Beatificati a Nagasaki 188 martiri giapponesi. Il cardinale Saraiva Martins: il martirio,
atto d'amore verso Dio e gli uomini, compresi i persecutori
Oltre 30mila persone hanno partecipato oggi a Nagasaki alla beatificazione di 188
martiri giapponesi, in gran parte laici, donne, bambini e anche disabili, uccisi in
odio alla fede tra il 1603 e il 1639. Hanno presieduto il rito il cardinale arcivescovo
emerito di Tokyo, mons. Peter Seiichi Shirayanagi, e, in rappresentanza del Papa,
il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause
dei Santi, che ha sottolineato come il martirio sia "il più pieno esercizio della
libertà umana e l'atto supremo dell'amore": tra i concelebranti, oltre al cardinale
Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, anche sette
vescovi dalla Corea, insieme a vescovi dalle Filippine e da Taiwan. Il servizio di
Sergio Centofanti.
Grande
commozione oggi a Nagasaki per la beatificazione di 188 martiri giapponesi: sono passati
quattro secoli ma la rievocazione di questa forte testimonianza di fede ha scosso
i fedeli presenti. Intere famiglie sterminate per non aver voluto rinnegare Gesù.
Donne bruciate vive abbracciate ai loro bambini, con le madri che pregavano dicendo:
“Gesù accogli le loro anime”. E poi torture feroci: uomini, donne, giovani e anche
disabili crocifissi o tagliati a pezzi. Il gesuita Pietro Kibe torturato per dieci
giorni consecutivi incoraggiava i catechisti martoriati accanto a lui. Il cardinale
Saraiva Martins ha sottolineato, citando Sant’Agostino, che “non è la condanna o il
tormento che fa il martire, ma la causa o il motivo che è Cristo”. La “caratteristica
distintiva del martirio cristiano” – ha proseguito con le parole di Benedetto XVI
– è il fatto di essere “esclusivamente un atto di amore, verso Dio e verso gli uomini,
compresi i persecutori”. “La Chiesa dell’andate e annunciate, cioè la Chiesa missionaria
di Cristo – ha detto il porporato – è anche la Chiesa dei martiri, che non ha deposto
mai la tunica rossa del martirio”. “In questo nostro mondo assillato per il suo avvenire
– ha rilevato il cardinale Saraiva Martins - l’esempio di quelli che ‘resero bianche
le loro tuniche nel sangue dell’Agnello’ (Ap. 7, 14) costituisce un sicuro punto di
riferimento e rinsalda la testimonianza pubblica della fede perché possiamo con le
parole e con le opere rendere prova dei nostri ideali, e promuovere la fraternità
tra i figli di Dio”. Il porporato ha portato il saluto e la benedizione del Papa,
che ieri all'Angelus in Piazza San Pietro ha voluto ricordare questa "circostanza
così significativa" assicurando la sua "spirituale vicinanza" a quanti hanno partecipato
al rito. I vescovi giapponesi, da parte loro, hanno sottolineato che “questi 188
martiri non sono dei militanti politici, non hanno lottato contro un regime che impediva
la libertà religiosa: sono stati uomini e donne di una fede profonda e autentica,
che indicano la strada a coloro che credono” donando “a tutti noi un’esperienza
su cui riflettere”.