Oggi, memoria liturgica della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, ricorre
la Giornata pro Orantibus, deidicata alle comunità religiose di clausura. A
ricordarla, domenica scorsa all’Angelus, è stato anche Benedetto XVI, che ha voluto
ringraziare Dio per quanti si dedicano “totalmente alla preghiera e vivono di quanto
ricevono dalla Provvidenza”. Una scelta di vita particolare quella delle claustrali
che, pur staccate dal mondo, si preoccupano per le necessità di tutti i popoli. Ma
cosa vuol dire oggi essere monaca? Tiziana Campisi lo ha chiesto a Madre
Maria Sofia Cicchetti, benedettina, badessa del Monastero Mater Ecclesiae
in Vaticano, che insieme ad altre sei consorelle sta concludendo i cinque anni di
clausura nel convento voluto da Giovanni Paolo II nei Giardini Vaticani e che dal
94’ ha già ospitato tre comunità:
R. - Penso
che essere un claustrale oggi, nella Chiesa e nel mondo, significhi essere anzitutto
una donna di Dio, totalmente consacrata a Lui: non in modo privatistico, egoistico,
ma che si dona totalmente al Signore per il mondo, per la salvezza dei fratelli. Certo,
un donarsi particolare, in una forma tutta speciale che è quella claustrale, cioè
fisicamente separata dal mondo, ma non spiritualmente. D. -
Quella di una monaca è una scelta particolare perché si allontana dal mondo: ma una
monaca cosa vuole dire al mondo? R. - Che siamo tutti amati
infinitamente da Dio: che siamo stati pensati, amati, creati e redenti dal Signore
col suo infinito amore. Vogliamo dire questo ai nostri fratelli e sorelle del mondo:
che noi siamo qui per sostenerli nella loro fede, nella loro battaglia della vita
quotidiana, nei loro problemi, nei loro dolori, affinché sentano sempre Dio come padre. D.
- Nella giornata dedicata a voi claustrali, quale invito vuole rivolgere ai cristiani
perché riflettano sulla vostra vita? R. - Vorrei dire solo questo:
che siamo tutti fratelli, siamo tutti figli di Dio e membri della Chiesa, e quindi
nella Chiesa abbiamo tutti il nostro posto, abbiamo tutti la nostra missione e noi
in particolare la nostra, e vogliamo dire a voi che vivete nel mondo di ricordarvi
di noi, di avere stima della vita claustrale come aiuto a tutta la Chiesa. In particolare,
chiediamo di pregare per noi perché restiamo fedeli e perseveranti nella nostra vocazione.
E poi, chiediamo di aiutare - nei limiti del possibile - soprattutto quelle sorelle
claustrali che sono nel bisogno. D. - Lei è una monaca benedettina
che sta per concludere un quinquennio particolare, singolare... R.
- Noi siamo la terza comunità che è stata invitata dal Santo Padre. E' stata un’esperienza
molto bella, molto ricca e arricchente, certamente non priva di difficoltà, perché
noi siamo tutte consorelle di uno stesso Ordine, ma provenienti dalle diverse parti
del mondo e da diversi monasteri. Quindi, è stato un bel compito, una bella grazia,
costruire la comunità, fare comunione fra noi. Il che esige naturalmente conoscenza
reciproca, accoglienza, accettazione reciproca nella nostra differenza di cultura,
di lingua, di mentalità. Ognuna di noi porterà con sé - nel proprio monastero di origine
in cui ritorneremo il prossimo anno - questa dilatazione del cuore: sentire con la
Chiesa i bisogni di tutta la Chiesa universale, di tutti i fratelli e in particolare
più grande e approfondito amore al Santo Padre.