Giornata mondiale contro l'Aids. L'Onu: salvare i bambini oggi è possibile
Riflettori puntati sui bambini nell’odierna 20.ma Giornata mondiale contro l’Aids.
Un Rapporto dell’Onu denuncia il ritardo nella prevenzione e nelle cure alle madri
e ai neonati sieropositivi. Il servizio di Roberta Gisotti.
Sono 2 milioni
e 100 mila nel mondo i piccoli malati di HIV sotto i 15 anni, su un totale di 33 milioni
di persone colpite dal virus. “Oggi nessun bambino dovrebbe morire per cause collegate
all’Aids”, dichiara il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
(Oms) Margaret Chan. “Sappiamo infatti - aggiunge – come prevenire queste tragiche
morti”, ma è una corsa contro il tempo, perché tutte le madri e tutti i bambini ricevano
le cure quanto prima possibile. Diagnosi precoce e terapie tempestive raccomanda il
rapporto delle Nazioni Unite “Bambini e Aids”. Prevenire la trasmissione dell’Hiv
da madre a figlio è un diritto umano, sostiene Peter Piot, direttore generale dell’Agenzia
dell’Onu per l’Aids. Ma sono ancora pochi - soprattutto nei Paesi più poveri dell’Africa
- i test per diagnosticare l’Hiv nelle donne incinte e nei neonati, considerato che
i bambini sieropositivi curati entro i primi tre mesi di vita hanno il 75 per cento
in più di possibilità di sopravvivere. Occorre poi informare ed educare i più giovani
sui rischi di contrarre il virus: il 45 per cento dei nuovi contagi nell’età tra i
15 e 24 anni. E c’è infine il dramma di 15 milioni di orfani che hanno perso uno o
entrambi i genitori a causa dell’Aids.
Una Giornata dunque per ricordare
che sono tante le battaglie per sconfiggere l’Aids. Battaglie che vedono in prima
linea anche la Chiesa, nei contesti più disagiati e bisognosi in ogni angolo del mondo,
una Chiesa che opera spesso in silenzio accanto a chi soffre, come sottolinea mons.
Jean-Marie Musivi Mpendawatu del Pontificio Consiglio per
la Pastorale della Salute, al microfono di Romilda Ferrauto:
R.
– La Chiesa è un po’ come il Vangelo: seminiamo senza grande rumore, senza grande
pubblicità, ma risulta che il 45,5 per cento dei Centri sanitari cattolici hanno un
programma specifico per l’Hiv-Aids. Questo programma comprende attività di prevenzione
e counseling, quindi la possibilità di ascoltare il disagio umano, psicologico ed
etico di persone malate e delle famiglie, in particolare. Noi abbiamo addirittura
dei Centri di ricerca, come quello Camilliano nel Burkina Faso, che fa proprio ricerca
scientifica sul virus Hiv, e che è uno dei centri maggiormente riconosciuti in questo
settore. Quindi, l'impegno della Chiesa soprattutto riguarda la cura, le visite domiciliari
ai malati e alle loro famiglie, e l’appoggio anche economico, perchè ci sono tanti
indigenti malati, tante famiglie che rimangono senza lavoro, e questo appoggio morale,
psicologico, spirituale è qualcosa di più che viene dalle nostre comunità e che viene
apprezzato. Forse dovremmo parlarne di più, perchè facciamo tanto, e forse non riusciamo
sempre a dire al mondo tutto quello che facciamo.