2008-11-28 13:02:21

Mons. Migliore: la crisi finanziaria diventerà catastrofe se gestita solo dai Paesi ricchi


Fronteggiare la crisi economica mondiale e avviare processi capaci di combattere efficacemente la povertà. Sono alcune delle sfide della Conferenza internazionale sulla Finanza per lo sviluppo delle Nazioni Unite che si aprirà domani a Doha, in Qatar. Fino al 2 dicembre capi di Stato e di governo e i vertici delle principali istituzioni e agenzie di sviluppo faranno il punto su iniziative e progetti finalizzati alla cooperazione internazionale. Dopo il G-20 di Washington, che ha cercato soluzioni a medio termine alla crisi dei mercati, il Fondo Monetario Internazionale ha parlato della possibilità di una nuova catastrofe finanziaria. Al microfono di Massimiliano Menichetti il commento di mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU a New York:RealAudioMP3

R. – Già da tempo ci troviamo nel bel mezzo di una crisi finanziaria che potrà diventare catastrofe se non si arginano i suoi riverberi su altre crisi: quella economica, alimentare, energetica. Sembra si renda necessario un deciso ritorno del settore pubblico nei mercati finanziari; occorre aumentare la coordinazione e la compattezza nella ricerca delle soluzioni; occorrerà recuperare alcune dimensioni basilari della finanza, quelle cioè della prevalenza del lavoro sul capitale, delle relazioni umane sulle pure transazioni finanziarie, dell’etica sul solo criterio dell’efficienza.
 
D. – In una recente nota, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha chiesto ai governanti di evitare che si inneschi la catena del protezionismo reciproco, perché la Santa Sede teme questo rischio soprattutto per i Paesi in via di sviluppo …
 
R. – Gli esperti ci dicono che in questo frangente sarebbe estremamente controproducente innalzare nuove barriere, sia agli scambi di beni e servizi, sia agli investimenti. Ogni misura protezionistica di questo genere potrebbe esacerbare l’attuale situazione economica.
 
D. – Ecco: sempre la nota del dicastero vaticano Giustizia e Pace, richiede, come anche il Papa ha fatto in numerosi interventi, un maggiore coinvolgimento dei Paesi in via di sviluppo da parte delle economie forti …
 
R. – Fu lo stesso Papa Benedetto XVI a rilevare, davanti all’Assemblea generale dell’Onu il 18 aprile scorso, che il consenso multilaterale continua ad essere in crisi e talora anche irrilevante, proprio perché viene subordinato alle decisioni di pochi, mentre i problemi del mondo esigono interventi nella forma di azione collettiva da parte della comunità internazionale. E poi, tra le lezioni di questa crisi ce n’è una che pochi rilevano ma è importante: alla fin fine, i debitori più affidabili, quelli che pagano i debiti e i prestiti, sono proprio i poveri, quelli che fanno buon uso degli aiuti per impostare una vita decente. Guardando lo sviluppo raggiunto recentemente da molti Paesi, si constata che il finanziamento dello sviluppo ha dato buoni risultati dove sono stati finanziati programmi per andare incontro alle esigenze di base dei più poveri: salute, educazione, abitazione, lavoro … E questi piani di aiuto, oltre ad avere creato benessere, hanno promosso armonia, coesistenza pacifica e cooperazione.
 
D. – Altra esortazione ricorrente negli interventi della Santa Sede attraverso i suoi osservatori all’Onu, quella per un sistema finanziario più trasparente e responsabile. Quali vie percorrere concretamente?
 
R. – Credo che si debba invertire il processo un po’ imbizzarrito della finanziarizzazione dell’economia, per adottare criteri più confacenti alla persona umana, la quale gestisce e beneficia della finanza. Regolamenti e codici etici ne esistevano già molti prima della crisi; il problema è che vigeva una vasta impunità per chi non li rispettava. E poi, è una questione di leadership, di autorità morale dei governanti a tutti i livelli, i quali hanno la responsabilità primaria di proteggere i cittadini, soprattutto la massa di lavoratori, risparmiatori, gente ordinaria che non ha la possibilità di seguire la complicata ingegneria finanziaria e deve essere messa al riparo dagli inganni e dagli abusi dei furbi …
 
D. – Lei parteciperà alla conferenza internazionale dell’Onu a Doha: un evento a cui parteciperanno rappresentanti di tutti i 192 Paesi membri delle Nazioni Unite. Quale contributo darà la Santa Sede in questa occasione?
 
R. – La Santa Sede ha seguito assiduamente e attivamente la preparazione di questa conferenza a livello di dibattiti e negoziato sul documento finale. Il nostro apporto si è concentrato su alcuni capitoli, come quello della mobilitazione delle risorse interne dei Paesi che è indispensabile per permettere ai Paesi in via di sviluppo di poter decollare con le proprie forze, e anche evitare neo-colonialismi economici. Abbiamo collaborato a formulare proposte concernenti il commercio internazionale, gli aiuti pubblici allo sviluppo, la questione del debito estero e in particolare, riteniamo importante la partecipazione della Santa Sede per dare il nostro appoggio e incoraggiare altri ad assumersi l’impegno di perseguire la buona causa dello sviluppo, sia per dovere di solidarietà, ma sia anche per accortezza politica. Da questa crisi ne usciremo bene se tutti insieme; falliremo, se corriamo ai ripari solo per chi ne ha i mezzi.
 
D. – Quali sono le sue aspettative per il prossimo futuro?
 
R. – Direi che si continui a cercare soluzioni coinvolgendo tutti e che pertanto ridonderanno a beneficio di tutti; che ogni segmento della società dia il proprio contributo: gli esperti a livello istituzionale, i governanti con fermezza e senso di responsabilità, gli operatori finanziari, le famiglie, le imprese con un sussulto anch’esse di responsabilità personale e solidarietà. E per parte sua, anche la Chiesa ha un compito: quello di educare e di formare a questi valori.







All the contents on this site are copyrighted ©.