Mons. Migliore: la crisi finanziaria diventerà catastrofe se gestita solo dai Paesi
ricchi
Fronteggiare la crisi economica mondiale e avviare processi capaci di combattere efficacemente
la povertà. Sono alcune delle sfide della Conferenza internazionale sulla Finanza
per lo sviluppo delle Nazioni Unite che si aprirà domani a Doha, in Qatar. Fino al
2 dicembre capi di Stato e di governo e i vertici delle principali istituzioni e agenzie
di sviluppo faranno il punto su iniziative e progetti finalizzati alla cooperazione
internazionale. Dopo il G-20 di Washington, che ha cercato soluzioni a medio termine
alla crisi dei mercati, il Fondo Monetario Internazionale ha parlato della possibilità
di una nuova catastrofe finanziaria. Al microfono di Massimiliano Menichetti
il commento di mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa
Sede presso l’ONU a New York:
R. – Già
da tempo ci troviamo nel bel mezzo di una crisi finanziaria che potrà diventare catastrofe
se non si arginano i suoi riverberi su altre crisi: quella economica, alimentare,
energetica. Sembra si renda necessario un deciso ritorno del settore pubblico nei
mercati finanziari; occorre aumentare la coordinazione e la compattezza nella ricerca
delle soluzioni; occorrerà recuperare alcune dimensioni basilari della finanza, quelle
cioè della prevalenza del lavoro sul capitale, delle relazioni umane sulle pure transazioni
finanziarie, dell’etica sul solo criterio dell’efficienza. D.
– In una recente nota, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha chiesto
ai governanti di evitare che si inneschi la catena del protezionismo reciproco, perché
la Santa Sede teme questo rischio soprattutto per i Paesi in via di sviluppo … R.
– Gli esperti ci dicono che in questo frangente sarebbe estremamente controproducente
innalzare nuove barriere, sia agli scambi di beni e servizi, sia agli investimenti.
Ogni misura protezionistica di questo genere potrebbe esacerbare l’attuale situazione
economica. D. – Ecco: sempre la nota del dicastero vaticano
Giustizia e Pace, richiede, come anche il Papa ha fatto in numerosi interventi, un
maggiore coinvolgimento dei Paesi in via di sviluppo da parte delle economie forti
… R. – Fu lo stesso Papa Benedetto XVI a rilevare, davanti all’Assemblea
generale dell’Onu il 18 aprile scorso, che il consenso multilaterale continua ad essere
in crisi e talora anche irrilevante, proprio perché viene subordinato alle decisioni
di pochi, mentre i problemi del mondo esigono interventi nella forma di azione collettiva
da parte della comunità internazionale. E poi, tra le lezioni di questa crisi ce n’è
una che pochi rilevano ma è importante: alla fin fine, i debitori più affidabili,
quelli che pagano i debiti e i prestiti, sono proprio i poveri, quelli che fanno buon
uso degli aiuti per impostare una vita decente. Guardando lo sviluppo raggiunto recentemente
da molti Paesi, si constata che il finanziamento dello sviluppo ha dato buoni risultati
dove sono stati finanziati programmi per andare incontro alle esigenze di base dei
più poveri: salute, educazione, abitazione, lavoro … E questi piani di aiuto, oltre
ad avere creato benessere, hanno promosso armonia, coesistenza pacifica e cooperazione. D.
– Altra esortazione ricorrente negli interventi della Santa Sede attraverso i suoi
osservatori all’Onu, quella per un sistema finanziario più trasparente e responsabile.
Quali vie percorrere concretamente? R. – Credo che si debba
invertire il processo un po’ imbizzarrito della finanziarizzazione dell’economia,
per adottare criteri più confacenti alla persona umana, la quale gestisce e beneficia
della finanza. Regolamenti e codici etici ne esistevano già molti prima della crisi;
il problema è che vigeva una vasta impunità per chi non li rispettava. E poi, è una
questione di leadership, di autorità morale dei governanti a tutti i livelli, i quali
hanno la responsabilità primaria di proteggere i cittadini, soprattutto la massa di
lavoratori, risparmiatori, gente ordinaria che non ha la possibilità di seguire la
complicata ingegneria finanziaria e deve essere messa al riparo dagli inganni e dagli
abusi dei furbi … D. – Lei parteciperà alla conferenza internazionale
dell’Onu a Doha: un evento a cui parteciperanno rappresentanti di tutti i 192 Paesi
membri delle Nazioni Unite. Quale contributo darà la Santa Sede in questa occasione? R.
– La Santa Sede ha seguito assiduamente e attivamente la preparazione di questa conferenza
a livello di dibattiti e negoziato sul documento finale. Il nostro apporto si è concentrato
su alcuni capitoli, come quello della mobilitazione delle risorse interne dei Paesi
che è indispensabile per permettere ai Paesi in via di sviluppo di poter decollare
con le proprie forze, e anche evitare neo-colonialismi economici. Abbiamo collaborato
a formulare proposte concernenti il commercio internazionale, gli aiuti pubblici allo
sviluppo, la questione del debito estero e in particolare, riteniamo importante la
partecipazione della Santa Sede per dare il nostro appoggio e incoraggiare altri ad
assumersi l’impegno di perseguire la buona causa dello sviluppo, sia per dovere di
solidarietà, ma sia anche per accortezza politica. Da questa crisi ne usciremo bene
se tutti insieme; falliremo, se corriamo ai ripari solo per chi ne ha i mezzi. D.
– Quali sono le sue aspettative per il prossimo futuro? R. –
Direi che si continui a cercare soluzioni coinvolgendo tutti e che pertanto ridonderanno
a beneficio di tutti; che ogni segmento della società dia il proprio contributo: gli
esperti a livello istituzionale, i governanti con fermezza e senso di responsabilità,
gli operatori finanziari, le famiglie, le imprese con un sussulto anch’esse di responsabilità
personale e solidarietà. E per parte sua, anche la Chiesa ha un compito: quello di
educare e di formare a questi valori.