2008-12-07 10:21:03

Appello dell'arcivescovo di Yangon a non dimenticare le sofferenze del Myanmar


“Non dimenticate la popolazione del Myanmar”: è l’appello lanciato dall’arcivescovo di Yangon, Charles Maung Bo, in questi giorni a Roma nella sede della Caritas Internationalis per fare il punto sulla ricostruzione dopo il passaggio del ciclone Nargis, nel maggio scorso, che ha provocato circa 200 mila morti e 2 milioni di sfollati. La situazione è aggravata dall’isolamento del Paese confermato anche dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon che si è detto deluso davanti al fallimento degli sforzi volti a promuovere la democrazia in Birmania escludendo una sua visita nel Paese asiatico. Ma ascoltiamo l’arcivescovo di Yangon, Charles Maung Bo, al microfono di Liadan O'Connor:RealAudioMP3
R. – What Caritas Internationalis is helping us through the Caritas Australia …
La Caritas Internationalis ci sta aiutando tramite la Caritas australiana, la Chiesa ci aiuta nelle aree colpite. In pratica, tutti i lavori vengono fatti attraverso le organizzazioni parrocchiali. Quindi, questo aiuto passa attraverso il sistema della Chiesa cattolica, attraverso i sacerdoti delle parrocchie e i religiosi, per la maggior parte del tempo occupati a portare aiuti. Ci sono ancora molte cose da fare per aiutare la gente. In base ai nostri progetti, ci vorranno ancora due o tre anni per ricostruire la società: non lavoriamo soltanto per i cattolici, ma aiutiamo anche gli altri. Aiutiamo anche molti buddisti …
 
D. – Parliamo dei rapporti tra i monaci buddisti e la Chiesa cattolica: il dialogo interreligioso è molto intenso? C’è collaborazione tra di voi?

R. – Especially, after the Nargis effect…
In effetti, dopo il ciclone Nargis, molti dei nostri programmi sono messi in pratica dai monaci. Per quanto riguarda i nostri rapporti, questi sono pacifici, amichevoli, a livello personale. Ma a livello ufficiale di dialogo interreligioso, non c’è grande attività. Manteniamo un basso profilo, perché il governo, nel nostro Paese, non è molto favorevole al fatto che gente di fede diversa si ritrovi insieme. Tuttavia, tra i preti cattolici ed i monaci buddisti c’è davvero un’atmosfera sana e amichevole.
 
D. – Quali sono, secondo lei, le sfide che la Chiesa cattolica e i cattolici si trovano ad affrontare in Myanmar?
 
R. – They consider us as a foreign religion ...
Ci considerano seguaci di una religione straniera: questa è una delle sfide che dobbiamo affrontare. Allo stesso tempo, siamo consapevoli che dobbiamo cercare di inserire la nostra fede nella cultura del Paese: anche questa è una delle sfide. Un’altra cosa da dire è che, sebbene ci piacerebbe fare molto nel campo dell’educazione o della sanità, le risorse sono molto limitate e c’è molto controllo da parte del governo. E’ veramente duro e difficile per noi, perciò, attuare programmi pieni e liberi, come vorremmo fare. Siamo molto limitati. Nonostante ciò, cerchiamo di fare del nostro meglio.







All the contents on this site are copyrighted ©.