Pirateria e combattimenti sul terreno sono le due emergenze somale discusse dal Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite, che ieri ha stabilito nuove sanzioni contro quanti
sono considerati un ostacolo per il raggiungimento della pace nel Paese. La situazione
di estrema instabilità preoccupa anche i Paesi che si affacciano sul Mar Rosso che,
riuniti ieri al Cairo, hanno rivolto un appello alla comunità internazionale affinché
accresca gli sforzi volti a ripristinare la sicurezza. Oggi intanto, a Mogadiscio,
la polizia somala ha ucciso almeno undici ribelli islamici che avevano attaccato la
casa del commissario distrettuale. In queste ore è poi iniziato il ritiro delle truppe
etiopi, intervenute contro le corti islamiche, che si concluderà entro i primi mesi
del 2009. Il calendario era stato concordato in ottobre dal governo di transizione
somalo e l'opposizione. Sulle possibili ripercussioni sul terreno, Giada Aquilino
ha intervistato Angelo Masetti, portavoce del Forum Italia-Somalia:
R. – Quando
questo ritiro avverrà, le ripercussioni sul terreno saranno probabilmente drammatiche
per la popolazione intera della Somalia. Se, nel frattempo, le Nazioni Unite o le
organizzazioni comunque internazionali non avranno approntato una presenza efficace
di truppe di interposizione e di “peacekeeping”, di “peace enforcing” che servano
a riportare una condizione vivibile sul territorio somalo. D.
– Ecco, le truppe dell’Etiopia sono presenti in Somalia dal 2006; di fatto i combattimenti
non sono terminati, nonostante i diversi “cessate il fuoco”. Quali conseguenze ci
sono per la popolazione civile? R. – La popolazione civile è
in condizioni sempre più drammatiche; la situazione di instabilità è crescente, anche
a causa della recrudescenza degli interventi armati realizzati dalle cosiddette “corti
islamiche” e dai gruppi più oltranzisti denominati “Al-Shabab”. La popolazione è in
condizione di sempre maggiore disagio: mancano i viveri, poi c’è una carenza totale
di sicurezza, in quanto la popolazione civile è quella che fa le spese dei frequenti
scontri fra gli estremisti e le truppe governative ed etiopiche che purtroppo non
riescono a mantenere il controllo del territorio. D. – L’anarchia
politica, gli atti di pirateria contro cui l’ONU ha imposto sanzioni, l’emergenza
umanitaria; che Paese è oggi la Somalia? R. – Oggi è un paese
ancora più disperato di quello che poteva essere un paio di anni fa. Il problema vero
è che dovrebbero essere i somali a decidere, ma i somali non potranno mai arrivare
ad una decisione condivisa se non ci sarà un sostegno strutturato da parte della Comunità
Internazionale e soprattutto da parte delle Nazioni Unite.