Nord Kivu: Kinshasa respinge la proposta Onu di negoziati tra ribelli e governo
Non accenna a diminuire l’emergenza bellica in Nord Kivu, la regione congolese dove
da mesi le truppe governative si scontrano con gruppi ribelli, tra cui quello guidato
dal generale ‘Nkunda. Il governo di Kinshasa ha seccamente respinto la proposta dell’Onu
di avviare negoziati diretti con i ribelli, che ormai controllano gran parte della
zona nord-orientale del Paese. La decisione sembra aver provocato una ripresa dei
combattimenti, che negli ultimi giorni erano sensibilmente diminuiti. Intanto, sono
molte le denunce da parte di organizzazioni non governative che operano in loco e
che testimoniano il dramma dei civili costretti a fuggire senza cibo e acqua e in
preda ad epidemie di colera e di altre malattie. Sulla difficoltà di avviare le trattative,
Giancarlo La Vella ha intervistato Tommaso Della Longa, direttore dell’agenzia
stampa “Inedita”, che si trova in Nord Kivu:
R. – Al
momento, la situazione è abbastanza complicata e tesa e, forse, questo è il motivo
primario. Ci sono anche cause economiche, ci sono cause etniche, poi diciamo che da
queste parti la guerra sta diventando un po’ un fatto endemico. Se la voce, molto
accreditata, che sentiamo in questi giorni nelle strade di Goma, per cui il presidente
del Congo, Kabila, si sarebbe ritirato dal tavolo delle trattative, ebbene, a questo
punto ci sarebbe un ulteriore problema e la soluzione militare rischia di essere l’unica
strada alle porte. D. – Una situazione, quella del Nord Kivu,
che sta generando una crisi umanitaria di proporzioni vastissime. Qual è la vostra
testimonianza? R. – Ci sono tanti campi pieni di gente, che
si è spostata dalle zone nei dintorni di Goma ed è arrivata vicino alla città; solo
i campi gestiti dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, sono
sei e in alcuni di questi manca tutto. Si tratta di distese immense formate da tende,
baracche, dove c’è una situazione sanitaria molto grave, dove soprattutto c’è un problema
di sicurezza, perché, raccogliendo sfollati e non profughi, questi campi non sono
difesi da nessuno e, quindi, chiunque sia armato di kalashnikov, sia militante delle
forze governative dell’esercito, sia di altre fazioni militari, entra nel campo per
rubare alimenti, l’acqua, ma soprattutto per rapire minori e farli diventare bambini
soldato e per violentare le donne. Pochi giorni fa, i soldati dell’esercito governativo,
sono entrati in uno di questi campi e una donna di 20 anni è stata uccisa mentre cercava
di ribellarsi alla violenza. D. – Avete avuto contatti con organizzazioni
umanitarie che operano sul posto? R. – Sì, assolutamente. Noi,
da quando siamo arrivati, abbiamo visitato le varie organizzazioni internazionali,
in particolare, ovviamente quelle italiane, perché esiste anche qui una sorta di “sistema
Italia” che funziona bene e che, anche nei momenti di maggiore scontro, non è mai
andato via da qui ed ha continuato il suo lavoro, rimanendo in prima linea ed è molto
apprezzato dalle persone di Goma e del Kivu.