Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa 34.ma e ultima Domenica del Tempo Ordinario la Chiesa celebra Nostro Signore
Gesù Cristo, Re dell’Universo. La Liturgia ci propone il Vangelo del giudizio finale
in cui il Figlio dell’uomo separerà i giusti dai malvagi sulla base dell’amore per
gli affamati, gli assetati, gli stranieri, i nudi, i malati, i carcerati. Gesù dice:
“In
verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli
più piccoli, l’avete fatto a me”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo
il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università
Lateranense:
Il Figlio
dell’uomo, che è principio di unità di tutto il genere umano, ha il potere, alla sua
seconda venuta, di radunare tutte le genti e, una volta radunate, di separare. La
separazione avverrà in forza della verità dell’unità di tutti e di ciascuno “in Lui”.
La
scena del giudizio è chiara: noi tutti saremo riuniti insieme perché tutti gli uomini
formano una sola famiglia e, in secondo luogo, saremo personalmente e comunitariamente
“davanti a Lui”. Allora si svelerà la verità del nostro essere costituiti come famiglia
di uomini “davanti a Lui” e come singole persone “davanti a Lui”.
La
chiave è Gesù che la fornisce: “ogni volta che avete fatto/ogni volta che non avete
fatto”. Essendo Lui stesso il termine dell’azione rivolta anche “al più piccolo”,
acquista grande preziosità “ogni volta che avete fatto”, ma anche una tremenda gravità
“ogni volta che non l'avete fatto”.
L’invito è esplicito:
impariamo a coniugare ordinariamente questi verbi: sfamare, dissetare, alloggiare,
vestire, visitare. Il verbo dice un'azione e compiendo queste azioni qui menzionate
ci avvieremo alla gioia di sentirci dire: “Venite, benedetti del Padre mio!”.
E’
richiesto, inoltre, un certo “non sapere”. I giusti “non sanno” che avendo servito
i più piccoli hanno servito il Signore. L’altro non può essere il mezzo strumentale
della nostra felicità eterna. Il più piccolo va guardato e amato in se stesso e per
se stesso. Noi, sappiamo, ma l’amore vero copre anche questo sapere. Amiamo dunque
fino a non sapere.