2008-12-03 16:22:07

La Rice a Delhi per allentare la tensione tra India e Pakistan


Il Pakistan non consegnerà all'India nessuno dei 20 terroristi dei quali è stata chiesta l’estradizione, se New Delhi non fornirà prove della loro colpevolezza. Lo ha riferito durante un’intervista il presidente pakistano, Asif Ali Zardari. Intanto, il direttore dell'intelligence americana, Mike McConnell, ha confermato quanto già emerso dalle indagini delle autorità indiane: i terroristi resposabili degli attacchi a Mumbai fanno capo al movimento islamista Lashkar-e-Taiba, che ha base in Pakistan. Il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, è arrivata a New Delhi nel tentativo di allentare la tensione tra India e Pakistan. Secondo fonti locali, avrebbe ricevuto le prove del coinvolgimento pakistano nell’azione terroristica. Nel ribadire che “gli Stati Uniti sono con l'India”, la Rice ha chiesto che i colpevoli degli attacchi terroristici di Mumbai vengano assicurati alla giustizia. Per la Rice, inoltre, non si può escludere il coinvolgimento di Al Qaeda negli attentati di Mumbai perchè - ha detto il segretario di Stato americano - “questo è un tipo di terrorismo nel quale partecipa Al Qaeda”. La Rice infine ha ribadito l'aiuto americano nelle indagini, per evitare che “ci sia un altro undici settembre”. Domani, il segretario di Stato Usa raggiungerà anche Islamabad per una visita lampo.

Pakistan
Almeno 4 persone sono state uccise in Pakistan, in un attacco suicida compiuto contro un convoglio delle forze della sicurezza nel nordovest del Paese, secondo quanto riferito dall'emittente privata Express TV.

Thailandia
Torna lentamente alla normalità la situazione negli aeroporti della Thailandia dopo che la Corte costituzionale ha sciolto i partiti di governo accusati di brogli elettorali. Intanto, il premier ad interim della Thailandia, Chavarat, ha confermato che il parlamento voterà per il nuovo primo ministro il prossimo lunedì 8 dicembre. Resta dunque inalterata l’attuale maggioranza parlamentare e le ragioni della crisi potrebbero riproposi negli stessi termini. Come interpretare dunque quello che sta avvenendo nel Paese asiatico? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Francesco Montessoro, docente di Storia dell’Asia all’Università statale di Milano:RealAudioMP3

R. - Noi crediamo che questa crisi possa essere letta in termini di democrazia: di una opposizione che vuole far valere le proprie ragioni, oppure di un governo che vuole far valere le ragioni della sua affermazione elettorale. In realtà, noi abbiamo a che fare con un Paese che è democratico a metà, e quale che sia la parte che prevalga sarà sempre una soluzione semi-democratica. Questo è l’elemento chiave.

 
D. - Il re appare molto importante nella gestione della politica del Paese…

 
R. - Nella crisi odierna, bisogna considerare il ruolo centrale del sovrano, perché è il garante del sistema thailandese. Questo sistema aveva come punti di forza l’alta burocrazia dello Stato, i militari e, gradualmente, una capacità di estendersi a ceti urbani effervescenti dal punto di vista sociale ed economico, in particolare alla regione di Bangkok. Su questo si reggeva la Thailandia fino alla crisi economica del 1997-1998. In quel periodo, una riforma costituzionale e le esigenze di intraprendere correzioni sul piano economico hanno portato all’ascesa di un personaggio nuovo, che era appunto Thaksin Shinawatra: un leader populista, ma che ha il sostegno elettorale del 60 per cento dei thailandesi.

 
D. - Nonostante l’accusa della Corte costituzionale sia stata di brogli nei confronti dei maggiori partiti, gli esponenti di questi partiti restano in Parlamento e lunedì dovranno eleggere un nuovo premier...

