In missione in Corea del Nord un religioso cattolico: è la prima volta, dopo la presa
del potere da parte del regime comunista
La Chiesa compie un importante passo in Corea del Nord: per la prima volta, dopo la
presa del potere da parte del regime comunista, un prete cattolico andrà in missione
nel Paese asiatico. Si tratta di padre Paul Kim kwon-soon, dell’ordine dei frati Minori
che si trasferirà a Pyongyang alla fine di novembre. Il sacerdote gestirà un centro
sociale che fornirà cibo e cure mediche agli operai di una fabbrica della capitale
nordcoreana. E’ un nuovo importante gesto di solidarietà della Chiesa in un Paese
profondamente colpito dal dramma della povertà. E’ quanto sottolinea, al microfono
di Amedeo Lomonaco, fra Josè Rodriguez Carballo, ministro generale dell’Ordine
dei frati minori:
R. – Dei
grandi passi possono iniziarsi con questo piccolo passo, segno assai importante. Un
segno profetico sia per la Chiesa, sia certamente per l’ordine francescano. Io, come
ministro generale, sono felice che sia stato un francescano, un frate minore, ad essere
il primo che dopo 60 anni può svolgere un’attività sociale nella Corea del Nord. Sono
contento perché andiamo in Corea del Nord nel segno della pace. Vogliamo essere ponti
di riconciliazione tra le due Coree, per quest’unico popolo che, per motivi diversi,
in questo momento è diviso.
D. - Cosa cambia dopo
questo primo passo di un sacerdote cattolico in Corea del Nord?
R.
- Non so cosa cambierà. Sono felice che un frate minore si metta al servizio di 1500
operai, potendo anche disporre di un ambulatorio per un primo ausilio. Questo va molto
bene anche per la missione francescana. Una missione che consiste nell’essere sempre
vicini ai più bisognosi.
D. – E’ dunque una missione
in stile tipicamente francescano perché orientata verso il servizio ai poveri, l’annuncio
della pace, la presenza fraterna e l’accoglienza del prossimo. In un Paese come la
Corea del Nord la parola della Chiesa può trovare spazio anche tra le parole della
politica per promuovere un dialogo autentico tra le due Coree?
R.
– Io credo che in questo momento la cosa più importante sia la presenza; in questo
senso è anche una missione molto francescana, perché San Francesco, nella sua regola,
quando invia i suoi frati al mondo intero, dice che mostrino di essere cristiani e
di predicare anche il Vangelo, quando sarà volontà del Signore. Io credo veramente
che l’importante, in questo momento, sia una presenza cristiana, una presenza evangelica,
in una società che certamente è propizia ad accogliere i valori evangelici: il popolo
coreano è accogliente. E’ un popolo che, forse anche senza saperlo, sta vivendo tanti
e tanti valori propri del cristianesimo e del Vangelo.
D.
– La comunità cattolica in Corea del Nord ha sofferto tanto: c’è stata una riduzione
da 55 mila cattolici, al momento della presa del potere da parte dei comunisti, agli
attuali circa 3 mila. Quali sono le priorità della Chiesa verso questa comunità?
R.
– Io credo che, soprattutto quando la Chiesa è minoritaria, il ruolo principale è
di far cammino con questa Chiesa. E’ importante che questi cattolici, questi cristiani,
non si sentano soli.