L'intervento del cardinale Rodé al Convegno per i cento anni della Congregazione per
gli Istituti di Vita Consacrata
Continuare con l’intelligenza della fede il servizio in favore della vita consacrata.
Con questa esortazione il cardinale Franc Rodé prefetto della Congregazione per gli
Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, ha aperto oggi a Roma
il convegno per festeggiare i cento anni del dicastero. Un’occasione per la Congregazione
che intende rivisitare la sua storia quale servizio teologico, giuridico e pastorale
alla vita consacrata. Ma quali sono stati i frutti colti in questo centenario? Romilda
Ferrauto, responsabile del programma francese, lo ha chiesto al cardinale Franc
Rodé:
R. – Difficile
esprimere un’opinione sui frutti di questi cento anni. Io penso, comunque, che la
presenza dei religiosi e delle religiose nella Chiesa sia stata di un’importanza essenziale,
come infatti non cessano di dirlo tutti i Papi. E ancora oggi, dopo il Concilio Vaticano
II e i decenni che sono stati di prova e di una certa crisi, questa presenza ha una
grandissima importanza sia nel settore dell’insegnamento sia in quello della sanità,
come aiuto – ad esempio – nei settori più poveri della società umana.
D.
– Quali i problemi che invece persistono e che vi ponete come un obiettivo per il
futuro?
R. – Io direi che soprattutto ci ritroviamo
ancora con la problematica sorta dopo il Concilio Vaticano II, mi riferisco ad una
certa interpretazione della vita religiosa che è stata prevalente in tante congregazioni
religiose. Il Concilio Vaticano II ha chiamato ad un rinnovamento in profondità ma
questo appello è stato compreso da tanti religiosi e religiose come una chiamata verso
uno stile secolare o secolarizzato di vita. E’ così che certi elementi, estranei alla
vita religiosa, sono penetrati nelle comunità, il che non è stato certamente positivo.
Oggi stiamo cercando di passare ad un’epoca nuova nelle vere intenzione del Concilio
che non ha parlato di “rottura” con il passato ma che invece voleva che la vita religiosa
fosse fedele e che ci fosse una certa continuità nella vita consacrata.
D.
– Un concetto che Benedetto XVI ha ricordato nel discorso alla Curia Romana, il 22
dicembre 2005, quando parlava di due diverse interpretazioni che “si sono trovate
a confronto e hanno litigato tra loro”…
R. – Il Santo Padre parla di
due letture diverse del Concilo Vaticano II: una in chiave di rottura e di discontinuità,
che è stata – bisogna dire – abbastanza negativa e fatale a tante congregazioni religiose,
e l’altra in chiave di continuità e di riforma nella fedeltà al grande passato della
vita consacrata. Noi stiamo attuando la vita consacrata nella logica della riforma
nella continuità, secondo il Concilio Vaticano II e le linee di orientamento che ci
dà il Santo Padre, tornando così ai valori essenziali, ai valori tradizionali, fondamentali
della vita consacrata quali la visibilità, la preghiera, la vita in comune, i consigli
evangelici di povertà, obbedienza, castità … E penso che parlando e promuovendo questi
valori essenziali della vita consacrata, siamo sulla buona strada anche per preparare
un futuro migliore alla vita consacrata.
D. – Eminenza,
lei ha fatto allusione ai problemi principali – il calo delle vocazioni, la secolarizzazione.
Però, questi ultimi anni sono stati anche segnati da nuovi carismi, dalla nascita
di nuove sensibilità. C’è rischio di dispersione?
R.
– In questi anni si sono manifestati tanti carismi preziosi per la vita della Chiesa,
per la vita consacrata in se stessa. C’è però una novità: questi carismi, che tradizionalmente
si manifestavano in Europa, oggi si manifestano in Africa, in Asia e soprattutto in
America Latina. Per la prima volta nella storia della Chiesa abbiamo nuove famiglie
religiose che nascono fuori dall’Europa con carismi molto interessanti e con un enorme
dinamismo apostolico, che entrano nella vita della Chiesa. Una grande novità, dunque,
che si manifesta e che porta il centro di gravità verso altri continenti.
D.
– Dunque un panorama variegato con ombre e luci e con nuovi segni dei tempi?
R.
– Io penso che possiamo dire che le ombre appaiono già un poco come una cosa del passato
e sempre più – almeno questa è la mia impressione – si vedono queste grandi luci che
appaiono all’orizzonte della Chiesa. Sono già una realtà bella, una realtà molto promettente
per il domani.