 
R. - Il risultato non cambia. Abbiamo un partito che si ispira a Thaksin Shinawatra, con 233 parlamentari su 480. Mentre il principale partito di opposizione, il partito democratico, è radicato al sud e ne ha 165. Per cui, dal punto di vista parlamentare non cambia nulla: questo è il dato di fatto. E, dunque, si potrebbe riproporre ancora una situazione paragonabile a quella che si è manifestata in questi ultimi mesi. Il problema è che, con ogni evidenza, i militari e il re sono contrari al regime che ha retto la Thailandia negli ultimi anni. In questo senso, credo che il peso relativo della monarchia si farà sentire.

Ennesima esplosione a Baghdad
Un civile iracheno è stato ucciso e altri cinque sono rimasti feriti dall'esplosione di un ordigno a Baghdad, nel quartiere orientale a maggioranza sciita di al-Amin. Secondo fonti di polizia, l'ordigno è esploso al passaggio di un minibus con a bordo numerosi passeggeri. Intanto, un commando militare americano a Baghdad ha riferito che una 13.enne irachena è riuscita a scappare dai suoi rapitori che volevano usarla come kamikaze. La ragazzina, che ha raccontato di essere stata costretta dai rapitori a nascondersi sotto il fondo di un’auto, avrebbe poi chiesto aiuto e protezione ai militari iracheni di un posto di blocco vicino Mosul, a circa 400 chilometri a nord della capitale.

Medio Oriente
Un palestinese è stato ferito gravemente oggi a colpi di coltello nel quartiere ultraortodosso di Mea Shearim, a Gerusalemme ovest. Intanto, dalla Striscia di Gaza proseguono anche oggi lanci sporadici di razzi palestinesi verso il Neghev israeliano, finora senza vittime. Ieri, un raid aereo israeliano nei pressi di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, ha provocato la morte di almeno due miliziani palestinesi. Fonti israeliane hanno riferito che gli uccisi erano membri di un commando che si apprestava a lanciare razzi Qassam sul territorio israeliano. Ed è forte la tensione anche a Hebron. Allo scopo di sedare gravi disordini fra coloni ebrei e palestinesi, divampati nei giorni scorsi, le autorità militari israeliane hanno definito "zona militare chiusa" un edificio di quattro piani a Hebron (Cisgiordania), la cui proprietà è contesa fra un uomo d'affari ebreo e un palestinese della città. Il mese scorso la Corte suprema ha chiesto alle autorità militari di provvedere allo sgombero dell'edificio, dove da due anni vivono alcune famiglie israeliane. Ma da allora il numero degli israeliani che vi abitano è salito ed è ora stimato in alcune centinaia di persone, per la maggior parte attivisti di estrema destra. Ieri, nelle vicinanze dell'edificio conteso, alcuni giovani ebrei si sono scontrati con reparti della Guardia di frontiera israeliana. Quattro dimostranti sono stati fermati.

Libano
Nuove informazioni sono state raccolte dalla Commissione d'inchiesta internazionale incaricata di indagare sull'omicidio dell'ex premier libanese, Rafik Hariri. Informazioni che potrebbero allungare la lista delle persone coinvolte nell'attentato di Beirut, avvenuto lo scorso gennaio, nel quale morirono altre 22 persone. Il servizio di Federica Andolfi:RealAudioMP3

Nel suo 11.mo rapporto preliminare, la commissione guidata dal giudice canadese, Daniel Bellemare, afferma che sono stati trovati “ulteriori elementi che rafforzano il legame” tra l'assassinio dell'ex premier libanese, Rafik Hariri, avvenuto nel 2005, e gli altri attentati che hanno insanguinato il Libano fino a gennaio scorso. A riferirlo è la stampa libanese. Sarà proprio il giudice Bellemare a guidare l'accusa nel processo che si aprirà il primo marzo 2009 all'Aja e che dovrà giudicare i presunti responsabili del crimine. “L'avvio delle attività del tribunale non significa che l'inchiestà è terminata”, si precisa nel rapporto. “La commissione e l'ufficio del procuratore - si legge - dovranno continuare a raccogliere prove”. Il governo siriano è stato accusato da più parti di essere responsabile dell'attentato, ma Damasco ha sempre negato ogni coinvolgimento. In quest'ultimo rapporto, nel quale si chiede tra l'altro una proroga del mandato della commissione fino alla fine di febbraio prossimo, si afferma che la Siria “ha in generale cooperato con la commissione in modo soddisfacente”.

