Il Papa ai fedeli di Amalfi: sarà l'amore per gli ultimi il criterio del giudizio
finale di Dio
La nostra salvezza personale e quella del mondo dipende dalla nostra libera decisione
di accogliere la giustizia e l’amore di Dio: è quanto ha detto stamani Benedetto XVI
incontrando nell’Aula Paolo VI in Vaticano oltre 3mila fedeli dell’arcidiocesi di
Amalfi–Cava de’ Tirreni, guidati dall'arcivescovo Orazio Soricelli, giunti a Roma
in pellegrinaggio con le reliquie del patrono Sant’Andrea, conservate sin dal secolo
IV nella cripta della cattedrale cittadina. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il Papa esorta
i fedeli di Amalfi a intensificare "la preghiera per l'unità tra tutti i cristiani",
ricorrendo "all'intercessione di Sant'Andrea" e "a riscoprire sempre più l'importanza
e l'urgenza di testimoniare il Vangelo in ogni ambito della società". Quindi, alla
vigilia della festa di Cristo Re, invita a rivolgere lo sguardo verso Gesù, Signore
dell’universo, nostra speranza, “Pastore buono, pronto a prendersi cura delle sue
pecore disperse, a radunarle per farle pascolare e poi riposare al sicuro”:
“Egli
va in cerca con pazienza della pecora smarrita e cura quella malata (cfr Ez 34,11-12.15-17).
Solo in Lui possiamo trovare quella pace che Egli ci ha acquistato a prezzo del suo
sangue, prendendo su di sé i peccati del mondo e ottenendoci la riconciliazione”. Cristo
è Pastore buono e misericordioso ma anche Giudice giusto che nel giudizio finale separerà
i buoni dai malvagi. Ma “decisivo è il criterio del giudizio”:
“Questo
criterio è l’amore, la carità concreta nei confronti del prossimo, in particolare
dei ‘piccoli’, delle persone in maggiore difficoltà: affamati, assetati, stranieri,
nudi, malati, carcerati. Il re dichiara solennemente a tutti che ciò che hanno fatto,
o non hanno fatto nei loro confronti, l’hanno fatto o non fatto a Lui stesso. Cioè
Cristo si identifica con i suoi ‘fratelli più piccoli’, e il giudizio finale sarà
il rendiconto di quanto è già avvenuto nella vita terrena”. Ed
“è questo ciò che interessa a Dio. A Lui – ha detto il Papa - non importa la regalità
storica, ma vuole regnare nei cuori delle persone, e da lì sul mondo: Egli è re dell’universo
intero, ma il punto critico, la zona dove il suo regno è a rischio, è il nostro cuore,
perché lì Dio si incontra con la nostra libertà”:
“Noi,
e solo noi, possiamo impedirgli di regnare su noi stessi, e quindi possiamo porre
ostacolo alla sua regalità sul mondo: sulla famiglia, sulla società, sulla storia.
Noi uomini e donne abbiamo la facoltà di scegliere con chi vogliamo allearci: se
con Cristo e con i suoi angeli oppure con il diavolo e con i suoi adepti, per usare
lo stesso linguaggio del Vangelo. Sta a noi decidere se praticare la giustizia o l’iniquità,
se abbracciare l’amore e il perdono o la vendetta e l’odio omicida. Da questo dipende
la nostra salvezza personale, ma anche la salvezza del mondo”. “Ecco
perché Gesù – ha concluso il Papa - vuole associarci alla sua regalità; ecco perchè
ci invita a collaborare all’avvento del suo Regno di amore, di giustizia e di pace”:
“Sta
a noi rispondergli, non con le parole, ma con i fatti: scegliendo la via dell’amore
fattivo e generoso verso il prossimo, noi permettiamo a Lui di estendere la sua signoria
nel tempo e nello spazio”.