Messaggio di Benedetto XVI per il 30.mo della mediazione pontificia nel contenzioso
tra Cile e Argentina nella zona australe
“La storia recente, con l’esperienza di vari tentativi fatalmente falliti e di soluzioni
drastiche che, in controversie in diversi scenari del mondo, hanno generato gravissime
conseguenze ci aiuta a scoprire gli errori che quella mediazione pontificia evitò
ai popoli cileno e argentino e anche ad altre nazioni della regione”. E’ quanto scrive
Benedetto XVI nel messaggio rivolto ai presidenti di Argentina e Cile in occasione
delle celebrazioni per i 30 anni della mediazione pontificia per la soluzione del
contenzioso tra i due Paesi nella zona australe. Per ricordare questa istruttiva pagina
di storia è stata posta ieri, al confine tra i due Paesi, la prima pietra di un monumento
per la pace, benedetta dal cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo,
inviato straordinario del Santo Padre. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nel messaggio
il Papa ricorda quei primi giorni di dicembre del 1978, quando i governi di Argentina
e Cile “giunsero a pensare che si erano esaurite le possibilità di arrivare a un accordo”.
Al centro della controversia c’era la sovranità di tre isole e soprattutto l’accesso
agli Oceani Atlantico e Pacifico. Il contenzioso si era aggravato pericolosamente
dopo la rottura di ogni negoziazione tra i governi militari guidati da Pinochet in
Cile e da Videla in Argentina. In questo allarmante scenario – scrive Benedetto XVI
- la decisione di Giovanni Paolo II di inviare come proprio rappresentante il cardinale
Antonio Samoré per condurre una mediazione “arrestò provvidenzialmente lo scontro
bellico”. Dopo aver scongiurato lo scoppio di una guerra, che secondo diversi osservatori
avrebbe provocato migliaia di morti, la mediazione pontificia ha poi portato alla
sospirata soluzione pacifica: i governi argentino e cileno hanno infatti raggiunto
un’intesa in base alla quale è stata concessa al Cile la sovranità delle isole e riconosciuti
all’Argentina ampi diritti di navigazione. “Tale successo, suscitando una gradevole
e inaspettata sorpresa nel mondo – scrive Benedetto XVI – fu un esempio di come, dinanzi
a qualsiasi controversia, si deve sempre vincere lo sconforto e non dare mai per concluso
il cammino del dialogo paziente e del negoziato condotto con saggezza e prudenza,
per raggiungere una soluzione giusta e degna con mezzi pacifici, propri dei popoli
civilizzati, soprattutto quando i loro membri sanno di essere anche fratelli e figli
di un unico Dio e Padre”. Ricordando anche quella "soluzione giusta e degna" si è
tenuta ieri a Monte Aymond, al confine tra i due Paesi, la cerimonia per la benedizione
della prima pietra di un monumento commemorativo. Si tratta - ha detto ieri il Papa
ricevendo il nuovo ambasciatore argentino presso la Santa Sede - di una “testimonianza
eloquente e servirà per stringere ancora di più i legami di fratellanza e la volontà
di intesa tra i due Paesi”. Oltre a Papa Wojtyla, anche un altro Pontefice
si è adoperato per la soluzione della controversia nel Continente australe. La
mediazione pontificia avviata da Giovanni Paolo II è stata preceduta infatti, il 20
settembre del 1978, da una lettera di Giovanni Paolo I indirizzata alle Conferenze
episcopali di Argentina e Cile: "E' necessario - si legge nel testo - creare un clima
nel quale, deposta l'attitudine bellicosa o di avversione, prevalgano le ragioni della
concordia sulle forze dell'odio o della divisione”. Il proposito - ha scritto Giovanni
Paolo I - è di "sensibilizzare tutte le persone di buona volontà” per evitare "imprevedibili
conseguenze”. Tra quanti hanno contribuito al positivo esito della mediazione pontificia
tra Argentina e Cile c’è mons. Faustino Sainz Munõz, nunzio apostolico
in Gran Bretagna, che ricorda le tappe di quella negoziazione:
R. –
Tutto cominciò il 22 dicembre del 1978, quando il Santo Padre annunziò che avrebbe
mandato un suo rappresentante in Argentina e in Cile, per aiutare quei due Paesi a
trovare una soluzione che evitasse la guerra, un pericolo imminente. Dal ’79 il Santo
Padre accettò di mediare e allora ci fu un processo che durò fino al 19 novembre del
1984, quando si firmò il Trattato di pace e amicizia tra Argentina e Cile. Poi ci
fu lo scambio degli strumenti di ratifica il 2 maggio del 1985. Ci fu quindi un lungo
processo di mediazione che durò sei anni. Fu senz’altro un grande successo per i due
Paesi e credo che fu, ed è, un bel esempio per tutti i Paesi del mondo e per tutte
le situazioni in cui alcuni Paesi si possono trovare. C’è sempre la possibilità di
trovare una via di uscita che sia pacifica, senza fare ricorso alla guerra. D.
– Quale contributo ha dato la Santa Sede in quell’occasione? R.
– Ha dato il contributo fondamentale per arrivare a quel trattato di pace e di amicizia.
L’ha dato con l’impegno personale del Santo Padre che ha preso una decisione molto
coraggiosa. Credo sia stata un anticipo di quello che sarebbe stato poi l’atteggiamento
del Santo Padre, Giovanni Paolo II, durante tutta la sua vita: cercare sempre di lavorare
per la pace. Se Papa Wojtylaera già convinto che si doveva lavorare
per la pace, con il successo che questa sua mediazione ha avuto, penso che si sarà
sentito più stimolato, più incoraggiato a seguire quella via. Via che ha percorso
poi con tanto entusiasmo durante 27 anni. Credo che i due governi attualmente stiano
riconoscendo, 30 anni dopo, quanto l’intervento del Santo Padre sia stato provvidenziale,
vedendo come adesso questi due Paesi collaborano e vivono insieme. Si trovano in una
situazione ottima, quando invece 30 anni fa stavano sull’orlo della guerra. D.
– Una mediazione che ha dimostrato come in ogni controversia il dialogo non pregiudichi
diritti e rafforzi invece le possibilità per la composizione delle divergenze. Questa
è l’eredità di quell’accordo... R. – Attraverso il dialogo si
può sempre trovare una soluzione per qualsiasi controversia tra due Paesi. Credo che
serva anche nel momento attuale in situazioni in cui ci siano dei problemi di intendimento
tra due Stati. D. - In quella mediazione si deve anche sottolineare
il contributo dato dai collaboratori di Giovanni Paolo II… R.
- Il Santo Padre è stato rappresentato dal cardinale Samorè in quella mediazione;
vorrei ricordare anche come, dopo il cardinale Samorè, sia stato il cardinale Casaroli
che ha preso la rappresentanza del Santo Padre per la gestione della mediazione. Ricordo
anche mons. Montalvo che allora era nunzio apostolico in Algeria. Un ricordo, credo
che meritino i membri delle due delegazioni di Argentina e Cile che lavorarono per
arrivare a questo risultato. Si devono ringraziare tutte quelle persone che si sono
impegnate in quella mediazione.