 
Repubblica Democratica del Congo
Al momento non è possibile organizzare una missione europea nella Repubblica Democratica del Congo dove è in atto una sanguinosa guerra civile tra il governo centrale del presidente Joseph Kabila e l'ex generale ribelle, Laurent Nkunda. Lo ha confermato, oggi a Bruxelles, l'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza della Ue, Javier Solana, sottolineando che l'invio di forze europee non è per ora prevista nell'agenda della Difesa europea. Solo due giorni fa, il ministro degli Esteri belga riferiva di una richiesta del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, per il dispiegamento di una forza di transizione dell'Unione europea, in vista del rafforzamento di tremila caschi blu. Ma Solana ha precisato che da parte di Ban Ki-moon non c'è stata per il momento nessuna richiesta precisa. Intanto, i ribelli del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp), guidato da Laurent Nkunda, si sono detti disposti a incontrare le autorità del Nord Kivu, provincia all'estremità orientale della Repubblica Democratica del Congo dove si concentrano i combattimenti che li vedono impegnati contro le truppe governative.

Somalia
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità una risoluzione di sostegno formale all'azione navale dell'Unione Europea contro i pirati al largo della Somalia. Varata il 10 novembre scorso, la spedizione comunitaria sotto comando britannico scatterà lunedì prossimo e vedrà dalle cinque alle sei navi da guerra impegnate a pattugliare il settore nord-occidentale dell'Oceano Indiano e il Golfo di Aden. La risoluzione, presentata dagli Stati Uniti, estende di un anno il diritto ai Paesi che abbiano l'autorizzazione del governo di transizione di Mogadiscio di entrare nelle acque somale per dare lacaccia ai pirati. Intanto, una nave italiana da battaglia che partecipa alla missione Nato ha bloccato oggi un attacco dei pirati che aveva come obiettivo cinque mercantili tra cui uno iraniano. “Si tratta del più grande attacco multi-coordinato che abbiamo mai visto prima d'ora”, ha commentato un alto funzionario della Nato. I pirati somali hanno inoltre hanno rilasciato un cargo yemenita che avevano sequestrato lo scorso 25 novembre e per il rilascio del quale avevano chiesto un riscatto di due milioni di dollari. Stando alle dichiarazioni ufficiali non è stato pagato alcun rilascio.

Yemen
Almeno 20 persone sono affogate e altre due sarebbero disperse al largo della costa dello Yemen. Lo ha reso noto l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), secondo il quale la barca trasportava circa 115 passeggeri, per la maggior parte etiopi. Secondo lo staff dell'agenzia Onu, nello Yemen meridionale sono stati recuperati 20 corpi, mentre due migranti sono dispersi e 93 sono riusciti a raggiungere la costa dopo essersi gettati al largo di Ahwar, 220 chilometri a est della città portuale yemenita di Aden. I sopravvissuti sono stati trasferiti al centro d'accoglienza di Ahwar, gestito dall'Acnur. I morti sono stati sepolti in un cimitero donato dal governo yemenita. Quest'anno, oltre 43.500 migranti sono arrivati in Yemen a bordo di oltre 850 barche, dopo aver affrontato il pericoloso viaggio attraverso il Golfo di Aden dalla Somalia, da dove proviene la maggior parte degli immigrati. Almeno 380 sono morti e 360 risultano dispersi.

