Rinnovare il dialogo tra bellezza e verità per un nuovo umanesimo cristiano: così,
il Papa nel messaggio alle Pontificie Accademie
Impegnarsi in modo “appassionato e creativo” per promuovere nelle culture contemporanee
“un nuovo umanesimo cristiano che sappia percorrere con chiarezza e decisione la via
dell’autentica bellezza”: è l’invito di Benedetto XVI contenuto nel messaggio al presidente
del Pontificio Consiglio della Cultura, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, in occasione
della tredicesima seduta pubblica delle sette Pontificie Accademie, apertasi stamani
in Vaticano. Il messaggio del Papa è stato letto dal cardinale segretario di Stato,
Tarcisio Bertone. L’evento, organizzato quest’anno dalla Pontifica Insigne Accademia
di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon, è incentrato sul tema “Universalità
della bellezza: estetica ed etica a confronto”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
E’ urgente
“un rinnovato dialogo tra estetica ed etica, tra bellezza, verità e bontà”: è l’esortazione
di Benedetto XVI che rileva come questa necessità ci venga riproposta “non solo dall’attuale
dibattito culturale ed artistico, ma anche dalla realtà quotidiana”. A diversi livelli,
scrive il Papa, “emerge drammaticamente la scissione, e talvolta il contrasto tra
le due dimensioni, quella della ricerca della bellezza, compresa però riduttivamente
come forma esteriore, come apparenza da perseguire a tutti i costi, e quella della
verità e bontà delle azioni che si compiono per realizzare una certa finalità”.
“Una
ricerca della bellezza che fosse estranea o avulsa dall'umana ricerca della verità
e della bontà - costata il Papa - si trasformerebbe, come purtroppo succede, in mero
estetismo e, soprattutto per i più giovani, in un itinerario che sfocia nell'effimero,
nell'apparire banale e superficiale o addirittura in una fuga verso paradisi artificiali,
che mascherano e nascondono il vuoto e l'inconsistenza interiore”. Questa ricerca,
“apparente e superficiale”, aggiunge il Papa, “non avrebbe certo un afflato universale,
ma risulterebbe inevitabilmente del tutto soggettiva, se non addirittura individualistica,
per terminare talvolta persino nell'incomunicabilità”. Come rispondere dunque a questa
sfida? Nel messaggio, Benedetto XVI sottolinea “la necessità e l’impegno di un allargamento
degli orizzonti della ragione”. In questa prospettiva, è l’esortazione del Papa, “bisogna
tornare a comprendere anche l’ultima connessione che lega la ricerca della bellezza
con la ricerca della verità e della bontà”. E avverte: “Una ragione che volesse spogliarsi
della bellezza risulterebbe dimezzata, come anche una bellezza priva di ragione si
ridurrebbe ad una maschera vuota ed illusoria”.
Il
Papa riprende, dunque, il suo intervento sul rapporto tra bellezza e ragione nell’incontro
con il clero della diocesi di Bressanone, dello scorso agosto. “Dobbiamo - è la sua
esortazione - mirare ad una ragione molto ampliata nella quale cuore e ragione si
incontrano, bellezza e verità si toccano”. Se questo impegno è valido per tutti, prosegue
il Santo Padre, lo è ancor più per il credente “chiamato dal Signore a rendere a ragione
a tutti della bellezza e della verità della propria fede”. La bellezza delle opere
di cui ci parla il Vangelo, si legge ancora, “rimanda oltre, ad un’altra bellezza,
verità e bontà che soltanto in Dio hanno la loro perfezione e la loro sorgente ultima”.
“La
nostra testimonianza - è il richiamo del Papa - deve nutrirsi di questa bellezza,
il nostro annuncio del Vangelo deve essere percepito nella sua bellezza e novità”.
Per questo, prosegue il messaggio, “è necessario saper comunicare con il linguaggio
delle immagini e dei simboli; la nostra missione quotidiana deve diventare eloquente
trasparenza della bellezza dell'amore di Dio per raggiungere efficacemente i nostri
contemporanei, spesso distratti e assorbiti da un clima culturale non sempre propenso
ad accogliere una bellezza in piena armonia con la verità e la bontà, ma pur sempre
desiderosi e nostalgici di una bellezza autentica, non superficiale ed effimera”.
