Dai Paesi sviluppati risposte spesso tardive ai cambiamenti climatici
“Il riscaldamento minaccia la stragrande maggioranza dell’umanità, che vive lungo
i grandi bacini fluviali e sulle coste”: lo ha detto il presidente del Comitato intergovernativo
sui cambiamenti climatici (Ipcc), premio Nobel per la pace nel 2007, Rajendra Pachauri,
intervenendo a Poznan, in Polonia, dove sono in corso i lavori della XIV conferenza
internazionale sul clima promossa dalla Convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici
(Unfccc). Rajendra Pachauri ha sottolineato, in particolare, la gravità che possono
avere gli effetti dei cambiamenti climatici se non si interviene in tempo. “Quando
si è trattato di salvare dal fallimento le grandi banche colpite dalla crisi, i governi
hanno subito offerto 2700 miliardi di dollari; se invece si tratta di fare qualcosa
per il clima, gli interventi sono sempre scrutinati con attenzione e poi negati” ha
proseguito Pachauri. Le discussioni, che si stanno svolgendo a porte chiuse, si stanno
rivelando più difficili del previsto. Nonostante la scadenza del protocollo di Kyoto,
fissata per il 2012, sia ormai alle porte, i 37 Paesi industrializzati che hanno aderito
al primo tentativo globale di contenimento dei gas serra ancora faticano a raggiungere
gli obiettivi di riduzione. Le minacce di una recessione economica mondiale – ricorda
l’agenzia Misna - vengono usate come alibi per ritardare le azioni necessarie a ridurre
le emissioni inquinanti, come chiesto ieri dalla Francia a nome dell’Unione Europea.
Secondo molte associazioni ambientaliste, però, è proprio il fallimento dell’attuale
modello di sviluppo, giudicato sempre più insostenibile, a rendere necessario l’avvio
di un’economia con fonti rinnovabili, agricoltura biologica e risparmio energetico.
“Per il clima servono strategie a lungo termine”, ha affermato Yvo de Boer, segretario
esecutivo della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
(A.L.)