Italia
Un barcone in difficoltà a causa delle cattive condizioni meteo, con circa 150 migranti a bordo, ha lanciato l'Sos con un satellitare. Nella zona, 18 miglia a sud di Lampedusa, si sono dirette la corvetta "Danaide" della Marina militare italiana, una motovedetta della Guardia costiera e un motopesca. Le operazioni di soccorso sono coordinate dalla centrale operativa della Capitaneria di porto di Palermo.

Nato-rapporti con Georgia e Ucraina
I ministri degli Esteri dei Paesi Nato hanno concordato di rafforzare la cooperazione con Georgia e Ucraina per favorire l'avvio di riforme nelle due ex Repubbliche sovietiche. Lo ha affermato il segretario generale dell'Alleanza atlantica, Jaap de Hoop Scheffer, in occasione della riunione ministeriale dei 26 a Bruxelles. Saranno quindi rafforzate le due Commissioni (Nato-Georgia e Nato-Ucraina) incaricate di monitorare le riforme, politiche e militari, che i due Paesi devono attuare per aggiudicarsi la candidatura ad entrare nella Nato. Secondo l'intesa raggiunta, i due Paesi dovranno comunque passare attraverso l’accordo di pre-adesione per stabilire il grado effettivo di preparazione, prima di essere invitati al tavolo dell'Alleanza. Dopo la ripresa dei colloqui in ambito Osce, e la decisione della Ue di fare ripartire i negoziati per l'accordo di partnership strategica, anche la Nato ha ritenuto giunto il momento di "scongelare" le relazioni con la Russia. Ma non si parla per ora di riavviare la piena cooperazione militare. Scheffer ha chiarito che la ripresa di contatti informali non vuol dire essere d'accordo con la Russia né sull'uso sproporzionato della forza in Georgia nè sul riconoscimento unilaterale di Abkahzia e di Ossezia del Sud.

Cina-Francia
A rischio i rapporti economici e politici fra Pechino e Parigi se il presidente francese, Nicolas Sarkozy, non dovesse annullare l’incontro con il Dalai Lama, previsto il sei dicembre a Varsavia, dove il leader spirituale si troverà in occasione di una riunione di alcuni Nobel per la pace. È quanto sembra emergere dalle parole del portavoce del ministero degli Esteri cinese. “È tempo che la parte francese faccia la sua scelta - ha detto - Parigi dovrebbe rispettare le preoccupazioni cinesi”. La Cina, che accusa il Dalai Lama di volere l'indipendenza del Tibet, reagisce sempre con durezza agli incontri fra il leader tibetano e i governanti occidentali. Proprio a causa del viaggio che il Dalai Lama sta compiendo in Europa, il 26 novembre Pechino ha infatti cancellato il vertice Ue-Cina previsto per il 1 dicembre a Lione.

Tensioni fra le due Coree
Corea del Sud e Corea del Nord sempre più ai ferri corti: Seul rivolge un duro attacco a Pyongyang, accusandola di avere calpestato ogni tipo di accordo bilaterale preesistente e di essere responsabile del deterioramento attuale delle relazioni intercoreane. L'attacco è partito oggi dal Ministero della difesa sudcoreano, che ha riferito al parlamento in merito allo stato dei rapporti con il Nord, a due giorni dalla decisa stretta del transito alla frontiera per raggiungere il complesso industriale di Kaesong. Il transito adesso è permesso solo a 880 cittadini del Sud (secondo l'agenzia nordcoreana Kcna), rispetto agli oltre quattromila iniziali. Le relazioni tra le due Coree, tecnicamente ancora in guerra dopo l'armistizio firmato tra le parti nel 1953, si sono drammaticamente raffreddate dopo l'elezione del conservatore Lee Myung-bak alla presidenza della Corea del Sud, che ha subito sposato una linea meno accondiscendente verso il Nord rispetto alle amministrazioni del passato. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 338

 
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