Le sfide del presidente eletto Obama al centro di un convegno a Roma
Quando mancano due mesi all’inizio della presidenza Obama, con la cerimonia di inaugurazione
a Washington il prossimo 20 gennaio, il mondo si interroga su quale politica estera
e interna attuerà il nuovo presidente degli Stati Uniti. Il tema è stato al centro,
ieri, di un Convegno internazionale, organizzato dal Centro Studi Americani di Roma
che ha riunito numerosi esperti italiani e statunitensi. L’evento è stato seguito
per noi da Alessandro Gisotti: Quale
volto avrà la presidenza Obama? Le aspettative nei confronti del nuovo presidente
sono in tutto il mondo molto elevate. Tuttavia, gli esperti riuniti dal Centro Studi
Americani di Roma sono concordi nel sottolineare che, specie nella prima fase del
suo mandato, Barack Obama dovrà dedicarsi soprattutto a risolvere la crisi economica
che sta mettendo a dura prova molte aree degli Stati Uniti. Ma quale sarà invece la
questione più importante in politica estera per il 44.mo inquilino della Casa Bianca?
Risponde il prof. Michael Lind della “New America Foundation”
di Washington, centro studi vicino al presidente Obama: R. -
Districare le truppe americane dall’Iraq in un modo che la Jihad non possa
affermare di aver vinto sugli Stati Uniti e di averli costretti all’abbandono. Obama
ha promesso di ritirare le truppe, ma i tempi e i modi dipenderanno dalle possibilità
di lasciare o meno di lasciare un Iraq stabile. D. - Come cambierà
la politica estera americana con Obama presidente? R. - Penso
che l’amministrazione Obama sarà più in favore di un approccio multilaterale e improntato
ad una maggiore collaborazione con gli altri Stati. Detto questo, anche con gli alleati
europei non mancheranno dei disaccordi su alcuni temi. E
sui cambiamenti che Barack Obama potrà apportare alla politica estera americana si
sofferma anche il prof. Federico Romero, americanista dell’Università
di Firenze: R. - Penso che Obama abbia presente il fatto che
siamo di fronte ad una transizione complessiva del sistema internazionale, nel quale
molte cose stanno cambiando, non solo sotto il profilo della crisi economica finanziaria,
ma per l’emergere di nuovi attori, a cominciare dalla Cina. Cambia quindi il vecchio
tipo di relazioni, cambiano di importanza. Al tempo stesso, Obama è fortemente consapevole
di dovere, al proprio elettorato, una rottura con la tradizione degli otto anni di
Bush. Quindi, ci saranno dei cambiamenti di stile, di sostanza, anche se saranno probabilmente
cambiamenti incrementali. D. - Quanto influirà la crisi economica
sulla libertà di azione di Obama, anche in politica estera? R.
- Parecchio, nel senso che gli renderà intanto impossibili dei progetti particolarmente
costosi, almeno in una prima fase. In secondo luogo, perché credo che concentrerà
le energie della sua amministrazione innanzitutto sullo stimolo all’economia americana,
sulla ridefinizione delle forme di collaborazione internazionale in campo finanziario
e quindi, se le priorità sono lì, non possono essere altrove. Quindi, l’influenza
della vicenda economico finanziaria sarà molto forte. Dunque,
la politica interna non sarà meno importante della politica estera per il nuovo presidente.
Obama potrà comunque contare su un’ampia maggioranza elettorale. In particolare, il
4 novembre hanno votato in massa per lui gli afroamericani e i giovani. Ma il senatore
dell’Illinois ha conquistato anche il 54 per cento dei cattolici. Un dato significativo,
visto che quattro anni fa la maggioranza del voto cattolico era andato al repubblicano
Bush. Sulle ragioni di questo cambiamento, la riflessione del prof. Peter
M. Sanchez della Loyola University di Chicago: R.
- Il voto cattolico a volte è diviso, perché i cattolici su alcuni temi possono essere
considerati socialmente conservatori, pensiamo alla famiglia e alla difesa della vita.
Ma su molti altri temi sociali, e internazionali, sulla guerra, sono più liberal,
progressisti. Inoltre, dobbiamo considerare che molti hanno visto in Obama la capacità
di dare maggiore speranza agli Stati Uniti. Al tempo stesso, dobbiamo tenere a mente
che in molti casi, il voto per Obama è stato un voto contro le politiche di questi
anni. D. - I vescovi americani hanno sottolineato che il voto
dei cattolici ad Obama non è un assegno in bianco sui temi della vita. Lei pensa che
Obama attuerà una politica pro-aborto? R. - E’ difficile da dire.
Io penso che Obama, e molti ora cominciano a dirlo, sarà più centrista di quanto la
gente sia portata a pensare. Penso che Obama non spingerà in favore di una politica
pro-aborto, tuttavia non cercherà di minare la sentenza della Corte Suprema che ha
introdotto l’aborto, la “Roe vs Wade”.