La Chiesa chiede più attenzione per la crisi in Somalia
Sempre più critica la situazione in Somalia. I pirati che infestano il Golfo di Aden
hanno liberato una nave cisterna greca ma non cedono sull’imbarcazione saudita Sirius
Star, per la quale hanno chiesto un riscatto di 25 milioni di dollari. Nel Paese africano,
intanto, proseguono le violenze: ieri a Mogadiscio si sono registrate altre 20 vittime
in scontri tra ribelli islamisti e governo di transizione, appoggiato dai militari
etiopi. L’emergenza umanitaria dunque si aggrava, come testimonia mons. Giorgio
Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, intervistato
da Giada Aquilino:
R. – La popolazione
civile vive in pessime condizioni. Ha vissuto una situazione drammatica soprattutto
in questi ultimi due anni. In seguito all’intervento etiopico ed alla ribellione di
una parte della popolazione, le conseguenze sono state che ci sono almeno un milione
di sfollati, di profughi interni. C’è stato anche un periodo di forte siccità al quale
si sono aggiunte, in alcune zone, anche delle inondazioni. Forse quello che ha reso
la situazione ancora più drammatica, sono i vari combattimenti ed il blocco degli
aiuti. E' estremamente difficile far arrivare gli aiuti umanitari via terra e via
mare.
D. – Proseguono anche gli atti di pirateria.
Quest’altra emergenza, secondo lei, è favorita proprio dalla confusione politica in
atto?
R. – Tutto quello che succede sul mare è un
po’ il riflesso di quanto avviene sulla terra. Questa forza di contenimento sul mare
e queste navi militari non sono la soluzione del problema. Possono contenere per un
po’ però, finché non si risolve il problema sulla terra, sarà quasi impossibile di
risolverlo sul mare.
D. – Quindi, da una parte i
pirati, dall’altra i ribelli islamici e poi ancora il governo di transizione appoggiato
dai militari etiopi che, proprio in queste ore, dovrebbero iniziare il loro ritiro
dal Paese. Come si può uscire da questa situazione di stallo?
R.
– Si può uscire se c’è uno sforzo rinnovato, da parte della comunità internazionale,
con l'appoggio dell’Onu. Il ruolo della Chiesa è quello di tenere desta l'attenzione
per la Somalia, di non abbandonarla nonostante le grandi difficoltà. A questo proposito
devo ricordare che, quando a gennaio incontrai Benedetto XVI, durante la visita ad
Limina, portai con me una lettera di esponenti somali. Ringraziavano il Papa perché
avevano notato che, tra novembre e metà gennaio, aveva accennato alla Somalia in quattro
momenti diversi. Fecero sapere che apprezzavano questo intervento perché significava
tenere desta l'attenzione. Si deve continuare con la nostra preghiera e con un po’
di aiuti umanitari che passano attraverso diversi canali che in questo momento
non posso precisare per motivi di sicurezza.