2008-11-22 15:25:27

L'intervento del cardinale Rodé al Convegno per i cento anni della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata


Continuare con l’intelligenza della fede il servizio in favore della vita consacrata. Con questa esortazione il cardinale Franc Rodé prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, ha aperto oggi a Roma il convegno per festeggiare i cento anni del dicastero. Un’occasione per la Congregazione che intende rivisitare la sua storia quale servizio teologico, giuridico e pastorale alla vita consacrata. Ma quali sono stati i frutti colti in questo centenario? Romilda Ferrauto, responsabile del programma francese, lo ha chiesto al cardinale Franc Rodé:RealAudioMP3

R. – Difficile esprimere un’opinione sui frutti di questi cento anni. Io penso, comunque, che la presenza dei religiosi e delle religiose nella Chiesa sia stata di un’importanza essenziale, come infatti non cessano di dirlo tutti i Papi. E ancora oggi, dopo il Concilio Vaticano II e i decenni che sono stati di prova e di una certa crisi, questa presenza ha una grandissima importanza sia nel settore dell’insegnamento sia in quello della sanità, come aiuto – ad esempio – nei settori più poveri della società umana.

D. – Quali i problemi che invece persistono e che vi ponete come un obiettivo per il futuro?

 
R. – Io direi che soprattutto ci ritroviamo ancora con la problematica sorta dopo il Concilio Vaticano II, mi riferisco ad una certa interpretazione della vita religiosa che è stata prevalente in tante congregazioni religiose. Il Concilio Vaticano II ha chiamato ad un rinnovamento in profondità ma questo appello è stato compreso da tanti religiosi e religiose come una chiamata verso uno stile secolare o secolarizzato di vita. E’ così che certi elementi, estranei alla vita religiosa, sono penetrati nelle comunità, il che non è stato certamente positivo. Oggi stiamo cercando di passare ad un’epoca nuova nelle vere intenzione del Concilio che non ha parlato di “rottura” con il passato ma che invece voleva che la vita religiosa fosse fedele e che ci fosse una certa continuità nella vita consacrata.

 
D. – Un concetto che Benedetto XVI ha ricordato nel discorso alla Curia Romana, il 22 dicembre 2005, quando parlava di due diverse interpretazioni che “si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro”…

R. – Il Santo Padre parla di due letture diverse del Concilo Vaticano II: una in chiave di rottura e di discontinuità, che è stata – bisogna dire – abbastanza negativa e fatale a tante congregazioni religiose, e l’altra in chiave di continuità e di riforma nella fedeltà al grande passato della vita consacrata. Noi stiamo attuando la vita consacrata nella logica della riforma nella continuità, secondo il Concilio Vaticano II e le linee di orientamento che ci dà il Santo Padre, tornando così ai valori essenziali, ai valori tradizionali, fondamentali della vita consacrata quali la visibilità, la preghiera, la vita in comune, i consigli evangelici di povertà, obbedienza, castità … E penso che parlando e promuovendo questi valori essenziali della vita consacrata, siamo sulla buona strada anche per preparare un futuro migliore alla vita consacrata.

 
D. – Eminenza, lei ha fatto allusione ai problemi principali – il calo delle vocazioni, la secolarizzazione. Però, questi ultimi anni sono stati anche segnati da nuovi carismi, dalla nascita di nuove sensibilità. C’è rischio di dispersione?

 
R. – In questi anni si sono manifestati tanti carismi preziosi per la vita della Chiesa, per la vita consacrata in se stessa. C’è però una novità: questi carismi, che tradizionalmente si manifestavano in Europa, oggi si manifestano in Africa, in Asia e soprattutto in America Latina. Per la prima volta nella storia della Chiesa abbiamo nuove famiglie religiose che nascono fuori dall’Europa con carismi molto interessanti e con un enorme dinamismo apostolico, che entrano nella vita della Chiesa. Una grande novità, dunque, che si manifesta e che porta il centro di gravità verso altri continenti.

 
D. – Dunque un panorama variegato con ombre e luci e con nuovi segni dei tempi?

 
R. – Io penso che possiamo dire che le ombre appaiono già un poco come una cosa del passato e sempre più – almeno questa è la mia impressione – si vedono queste grandi luci che appaiono all’orizzonte della Chiesa. Sono già una realtà bella, una realtà molto promettente per il domani.







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