D’altro
canto, rileva, anche nel recente Sinodo dei Vescovi è stata evidenziata l’importanza
“del saper leggere e scrutare la bellezza delle opere d’arte”, come anche è stata
ribadita “la bontà e l’efficacia” della via della bellezza. E’ questa via, scrive
il Papa, “uno dei possibili itinerari, forse quello più attraente ed affascinante
per comprendere e raggiungere Dio”. Invita quindi a riprendere in mano, a dieci anni
dalla pubblicazione, la Lettera agli Artisti di Giovanni Paolo II. Un testo che ci
invita a riflettere “sull’intimo e fecondo dialogo tra la Sacra Scrittura e le diverse
forme artistiche”. Una Lettera, aggiunge il Papa, che esorta a rinnovare la riflessione
“sulla creatività degli artisti e sul fecondo quanto problematico dialogo tra questi
e la fede cristiana, vissuta nella comunità dei credenti”. Infine, l’esortazione di
Benedetto XVI agli Accademici e agli Artisti a “suscitare meraviglia e desiderio del
bello, formare la sensibilità degli animi e alimentare la passione per tutto ciò che
è autentica espressione del genio umano e riflesso della Bellezza divina”.
A
chiusura del messaggio, il Papa esprime parole di elogio per il vincitore del Premio
delle Pontificie Accademie, assegnato quest'anno al dott. Daniele Piccini, studioso
della letteratura italiana. Menzione di merito anche per il dott. Giulio Catelli,
giovane pittore, e alla Fondazione d'arte italiana "Stauròs", insigniti di una Medaglia
del Pontificato.
Nel suo intervento per l’occasione,
mons. Gianfranco Ravasi ha sottolineato che nella Bibbia troviamo una fusione tra
etica ed estetica che non esclude la contemplazione del bello. Nel Vecchio come nel
Nuovo Testamento, ha aggiunto il presule, la bellezza è sempre anche un’epifania di
Dio e non c’è mai un estetismo fine a se stesso. La vera estetica, ha quindi concluso
il capo dicastero, non può distaccarsi dal suo fondamento. E proprio sulla possibile
armonia tra le due dimensioni dell’etica e dell’estetica, Alessandro Gisotti
ha intervistato il prof. Vitaliano Tiberia, presidente della Pontificia Insigne
Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon:
R. - Il bello,
che è pietra angolare del concetto di “forma”, è stato posto spesso a confronto con
il bene e il vero, e in questo senso si può pensare ad un’armonizzazione. Il bello
rappresenta un po’ la sintesi di queste altre due categorie, del bene e del vero.
Il bello come si raggiunge, se non con l’arte? Già Paolo VI disse che la Chiesa aveva
bisogno degli artisti. Lo ha ripetuto Giovanni Paolo II in una sua ormai memorabile
Lettera del 1999: lui, che era stato attore, che continuava a scrivere poesie, si
rivolse ai suoi “colleghi” artisti, ricordando che il concetto di “bello” ha attraversato
i secoli ed ha accomunato mondi lontani, ha superato le ideologie, le divisioni e
in questo senso il bello ha una sua universalità.
D.
- In un’udienza generale del maggio scorso, Benedetto XVI ha sottolineato che la fede
è gioia: perciò crea bellezza. Ecco, una sua riflessione su queste parole del Papa…
R.
- Certo: la fede è gioia. La fede è qualcosa di interiore, la fede è un dono, diciamo
noi cristiani. La fede si può accomunare al bello, alla bellezza. Perché? Perché è
la fede che riesce a illuminare la vita. In questo senso, le parole del Papa mi sembra
siano definitive. E’ un assoluto, potrei definirlo, “ontologico”, in una parola. D’altra
parte, il Papa essendo tedesco, ricapitola nella sua cultura quella che è stata anche
la grande estetica che è venuta da quel grande Paese: l’estetica che nasce nel mondo
moderno, con Kant, e si sviluppa poi nel Settecento, nell’Ottocento, fino a Goethe
e Schiller, fino ai grandi dell’estetica tedesca. Dunque, è sul piano della fede e
sul piano anche della vita quotidiana che l’estetica, il bello, danno gioia, suscitano
emozione.
D. - Professore, quali sono le sue aspettative
per questo evento che riunisce le Pontificie Accademie sul tema universale della bellezza?
R.
- Il nostro tempo si è forse troppo concentrato sul concetto di giustizia e ha dimenticato
quello di bellezza e di amore. La bellezza e l’amore possono tornare a vivere se noi
avremo la volontà, ancora una volta, di credere in essi. E' ciò che io mi aspetto.
Sul piano pratico, è difficile dare delle formule, perché poi la creatività degli
artisti, attraverso la quale si raggiunge il bello, non ha bisogno di ricette o di
formule. La forma artistica è qualcosa di misterioso, è qualcosa che appartiene alla
creatività dell’artista, in particolare. E in questo senso, è uno dei più grandi doni
che il Creatore ci ha fatto.