L’arcivescovo di Yangon: non dimenticare la situazione del Myanmar
“Non dimenticate la popolazione del Myanmar”: un appello semplice ma significativo
quello di mons. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, di passaggio a Roma nella
sede di Caritas internationalis per fare il punto sulla ricostruzione dopo il passaggio
del ciclone Nargis, nel maggio scorso, che ha provocato circa 115-200.000 morti e
2 milioni di sfollati. In una intervista al Sir l'arcivescovo di Yangon confida che,
nei mesi scorsi, ha avuto un colloquio privato in Vaticano con Benedetto XVI. Le diocesi
più colpite da Nargis, nella zona del delta del fiume Irrawaddy, sono state proprio
quelle di Yangon e Pathein. “Non eravamo preparati al ciclone, le persone non sono
state informate – racconta -. Per noi è stata una grossa sfida. Per un certo periodo,
per ragioni politiche, il governo non ha permesso l'ingresso degli aiuti umanitari
stranieri nel Paese, per cui l'emergenza inizialmente è stata dura. Ma dopo due o
tre settimane la situazione è migliorata grazie all'arrivo delle Ong, che si sono
registrate presso il governo e hanno potuto così portare gli aiuti. Ora governo e
Ong collaborano per la ricostruzione delle case, il cibo, la vita di tutti giorni.
L’arcivescovo spiega che la Chiesa “non fa distinzioni tra cattolici, protestanti,
buddisti, musulmani ma portiamo aiuti a tutta la popolazione. E la gente apprezza
molto. Numerose attività della Caritas, in alcune zone, sono fatte anche in collaborazione
con i monaci buddisti e con le autorità locali". A suo avviso la situazione dei monaci
buddisti “sembra oggi molto tranquilla”, anche se “ovviamente il governo considera
un «falso monaco» chiunque di loro sia coinvolto in qualche attività politica". "Ufficialmente
– precisa - il dialogo interreligioso non è molto incoraggiato dal governo. Il governo
permette che ogni religione abbia le proprie attività ma non apprezza molto il dialogo
con i buddisti o i musulmani". (V.V.)