E proprio sui bambini
bisogna investire per riportare nelle famiglie e nelle case il presepe, una tradizione
che comunque negli anni non ha conosciuto crisi, ma anzi ha trovato una nuova fioritura.
Ancora Mariacarla Menaglia: “Non trovo assolutamente che questa
tradizione stia tramontando, assolutamente no, perché i bambini “obbligano” quasi
i genitori a fare qualcosa. Se un bambino vuole fare un presepe, il genitore gli fa
il presepe”.
Passeggiare tra i presepi in mostra è come fare un giro
intorno al mondo: l’Amazzonia, il Senegal, l’Ungheria. Ci sono poi le Natività provenienti
dalle zone martoriate della terra come quello del Sudan, realizzato in legno d’ebano
e onice, e dall’Iraq fatto in legno e plexiglass. Spicca anche un presepe dedicato
a Giovanni Paolo II realizzato dall’artista Annamaria Ferrari:
“Gesù nasce in una piazza perché nelle piazze, i giovani del mondo,
attraverso la parola di Giovanni Paolo II, cercavano Cristo. I giovani sono 12, come
gli apostoli, ed invitano le persone a non avere paura di avvicinarsi al Mistero della
Nascita di Gesù”.
Da anni alla mostra partecipa la Fondazione Villa
Maraini, che si occupa della cura e recupero dei tossicodipendenti. Il presepe
2008 è ispirato agli sbarchi degli immigrati sulle coste italiane. Per gli
ospiti della struttura realizzarlo ha avuto un significato importante. Il presidente
Massimo Barra: “E’ stata un’occasione di aggregazione
attorno ad un progetto e questo vuol dire occupare la giornata, aggregarsi, interagire,
discutere. Tutto questo è alternativo all’abuso di sostanze”.
Presepe
che è anche ricordo dell’infanzia, dell’immaginazione messa a servizio delle poche
cose di cui si dispone. Lo rievoca così il cardinale Giovanni Coppa: “Mia
mamma mi ha insegnato ad amare il presepio. La prima cosa che ho capito in questa
vita è che Gesù è nato. Mia amdre ci faceva vedere il pastore, ci metteva una piuma
di gallina e diceva: “Quello è Gelindo, il pastore che porta il cappone a Gesù!”.
Questo presepio, io l’ho portato nel cuore sempre, tutta la vita. Devo dire anche
che la mia vocazione ad essere sacerdote è nata guardando il presepio”.
E
sempre il porporato non ha mancato di sottolineare l’importanza del presepe all’interno
delle famiglie ed ha lanciato così un appello: “Salviamo il
presepio, perché è la fonte dell’amore, dell’unione, dell’intesa nella famiglia e
lascia nei bambini un germe di vita che noi non sappiamo come si svilupperà, ma c’è
perché è stato lasciato”.
Il Presepe un seme futuro che “ci aiuta -
ha detto il Papa - a contemplare il mistero dell’amore di Dio che si è rivelato nella
povertà e nella semplicità della grotta di Betlemme”.