Il cardinale Bertone all'inaugurazione della cappella restaurata dell'ambasciata italiana
presso la Santa Sede
San Carlo Borromeo come “modello di impegno serio nel servire la Chiesa e il bene
comune” e “di un amore che si fa tutto a tutti senza lasciarsi condizionare dalle
difficoltà”. Questo il cuore dell’omelia tenuta, ieri pomeriggio, dal cardinale segretario
di Stato, Tarcisio Bertone, durante la cerimonia per la fine del restauro della Cappella
dell’ambasciata italiana presso la Santa Sede. Cappella dedicata, appunto, al Santo
e arcivescovo di Milano. Il cardinale Bertone ha anche ricordato la prossima visita
del Papa all’ambasciata, il 13 dicembre, segno della stima e della collaborazione
tra Santa sede e Italia ed ha poi invocato la protezione per il popolo italiano segnato,
come la comunità mondiale, da una grave crisi economica. Il servizio è di Gabriella
Ceraso.
Fu un esempio
di diplomatico fine ed illuminato, di pastore santo e zelante, già cardinale a 22
anni, Carlo Borromeo visse con lo zio Papa Pio IV nel palazzo ora sede diplomatica,
finchè la morte improvvisa del fratello provocò in lui una spinta a Dio e la rinuncia
radicale del mondo. Da qui l’ordinazione sacerdotale e la scelta, una volta vescovo,
del suo motto, "humilitas", che oggi torna inciso sulla tappezzeria di color rosso
che arricchisce le pareti della cappella a lui dedicata. Ripercorre la storia dell’arcivescovo
di Milano, il cardinale Bertone, per evidenziare quanto possa essere di modello per
tutti ad un impegno serio nel servire la Chiesa e il bene comune. Il suo è lo stile
del buon pastore, spiega il porporato, che conosce e condivide tutto di chi è a lui
affidato, che esercita la virtù della carità sostegno ai bisognosi, ma anche coraggio
di fare i cambiamenti necessari per incidere positivamente nella società e nelle istituzioni.
Il
buon pastore sul modello di Cristo è anche colui che dà la vita per i suoi discepoli,
aggiunge il cardinale Bertone, come San Carlo che, scoppiata la peste a Milano, si
dedicò totalmente alla comunità fino ad ammalarsi e morire. Come non cogliere in questo,
conclude il cardinale Bertone, un invito alla responsabilità che appartiene a ogni
persona investita di un'autorità, cosicchè faccia lo stesso, ami cioè i propri collaboratori
e le persone con cui viene in contatto dando valore a ciascuno, trattando cioè l’uomo
come un fine. E’ questa, afferma il cardinale Bertone, la sola base su cui una società
può funzionare veramente, l’unico cammino che conduca alla solidarietà vera.